Questo articolo fa parte di un ciclo dedicato al referendum 2025, che ha l’obiettivo di illustrare in modo chiaro e documentato le posizioni a favore e contro i quesiti, nonché gli scenari in caso di raggiungimento del quorum. QuiFinanza mantiene una linea editoriale imparziale e si impegna a fornire un’informazione completa e obiettiva, senza sostenere alcuna posizione politica o ideologica.
In tema di salute e sicurezza sul lavoro di cui al d. lgs. 81/2008, il quarto quesito tra i referendum abrogativi (su scheda rosso rubino) chiede ai cittadini se intendono votare per il ripristino della responsabilità solidale o corresponsabilità del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni patiti dal dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici e propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Per chiarezza ricordiamo che appaltatrice è quell’impresa che firma un contratto con il committente per svolgere un’opera o un servizio, con organizzazione dei mezzi propri e gestione a proprio rischio.
Il punto è provare a capire qual è oggi l’effettivo livello di tutela e cosa può cambiare per il lavoratore, a seconda del voto espresso, SÌ o NO. Ecco di seguito una sintetica guida che può aiutare il cittadino a decidere in piena consapevolezza.
Indice
Lo scenario: infortunio sul lavoro
Pensiamo a un’ipotetica situazione, una di quelle che si possono trovare nelle notizie di cronaca. Il caso che prendiamo ad esempio riguarda un carpentiere edile trentenne e in attività presso una piccola impresa di costruzioni subappaltatrice, incaricata di svolgere lavori di rinforzo strutturale in un grande cantiere per la ristrutturazione di un centro commerciale, commissionato da una società immobiliare.
In origine, l’appalto dei lavori era stato affidato a una ditta più grande, che a sua volta aveva subappaltato parte dei lavori all’impresa in cui lavora il giovane. Il classico “triangolo” delle attività edilizie.
Una mattina, mentre si trova su un’impalcatura priva di protezioni adeguate, l’uomo cade da oltre 4 metri subendo gravi lesioni permanenti alla colonna vertebrale. Secondo la ricostruzione delle dinamiche dell’incidente, l’infortunio è causato dalla mancanza di dispositivi di sicurezza obbligatori e dall’assenza di formazione sui rischi specifici legati a quel tipo di lavoro.
Non solo. L’azienda subappaltatrice non ha nemmeno aggiornato l’importantissimo Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).
La catena delle responsabilità: di chi è colpa
A seguito dell’incidente, l’azienda del carpentiere gravemente infortunato fallisce e il titolare fa perdere le sue tracce. Con i pochi beni riconducibili all’impresa subappaltatrice, non sono coperti neanche i debiti più urgenti e il lavoratore subisce oltre al danno, anche la beffa di non ricevere alcun congruo risarcimento danni. Tutto senza considerare la perdita del lavoro e una disabilità permanente.
Ne segue la classica battaglia giudiziaria in cui i legali dell’appaltatore principale e del committente, le altre due parti in gioco insieme alla subappaltatrice, si difendono affermando che il rischio che ha causato l’incidente è “specifico” dell’attività della stessa ditta subappaltatrice. Quindi fuori dalla loro responsabilità.
Lo prevede oggi il comma quarto dell’art. 26 del d. lgs. 81/2008, secondo cui:
- il committente risponde insieme con l’appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non sia indennizzato a opera di Inail;
- la tutela non vale in caso di danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Con le attuali regole di legge, la famiglia del lavoratore non ottiene giustizia e, nonostante le palesi responsabilità lungo tutta la filiera del lavoro, nessuno, oltre all’azienda fallita, può essere chiamato a rispondere civilmente.
Maggiori garanzie ai lavoratori con il SÌ?
Il caso appena visto ci aiuta a fare chiarezza sul quesito referendario. Se vincesse il SÌ e venisse abrogata la parte dell’art. 26 che esclude la responsabilità solidale per i rischi specifici, un carpentiere come quello del caso appena visto potrebbe chiedere il risarcimento anche al committente delle opere.
In sostanza, per responsabilità solidale i soggetti coinvolti nella catena dell’appalto potrebbero essere tenuti a rispondere dei danni, al di là da chi abbia concretamente causato l’incidente.
Questo mutato scenario farebbe salire la soglia di attenzione da parte di chi affida i lavori nel verificare che ogni livello della filiera rispetti le norme su salute e sicurezza. I controlli, in particolare quelli sui subappaltatori, sarebbero più stringenti per evitare possibili rischi di risarcimenti consistenti.
A ben vedere, le regole odierne non pongono una barriera insuperabile a quegli appaltatori senza solidità finanziaria e spesso non in regola con le norme antinfortunistiche, di formazione e sui dispositivi infortunistici. Mentre, in caso di abrogazione, i lavoratori sarebbero protetti anche dai connessi rischi di fallimento e insolvenza del datore diretto.
Una voce per chi lavora “in fondo alla filiera”
La storia del carpentiere vista sopra non è di certo un’eccezione. Tanti lavoratori in Italia si trovano in situazioni simili, operando in condizioni precarie e rischiose, spesso senza le adeguate tutele. Lo ricorda la Cgil, secondo cui annualmente ci sono circa 500mila denunce di infortunio sul lavoro, un numero davvero alto e che rende doveroso l’inserimento di nuovi ispettori.
Il referendum in oggetto, di sicuro interesse insieme agli altri (si pensi ad esempio a quello sul Jobs Act), rappresenta una possibilità concreta per ristabilire un principio di giustizia e responsabilità condivisa, dando voce e protezione a chi lavora nei livelli più bassi della catena, dove si concentrano spesso le condizioni di maggiore rischio.
L’eventuale modifica delle norme attuali, pur valevole per i casi futuri di incidente in base al principio di irretroattività, estenderebbe la responsabilità al committente. Le imprese subappaltatrici, pur essendo un anello fondamentale della filiera, sono spesso le più fragili e vulnerabili e proprio questa fragilità può tradursi in un rischio maggiore per i lavoratori e in un vuoto di responsabilità effettiva, se il sistema non garantisce vigilanza e responsabilità condivisa.
Ecco perché il referendum pone il quesito su appalti e sicurezza e chiede ai cittadini se, in caso di infortunio, sia giusto estendere la responsabilità anche all’impresa appaltante.
A ben vedere, coinvolgere i livelli superiori della filiera significa contrastare il fenomeno della catena dei subappalti impuniti, evitando che i lavoratori più deboli paghino il prezzo più alto e restino senza un adeguato risarcimento.