Tra l’8 e il 9 giugno si voterà per i cinque quesiti dei referendum abrogativi. Quattro di questi riguardano il lavoro ma uno, promosso da +Europa, riguarda invece la possibilità di ottenere una cittadinanza italiana con 5 anni di residenza continuativa nel nostro Paese, invece che con i 10 che la norma prevede oggi.
Le ragioni del Sì ruotano tutte attorno alla necessità di dare la cittadinanza più rapidamente a persone che vivono in Italia da molto tempo e che si vedono private di diversi diritti. Chi sostiene il No ritiene invece che le cittadinanze italiane distribuite ogni anno siano già troppe.
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Cosa dice la legge sulla cittadinanza
Attualmente, per ottenere la cittadinanza italiana da immigrati senza ascendenze italiane, è necessario rispettare diversi requisiti, tra i più stringenti d’Europa:
- residenza continuativa in Italia per 10 anni (4 se si è cittadini dell’Ue, 5 se si è rifugiati, apolidi o adottati da italiani);
- permesso di soggiorno valido (solo per i cittadini extra Ue);
- reddito di almeno 8.263,31 euro;
- assenza di condanne in via definitiva, in Italia e nel Paese d’origine;
- conoscenza della lingua italiana a livello B1, certificata da tre enti autorizzati.
Una volta raggiunti questi requisiti, si può fare domanda, ma per ottenere la cittadinanza bisogna attendere almeno altri 2 anni, 3 nei casi più complessi, per le pratiche burocratiche e le verifiche.
Cosa cambierebbe se il referendum passasse
La modifica che il referendum apporterebbe alla norma è semplice. L’unico parametro modificato sarebbe la riduzione, da 10 a 5 anni, della durata della residenza continuativa in Italia, per ottenere la cittadinanza. Tutti gli altri requisiti rimarrebbero intatti.
È molto difficile, visto il gran numero di requisiti previsti dalla legge, calcolare quale sia il numero di esatto di persone che otterrebbe il diritto ad avere la cittadinanza italiana in caso di vittoria del Sì e raggiungimento del quorum. Alcuni dei sostenitori del referendum parlano di 2,5 milioni, ma secondo i calcoli del sito Pagella Politica, la cifra reale è probabilmente di poco superiore a 1 milione.
Anche se la legge fosse modificata dal referendum però, queste persone non diventerebbero immediatamente italiane. Come già detto infatti, non solo è necessario presentare domanda, ma per la risposta bisogna attendere almeno 2 anni.
Le ragioni del Sì al referendum
La linea generale del fronte del sì sostiene che i requisiti per la cittadinanza tramite residenza in Italia siano troppo stringenti, soprattutto se paragonati a quelli di chi ha un antenato italiano. 10 anni, che diventano in realtà 12, di residenza continuativa sono troppi secondo i sostenitori, che quindi vorrebbero la riduzione.
In particolare, per circa 1 milione di persone che di fatto si sono create una vita in Italia, sarebbe più semplice affittare casa e trovare un lavoro stabile, entrambi compiti molto più difficili con un permesso di soggiorno.
Infine, la nuova norma avvicinerebbe l’Italia agli altri Stati europei, che hanno norme meno stringenti, e di fatto riporterebbe in vigore la legge del 1992, che prevedeva appunto 5 anni di residenza per ottenere la cittadinanza.
Le ragioni del No al referendum
La principale ragione portata dal fronte del “No” è che l’Italia concede già troppe cittadinanze agli stranieri, circa 200mila all’anno. Va detto che però buona parte di queste cittadinanze vengono ottenute da persone che non hanno mai vissuto in Italia, ma che hanno un antenato italiano.
Il numero però è effettivamente più alto di quello concesso da altri Paesi europei. La classifica recita:
- Italia, 213mila;
- Spagna, 181mila;
- Germania, 166mila;
- Francia, 114mila.
Anche in Spagna la durata della residenza minima è di 10 anni, che però si riduce a 2 se si proviene da una ex colonia di lingua spagnola. Germania e Francia invece richiedono 5 anni di residenza continuativa.