È finita: il referendum abrogativo dell’8 e del 9 giugno si è tradotto in una sconfitta per la Cgil e le forze progressiste. Non solo il quorum non è stato raggiunto, fermandosi appena sopra il 30%. Ma disobbedendo alle forze di governo che invitavano all’astensione, circa 1 milione e mezzo di elettori si è comunque recato alle urne per votare NO ai quesiti sul lavoro. E hanno detto NO al quesito sulla cittadinanza 4,6 milioni di cittadini, pari al 34% dei votanti.
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Chi è stato sconfitto al referendum
Subito dopo il risultato è partita la gara a indorare la pillola ammettendo, anziché il fallimento, la non vittoria di bersaniana memoria.
Un tentativo di dichiarare la non sconfitta l’ha subito messo in atto il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia:
In 15 milioni sono usciti di casa, donne e uomini, bisogna avare molto rispetto di questi 15 milioni di elettori (…). Meloni è a Palazzo Chigi per 12 milioni e 300mila elettori. Io continuo a pensare che Meloni sia diventata premier di un’Italia che allora era minoranza nel Paese.
Posizione poi sposata dalla segretaria del Pd, Elly Schlein:
Per questi referendum hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra mandando Meloni al governo nel 2022.
Peccato che, dal 2022 a oggi, Meloni abbia rafforzato il suo consenso: allora prese il 26% mentre oggi il suo partito vale oltre il 30%. Ma Meloni è in crescita costante dal 2018 (da quell’anno al 2022 quadruplicò il consenso) e continua a crescere ancora oggi, nonostante abbia fatto un’inversione a U rispetto ai toni esagitati ed estremi dei lontani anni in cui era all’opposizione.
Il segretario della Cgil Maurizio Landini ha detto la sua lamentando
una crisi democratica evidente.
Il pensiero che gli argomenti proposti al referendum possano essere giudicati non prioritari per i cittadini non lo sfiora. La battaglia per lui continua sul fronte del confronto con il Governo:
Non cambieremo la nostra strategia, non abbiamo cambiato idea.
Il quorum e i NO
A voler essere pignoli e andando a guardare i numeri, sinistra e Cgil dovrebbero nutrire più di un motivo di preoccupazione. È vero che sono andati a votare (un po’ meno di) 15 milioni di persone. Ma occorre fare alcune considerazioni.
Prima di tutto, il mancato raggiungimento del quorum non può essere considerato unicamente come sinonimo di indecisione o di disinteresse.
Fra chi ha fatto mancare il quorum, c’è anche una grossa fetta di chi ha sostenuto le ragioni del NO. Si tratta, naturalmente, di voti non riportati sulle statistiche ufficiali. Né riportabili, per ovvie ragioni.
In secondo luogo fra chi ha scelto di andare a votare, più di 1 elettore su 10 ha espresso un NO ai primi 4 quesiti sul lavoro. E per il quinto quesito sulla cittadinanza i NO sono arrivati a superare il 34% (4,6 milioni). Dunque da quei (quasi) 15 milioni di elettori bisogna limarne una folta schiera apertamente ostile alle posizioni di Cgil e sinistre.
I numeri del referendum abrogativo
Questi i numeri del referendum abrogativo dell’8 e 9 giugno 2025:
Quesito | Argomento | Affluenza | SÌ | NO |
1 | Reintegro licenziamenti illegittimi | 30,58% | 89,06% | 10,94% |
2 | Licenziamenti e limite indennità | 30,58% | 87,60% | 12,40% |
3 | Tutela contratti a termine | 30,58% | 89,04% | 10,96% |
4 | Responsabilità infortuni sul lavoro | 30,59% | 87,35% | 12,65% |
5 | Cittadinanza italiana | 30,59% | 65,49% | 34,51% |