Falsa partita Iva: ecco i rischi a cui si va incontro

In cosa consiste una falsa partita Iva? Perché può essere rischiosa e a quali controlli può essere sottoposta

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quando si parla di una falsa partita Iva, a cosa ci si riferisce? Che cosa si intende con questa locuzione? Prima di procedere è meglio tentare di comprendere in cosa consiste questo particolare fenomeno e quali sono le problematiche che l’Agenzia delle Entrate potrebbe sollevare.

La partita Iva viene aperta da un contribuente che ha intenzione di svolgere una qualsiasi attività professionale indipendente. La partita Iva viene considerata falsa nel momento in cui viene aperta da un lavoratore, che collabora stabilmente con un’azienda: viene mascherato, in questo modo, un contratto di lavoro dipendente. Quella che abbiamo appena descritto è una situazione non così rara come molti pensano: le aziende, infatti, cercano di evitare dei rapporti di lavoro onerosi come quelli da dipendente, nel tentativo di ridurre al massimo le spese fiscali.

Sono in molti i lavoratori che, pur di continuare a lavorare, si trovano nella situazione di dover aprire una partita Iva. Ma che in realtà effettuano, a tutti gli effetti tranne che quelli fiscali, un vero e proprio lavoro dipendente.

Il problema della falsa partita Iva

Le false partite Iva sono un problema trasversale. Indipendentemente dal settore coinvolto o dalle categorie professionali chiamate in causa, sono inquadrate, sostanzialmente, come false partite Iva tutti quei rapporti di lavoro che, benché siano ufficialmente inquadrati come lavoro autonomo con un regolare contratto d’opera, in realtà nascondono delle formule di collaborazione subordinata.

Questa particolare situazione viene spesso incentivata direttamente dai datori di lavoro: questo è il motivo per il quale il legislatore ha deciso di intervenire direttamente con una disciplina sanzionatoria. La Legge 92/2012 ha inserito la presunzione legale relativa che, nel momento in cui esistono determinati indici e in assenza di una prova contraria, un determinato rapporto di lavoro autonomo con partita Iva è a tutti gli effetti un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi degli articoli 61 e 69 del D. Lgs n. 276/2003.

Importante risulta essere la cosiddetta presunzione legale relativa, che determina, ai fini pratici, l’inversione dell’onere della prova. Questo significa, in estrema sintesi, che spetta all’azienda (ossia al committente) superare la presunzione, dimostrando che non esistono gli elementi di continuità e coordinamento dell’attività lavorativa.

I risvolti operativi

Che cosa si intende per lavoro autonomo puro? Spesso inquadrato all’interno della locuzione lavoro con partita Iva, questo tipo di attività professionale si esplica attraverso queste forme:

  • contratto d’opera, disciplinato dagli articoli 2222 e seguenti del Codice Civile;
  • contratto d’opera intellettuale, che è disciplinato dagli articoli 2230 e seguenti del Codice Civile.

Una delle caratteristiche che contraddistinguono il lavoro con partita Iva è l’assoluta autonomia operativa ed organizzativa. Il lavoratore autonomo, infatti, decide in totale e completa libertà i tempi, modi e mezzi per espletare la propria prestazione. Non è, in alcun modo, sottoposto al potere direttivo od organizzativo del committente.

Il lavoro subordinato

A definire nel dettaglio in cosa consista il lavoro subordinato è l’articolo 2094 del Codice Civile, che lo definisce come

chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

Sicuramente il vincolo fondamentale di questo rapporto lavorativo è la subordinazione. In altre parole il lavoratore è assoggettato al potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro. Questa particolare situazione, in estrema sintesi, limita l’autonomia dello stesso lavoratore, che è inserito in maniera stabile all’interno dell’organizzazione dell’azienda.

A rappresentare ufficialmente un indizio della sussistenza della subordinazione sono alcuni indici, tra i quali ci sono la ripetitività delle operazioni effettuate e la misura fissa della retribuzione. Tra gli indici vi è anche la previsione di un orario di lavoro e la necessità di richiedere dei permessi e di l’assenza di eventuali rischi in capo al lavoratore.

Come si determina una falsa partita Iva

Il legislatore ha previsto alcuni criteri per determinare se si è davanti ad una falsa partita Iva. Vediamoli.

Criterio temporale

Attraverso la Circolare n. 32/2012, il Ministero del Lavoro ha definito quale sia il criterio temporale, che è costituito dall’anno civile. Il periodo che viene analizzato è pari ad almeno 241 giorni, anche non continuativi. Per effettuare i suddetti accertamenti, il Ministero del Lavoro ha sottolineato che assumono rilievo tutti i documenti in grado di fornire delle informazioni, anche indirette, sulla durata dell’attività svolta.

Tra i documenti da prendere in considerazione ci sono le lettere d’incarico e le fatture. L’organo ispettivo, in fase di controllo, può utilizzare anche le testimonianze di terzi.

Criterio del fatturato

Per quanto riguarda il criterio del fatturato di particolare importanza risulta essere un dato: la percentuale e non l’eventuale cifra fissa. Attraverso la Circolare n. 32/2012, il Ministero del Lavoro ha sottolineato che sono da prendere in considerazione unicamente i corrispettivi fatturati da quella determinata partita Iva nei confronti dello stesso committente o di più soggetti giuridici che siano riconducibili ad un unico centro di interesse.

In questo caso l’arco temporale da prendere in considerazione coincide a due anni solari consecutivi: due periodi di 365 giorni, che non devono necessariamente coincidere con l’anno civile. Il conteggio deve avvenire retroattivamente rispetto alla data nella quale è stata invocata l’esistenza del presupposto in questione.

Criterio organizzativo

Questa condizione si viene a verificare nel momento in cui, nel corso degli archi temporali che abbiano messo in evidenza nei punti precedenti, il lavoratore autonomo ha una postazione nei locali del committente, anche senza averne un uso esclusivo. Il criterio si applica indipendentemente dalla possibilità di utilizzare le attrezzature del committente per svolgere la propria attività.

La prova contraria

Nel momento in cui c’è la presunzione relativa, il committente ha la possibilità di presentare una prova contraria. Nella circolare, che abbiamo citato in precedenza, non viene indicato se la prova contraria possa essere fornita eventualmente dal lavoratore titolare di una partita Iva.

In estrema sintesi la prova deve essere in grado di dimostrare l’inesistenza di elementi che portino alla continuità e al coordinamento. È necessario dimostrare che la partita Iva svolge la propria attività in maniera professionale e non è sottoposta alla direzione di qualcun’altro.