Osservando le foto di una qualunque FW degli anni ’70 e degli anni ’80, è praticamente impossibile riuscire a individuare un qualsiasi elemento proveniente dalla cultura street. L’idea di mettere in passerella una tuta da ginnastica, un backpack o un bucket hat era praticamente inconcepibile e i direttori creativi si muovevano sul solco dell’haute couture come unico terreno d’esplorazione possibile.
Con l’avvento del nuovo millennio, la diffusione del web partecipativo e la legittimazione delle sottoculture, quello che per molti era una contraddizione, un ossimoro, è divenuto uno dei principali trend nel menswear e non solo. Il mondo dello streetwear ha iniziato a dialogare con l’alta moda, l’ha ibridata, ne ha ridisegnato i confini.
Il primo brand a prendere in prestito marcatamente l’etica e lo stile street è stato Balenciaga, sotto la direzione creativa di Demna Gvasalia: graffette con il logo del brand, cappellini da baseball, felpe con cappuccio e t-shirt oversize hanno iniziato a comparire sulle passerelle, come elemento imprescindibile di ogni collezione. Queste componenti altro non erano che gli ingredienti con i quali Demna metteva a punto il proprio brand Vetements, nato come uno spazio di sperimentazione e di libertà per gli addetti ai lavori.
Nonostante Balenciaga sia a tutti gli effetti una maison di lusso con un importante ramo di haute couture, l’estetica e l’offerta di prodotti di Balenciaga sono diventati sempre più popolari tra i fan dello streetwear, soprattutto negli anni successivi alla nomina di Demna Gvasalia come direttore creativo. Tale ibridazione è stata un passo intelligente per il marchio e il suo continuo richiamo per i consumatori più giovani, tanto che questo mix è stato percorso di lì a poco anche da altri visionari designer come Virgil Abloh, Matthew Williams, Heron Preston e molti altri, desiderati e corteggiati negli anni anche dall’alta moda.
Oggi, sempre più spesso, i direttori creativi provengono dalla cultura street e da quella urban, basti pensare alla recentissima notizia della nomina di Pharrel Williams alla guida del menswear di Vuitton. Questo si manifesta in sfilate sempre più ibride e fluide, senza confini di genere, nelle quali gli elementi e gli accessori dello streetwear arricchiscono le collezioni dei brand storici. Perchè in fondo, la passerella è ancora il luogo dove tutto è possibile, una timone e allo stesso tempo un termometro per gli stili di quell’epoca storica. E in mondo ossessionato dagli algoritmi e dalla spersonalizzazione, lo streetwear è ancora una ventata fresca che ci ricorda quanto la moda sia – soprattutto e per fortuna – qualcosa di profondamente vivo.