Si può chiudere una ditta se ci sono debiti pendenti?

La Ditta individuale e la partita Iva si possono chiudere quando ci sono dei debiti. Scopriamo cosa prevede la legge e quali regole si devono rispettare

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

È possibile chiudere una ditta individuale, quando ci sono dei debiti pendenti? Sì, la risposta è positiva. Ma attenzione: la chiusura della partita Iva non libera dai debiti che sono stati contratti. Prima di procedere è meglio sottolineare che la ditta individuale non è una società di capitali: in questo caso l’azienda ha una propria autonomia giuridica, che la rende autonoma rispetto all’imprenditore.

Nel caso in cui una ditta individuale dovesse contrarre dei debiti a risponderne è l’imprenditore, anche con il proprio patrimonio personale. Questo significa che, ditta individuale ed imprenditore non costituiscono due soggetti diversi: i creditori avranno pieno diritto a rivalersi su di lui. In altre parole, quando si decide di andare a chiudere la partita Iva, gli eventuali debiti dovranno essere gestiti in maniera adeguata.

Chiudere la ditta individuale e la partita Iva non mette fine ai rapporti con i creditori. L’imprenditore dovrà continuare a rispondere dei debiti contratti, facendovi fronte con il patrimonio personale. Nel caso in cui avesse dei beni intestati, i creditori hanno la possibilità di rivalersi direttamente su questi, anche attraverso un pignoramento.

Ditta individuale: si può chiudere quando ci sono dei debiti

La legge permette di chiudere una ditta individuale anche quando ci sono dei debiti. La chiusura della partita Iva, però, non cancella in maniera automatica tutti i debiti contratti dall’imprenditore.

Purtroppo, può capitare che un imprenditore contragga una serie di debiti con il fisco, i fornitori e con le banche. Quando l’attività viene svolta sotto la formula della ditta individuale, gli obblighi ed i debiti contratti dall’impresa ricadono anche sul patrimonio personale dell’imprenditore. I creditori – indipendentemente che siano una banca, un fornitore o l’Agenzia delle Entrate – hanno la possibilità di rivalersi direttamente sui beni personali dell’imprenditore. Potranno andare ad intaccare l’abitazione di proprietà, gli eventuali terreni, le vetture e qualsiasi altro bene di sua proprietà.

Nel caso in cui l’imprenditore fosse proprietario di un immobile, è possibile avviare il pignoramento immobiliare. I creditori hanno la facoltà di procedere con un eventuale pignoramento anche quando vi è una situazione di contitolarità – come può avvenire, ad esempio, con la comunione dei beni con il coniuge o quando c’è un conto corrente cointestato -: in questo caso il pignoramento avviene nella misura massima del 50%.

L’imprenditore ha, ad esempio, anche la possibilità di chiudere il conto corrente, anche quando è stata registrata una certa passività. Questo può servire ad evitare che vengano addebitati sul rapporto bancario ulteriori costi di gestione, anche se l’operazione di chiusura non serve a cancellare il debito con la banca.

Una ditta individuale può fallire

A differenza di quanto si possa immaginare anche una ditta individuale può fallire. E quando questo avviene fallisce anche l’imprenditore. Il fallimento è grave perché di fatto non permette al fallito di proseguire la propria attività lavorativa. Dovrà, infatti, provvedere a cedere tutti i beni, compresi quelli personali, al tribunale, che li metterà in vendita e, con il ricavato, provvederà a soddisfare i creditori.

Non possono fallire, comunque vada, i piccoli imprenditori, che non falliscono. Vengono considerati come piccoli imprenditori:

  • i coltivatori diretti del fondo;
  • gli artigiani;
  • i piccoli commercianti;
  • quanti esercitano un’attività professionale organizzata, che si avvale prevalentemente del proprio lavoro e di quello dei componenti della famiglia.

L’imprenditore che non ha intenzione di incorrere nel fallimento può presentare un concordato preventivo con i creditori. Attraverso questo strumento, la normativa offre all’imprenditore un mezzo attraverso il quale affrontare una particolare situazione di crisi aziendale o di insolvenza.

Grazie al concordato preventivo l’imprenditore ha la possibilità di raggiungere un accordo con i creditori, che permette loro di ottenere una soddisfazione anche parziale delle posizioni creditorie. Il concordato preventivo, infatti, è un accordo con i creditori rivolto a pagare in misura proporzionale tutti i creditori chirografari e integrale quelli privilegiati (ad esempio con ipoteca).

Nel caso in cui l’imprenditore non dovesse rientrare nei parametri della legge fallimentare, invece del concordato preventivo, ha la possibilità di presentare la procedura di sovraindebitamento, nella forma che viene proposta direttamente ai creditori. Questa procedura prevede un’istanza al tribunale, sulla quale i creditori devono votare.

L’imprenditore nullatenente

Cosa succede se l’imprenditore è pieno di debiti, decide di chiudere la partita Iva, ma non possiede proprio niente? In questo caso il diretto interessato non rischia alcuna rivalsa da parte dei creditori e di eventuali soggetti che si occupano del recupero crediti. I creditori, infatti, non avranno alcuna arma nei suoi confronti, né di carattere civile, penale o amministrativa.

È necessario, però, ricordare che per quanto riguarda i debiti contratti con le banche si viene segnalati alla Centrale Rischi Interbancaria: a seguito di questa segnalazione risulta impossibile riuscire ad ottenere ulteriori finanziamenti, aprire un conto corrente od emettere degli assegni. I debiti del nullatenente, inoltre, possono essere trasferiti agli eredi, ovviamente se questi ultimi, alla sua morte, decidono di accettare l’eredità.

Ditta individuale: gli adempimenti per poterla chiudere

L’imprenditore che ha intenzione di chiudere la propria attività deve effettuare alcune operazioni. Se si dimentica di effettuarle corre il rischio di vedersi arrivare delle sanzioni pecuniarie. Risulta importante, quindi:

  • recarsi all’Agenzia delle Entrate per chiudere la partita Iva;
  • recarsi all’Inps per chiudere la propria posizione contributiva;
  • chiudere la propria posizione assicurativa presso l’Inail.

Nel caso in cui quella che si sta procedendo a chiudere fosse una ditta commerciale, è necessario presentare la comunicazione anche presso:

  • la Camera di Commercio;
  • il Comune portando l’autocertificazione del Modello Scia.

Da tenere a mente, per la chiusura della ditta individuale, anche di una serie di altri adempimenti, tra le quali rientrano le rimanenze di magazzino, la disdetta dell’affitto dei locali e della fornitura di energia elettrica.