Israele si ritira dal sud della Striscia di Gaza, ma può non essere definitivo

Sviluppi nella guerra israelo-palestinese, dove Netanyahu ha annunciato il ritiro delle truppe dal sud di Gaza. Si spera che non sia un preludio per nuovi attacchi

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Le trattative al Cairo riguardanti la situazione nella Striscia di Gaza hanno registrato progressi significativi, secondo quanto riferito da una fonte egiziana all’emittente statale Al Qahera. Questo annuncio è giunto dopo un intenso periodo di negoziati che ha coinvolto delegazioni di diversi attori chiave, tra cui Israele, Hamas, Stati Uniti e Qatar. La fonte ha sottolineato che le parti coinvolte hanno raggiunto un accordo sui punti principali e che le trattative continueranno nelle prossime 48 ore per definire gli ultimi dettagli.

Progressi nei negoziati: probabile distensione?

L’esercito israeliano ha annunciato il ritiro di tutte le truppe di terra dal sud della Striscia di Gaza dopo circa quattro mesi di intensi combattimenti. Questa decisione, che è stata accolta con grande attenzione da parte della comunità internazionale, è accompagnata da una serie di dichiarazioni e sviluppi che potrebbero avere importanti implicazioni sul futuro del conflitto in corso.

Secondo quanto riportato dai media locali, la Brigata Nahal è rimasta sul posto con il compito di mantenere la sicurezza del cosiddetto “Corridoio Netzarim”, che attraversa la Striscia di Gaza lungo la costa. Questo gesto ha permesso a centinaia di migliaia di sfollati accampati a Rafah di rientrare a Khan Yunis.

Israele: il ritiro può essere non definitivo

Israele ha però chiarito che il ritiro delle truppe non esclude la possibilità di futuri interventi militari, specialmente a Rafah, dove è prevista un’operazione militare contro i restanti battaglioni di Hamas.

Le dichiarazioni delle autorità israeliane e i rapporti dei media indicano che il ritiro delle truppe potrebbe non essere definitivo e potrebbe essere solo un preludio a nuove operazioni militari. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha chiarito che il ritiro è avvenuto nel momento in cui Hamas ha cessato di esistere come struttura militare a Khan Yunis, preparando il terreno per future operazioni, inclusa quella a Rafah.

Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha conferito alla delegazione israeliana un mandato significativo per le trattative, ma ha anche sottolineato che qualsiasi accordo futuro deve includere il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas. Netanyahu ha denunciato le richieste estreme avanzate dalla fazione islamica e ha invitato all’unità nazionale di fronte alla minaccia rappresentata dalla minoranza estrema e violenta.

Nonostante i progressi nei negoziati e il ritiro delle truppe, la Casa Bianca ha espresso la propria frustrazione per il fatto che Israele “deve fare di più” per risolvere la situazione a Gaza.

Verso una terza fase?

Fonti militari hanno indicato che il ritiro delle truppe potrebbe essere solo il preludio alla cosiddetta “Terza fase” dell’operazione militare, che potrebbe includere raid mirati e limitati contro obiettivi strategici a Gaza. Questo scenario potrebbe portare a una rapida escalation del conflitto e mettere a rischio la stabilità della regione.

Il ritiro delle truppe israeliane dal sud di Gaza potrebbe rappresentare un cambiamento significativo nella strategia dell’Idf. L’uscita da Khan Yunis, una roccaforte di Hamas, consentirà ulteriori opportunità operative e di intelligence. Israele rimane comunque determinato a garantire la sicurezza dei suoi cittadini e a perseguire i suoi interessi nazionali, soprattutto in risposta alle minacce provenienti dall’Iran.