Israele-Hamas, Biden spinge Netanyahu verso i due Stati: quali scenari

Qual è lo scenario della guerra tra Israele e Palestina? Netanyahu non sembra avere dubbi sul corso da seguire

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

La storia si svolge dinanzi ai nostri occhi. Quanto accade tra Israele e Palestina a Gaza sarà giudicato dalla storia. Il corso di quest’ultima, però, viene ovviamente indirizzato dalle scelte odierne.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha così tentato di sciogliere il gelo creatosi con il premier israeliano Benyamin Netanyahu. Una telefonata durata 40 minuti, che oltreoceano descrivono come proficua. L’obiettivo ultimo resta uno: una soluzione diplomatica che conduca verso due Stati.

Una telefonata per la pace

Non basta una conversazione al telefono per cambiare le sorti di una porzione di mondo, da anni in aperto conflitto. Non bastano 40 minuti per spazzare odio, sangue e devastazione. Dopo un mese di gelo, però, gli USA ben accolgono la telefonata tra il presidente Joe Biden e il premier israeliano Benyamin Netanyahu.

A parlarne è stato il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby. La discussione si è incentrata sulla responsabilità di Israele di ridurre i danni contro i civili a Gaza. Tentativi di imbastire un dialogo, al fine di indirizzarsi verso una pace durevole, che per il resto del mondo si traduce in: soluzione dei due Stati.

La situazione politica di Netanyahu

Viene però da chiedersi se, attualmente, Netanyahu possa davvero prendere in considerazione l’idea di tentare di cessare tutto. È al centro di forti polemiche interne, come dimostrano le parole dure dell’ex capo di Stato Maggiore dell’esercito, Gadi Eisenkot: “Chi parla di sconfitta totale di Hamas non dice il vero. Gli obiettivi di guerra non sono stati raggiunti. Deve dire alle persone la verità”. Rimproverato aspramente, inoltre, per non essersi preso la responsabilità diretta del fallimento dell’intelligence e dello Stato per gli attacchi dello scorso 7 ottobre.

Il clima politico è ben delineato e le migliaia di persone a Tel Aviv, intente a chiedere il cessate il fuoco a Gaza e la pace con i palestinesi lanciano un messaggio chiaro. Netanyahu è nel mirino del popolo e della politica intenzionale. La morte istituzionale sembra ormai inevitabile, e per tale motivo la guerra deve continuare, per puro interesse.

La telefonata di Biden, dinanzi a tutto ciò, è un getto di vento e poco altro. L’opposizione alla nascita di uno Stato palestinese è stato il fulcro della politica del premier israeliano dagli anni ’90 a oggi. Tradirlo vorrebbe dire automaticamente rinunciare al proprio potere, così come ritrovarsi solo a fronteggiare una sfilza di guai giudiziari.

La guerra dunque prosegue, con Netanyahu che appare sempre più intenzionato a isolarsi politicamente e militarmente. L’esercito israeliano ha comunicato d’aver ucciso il vice capo della propaganda della Jihad islamica palestinese, Wael Makin Abdallah Abu-Danounah. Il tutto in una situazione umanitaria allo stremo, come denuncia Medici senza Frontiere: “L’unica prospettiva per dare speranza alla popolazione è un immediato cessate il fuoco”. Si apre così l’ennesimo caso di questa follia: più di 200 camion di aiuti umanitari fermi alla frontiera di Al-Awja e Karam Abu Salem, ovvero tra Egitto, Israele e Gaza. L’autorizzazione al transito però non giunge.

Gli USA intanto rivendicano un nuovo attacco in Yemen e cresce il timore di un ampliamento del conflitto, che offrirebbe al premier israeliano le giustificazioni necessarie per continuare nel suo piano politico e militare. In questo clima si terrà lunedì prossimo l’incontro tra i ministri degli Esteri di Israele e Palestina al Consiglio Affari Esteri a Bruxelles.