La guerra di Gaza secondo Barack Obama: un appello a Netanyahu

L'ex Presidente degli Stati Uniti ha detto la propria sulla guerra in Medio Oriente in più occasioni. Autocritica e speranza nelle sue parole

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

L’ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama non si è tirato indietro nell’analisi del conflitto tra Israele e il popolo palestinese. Una guerra che è nuovamente presente con costanza sui media di tutto il mondo, ma che non è di certo iniziata oggi e non si è mai placata del tutto nel corso degli ultimi anni. Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 all’azione militare di Netanyahu, ecco il pensiero dell’ex inquilino della Casa Bianca.

L’appello a Israele

Nei giorni successivi all’attacco del 7 ottobre 2023, Barack Obama è intervenuto numerose volte. Si è mostrato al fianco di Joe Biden, sostenendo le sue scelte. Mesi fa sosteneva il diritto alla sicurezza di Israele, invitando al tempo stesso Tel Aviv alla moderazione della sua risposta armata. Un auspicio di natura umanitaria oltre che politica.

Come detto, la linea di Biden è stata da lui sposata in pieno, auspicando dunque la soluzione dei due Stati, con quello palestinese al fianco di quello israeliano: “Il governo e il popolo americano hanno partecipato al dolore delle famiglie, all’indomani di questa indicibile brutalità (7 ottobre). Hanno pregato per il ritorno dei loro cari e dichiarato solidarietà, giustamente, al popolo israeliano”.

Parole che non possono però non tener conto della risposta del premier Netanyahu. Dinanzi a una violenza tanto sconsiderata, ha precisato Obama, Israele ha il diritto di difendersi e tutelare i propri cittadini. Nel suo discorso ha voluto sottolineare come Israele sia un alleato di lunga data nella lotta contro Hamas. Al tempo stesso, però, l’ex Presidente non ha potuto voltare la testa dinanzi alla morte indiscriminata di civili palestinesi.

“Dobbiamo essere chiari sul fatto che sia importante il modo in cui Israele porta avanti lo scontro con Hamas. Importante che la strategia militare rispetti il diritto internazionale, comprese le leggi che tentano di evitare, per quanto possibile, la morte e la sofferenza delle popolazioni civili. Il rispetto di questi valori è fondamentale per costruire alleanze e plasmare l’opinione pubblica internazionale. Tutti elementi critici per la sicurezza di Israele a lungo termine”.

Un’analisi onesta, considerando come abbia compreso anche una critica agli Stati Uniti: “Non siamo sempre stati all’altezza dei nostri valori più elevati, quando impegnati in guerra dopo l’11 settembre. Il governo americano non era interessato ad ascoltare i consigli degli alleati, quando si trattava di adottare misure per proteggerci da Al Qaeda”.

Obama comprende perfettamente come il popolo israeliano si sia sentito in seguito a quella strage, “che ha rievocato alcuni dei ricordi più oscuri della persecuzione contro il popolo ebraico”. Quasi logica la richiesta al governo di fare tutto il possibile per estirpare Hamas, dice, ma il mondo osserva da vicino gli eventi e ogni strategia che ignori i costi umani potrebbe alla fine ritorcersi contro.

Nessuno è innocente

Non si può parlare di innocenti nella guerra in Medio Oriente, se non in riferimento ai civili. Si può riassumere così il pensiero di Barack Obama, che spiega: “Nessuno è innocente. Siamo tutti complici. Anche io ho provato a risolvere la situazione e ne porto ancora le cicatrici”.

L’ex presidente americano, il cui cognome è tornato in voga sul fronte presidenziali grazie a sua moglie Michelle (si ipotizza una candidatura al posto di Biden), si è scagliato contro “l’attivismo su TikTok”. Analisi di un certo tipo sui social sono semplicistiche, nella maggior parte dei casi, e mirate a raccontare metà della verità esistente.

“Se volete risolvere il problema, dovrete mettere in conto la verità per intero, ammettendo che nessuno ha le mani pulite. In una certa misura siamo tutti complici”. Ci si rinchiude nell’indignazione, ha detto, il che ci porta a guardare al passato e non al futuro, ai civili a Gaza deceduti e allo sterminio degli ebrei nel corso dei secoli. L’attenzione andrebbe invece rivolta alle vite da salvare, il cui domani è appeso a un filo.