Streetwear, numeri e trend di un mercato stratosferico

Con ben salde le sue radici nelle controculture degli anni '80 e '90 farcite di graffiti, hip-hop, skate e surf, lo streetwear promette di crescere ancora

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Abiti alla moda e casual, idee “rubate” per strada, stili ispirati all’underground e alle periferie, pantaloni larghi e comodi, felpe con cappuccio, t-shirt e scarpe da ginnastica, tutto sempre rigorosamente originale, espressivo di un modo di essere e di pensare. Prima che il termine streetwear fosse ufficialmente coniato, praticamente esisteva già. Oggi, però, è diventato un fenomeno di vendita al dettaglio multimiliardario, pur mantenendo salde le sue radici nelle controculture degli anni ’80 e ’90 farcite di graffiti, hip-hop, skate e surf.

Tra i pionieri del movimento ci sono James Jebbia, fondatore del marchio di skate Supreme, e Shawn Stussy, del brand di surf Stüssy. Anche il designer Dapper Dan ha svolto un ruolo fondamentale nell’elevare lo streetwear al lusso già negli anni ’80 da Harlem, creando stili per artisti hip-hop che all’epoca erano tenuti alla larga dai brand di lusso tradizionali. Sebbene il movimento abbia radici in California e New York, tra i primi ad adottarlo ci sono stati anche due celebri dj e designer giapponesi, Hiroshi Fujiwara e Nigo, cui va il merito di aver aperto la scena street style e hip-hop in Giappone negli anni ’80.

Come altri importanti movimenti culturali, lo streetwear è cresciuto rapidamente contemporaneamente nelle principali città e regioni di tutto il mondo, come spiega bene la “Bibbia” del movimento, lo “Streetwear Impact Report”, indagine nata da un grande lavoro portato avanti tra HYPEBEAST e Strategy&, società di consulenza di PwC, che ha coinvolto quasi 41mila consumatori in tutto il mondo e un totale di 763 esperti del settore.

Cosa rende unico lo streetwear

Streetwear è produzione, marketing urbano, creatività, vendita e resell di moda casual, principalmente di scarpe – sneakers al top – ma anche magliette e altri articoli, attraverso modi che scavalcano i tradizionali canali di vendita al dettaglio, spesso sovvertendo i canoni con cui l’industria della moda decideva cos’era cool e, quindi, costoso.

Il tratto distintivo è l’esclusività: mentre il lusso tradizionale deriva in gran parte la sua esclusività da un prezzo elevato, l’esclusività dello streetwear dipende dalla conoscenza che si ha di questa moda. In particolare con i primi streetwear, pochissimi consumatori sapevano cosa comprare e ancora meno sapevano dove comprarlo. Questo ha gettato le basi per un modello che poi è stato elevato al livello del lusso, ma differenziandosi. Lo streetwear infatti riesce a creare una relazione stretta con il suo consumatore.

Però, i principali consumatori di streetwear non hanno tanti soldi da spendere. Quello che hanno invece è la capacità di creare un’esclusività legata a qualcosa di molto più potente del denaro: l’autenticità.

Un’altra caratteristica tipica è la sua astagionalità: i marchi sono in grado di vendere articoli simili tutto l’anno, con nuovi stili occasionalmente introdotti in alcuni momenti dell’anno, come a Natale o d’estate. Questa atemporalità influisce sulla frequenza con cui gli acquirenti acquistano nuovi capi streetwear. Quasi la metà (45%) dei consumatori intervistati ha dichiarato di acquistare articoli streetwear una volta al mese, mentre un terzo (35%) ha riferito di acquistare prodotti solo una volta ogni 3 mesi.

Prima d’oggi, l’industria della moda aveva sempre gestito un modello dall’alto verso il basso. Lo streetwear ha stravolto questo modello, sovvertendone la formula con una più accessibile e democratica. Molti prodotti streetwear possono essere acquistati direttamente da un marchio solo attraverso il modello cosiddetto “drops”: i clienti sono chiamati a essere i primi online o in negozio a garantire i prodotti che vengono rilasciati in un determinato luogo e momento.

Questo modello formato “gocce”, che sfrutta la scarsità e la produzione limitata per creare una domanda elevata, ha portato alla nascita di un mercato dell’usato in piena espansione. Un po’ come avviene per l’arte contemporanea, il design e i beni di lusso da collezione, la regola è una: più un prodotto è prezioso, più alto è il suo prezzo di rivendita.

Lo streetwear si evolve continuamente. Il pubblico, e quindi il mercato di riferimento, è molto giovane: per lo più under 25. Se volessimo tracciare un identikit del consumatore di streetwear, diremmo che è giovane, brillante, potentemente legato alla sua cultura di riferimento, e super social, pronto ad amplificare il suo stile all’ennesima potenza, per influenzare direttamente le tendenze. Gli appassionati si lasciano ispirare da Instagram (il 96% degli intervistati l’ha citato), da YouTube (42%) e solo il 16% dai vecchi forum online dedicati alla moda.

Se lo streetwear “democratico” diventa anche di lusso

Nel 2017, una collaborazione tra Supreme, marchio di skate newyorkese considerato il padre dello streetwear, e Louis Vuitton ha segnato un punto di svolta per la consapevolezza dello streetwear da parte della moda di lusso. Vuitton ha nominato come direttore creativo Virgil Abloh, iconico stilista di streetwear, e ha cambiato la storia della moda.

Altrove, gli investimenti su larga scala nello streetwear sono diventati sempre più comuni, come testimoniato dalla vendita di Supreme a The Carlyle Group nel 2017 per circa 500 milioni di dollari. Altri marchi di streetwear, come il giapponese A Bathing Ape (BAPE), hanno ricevuto investimenti già nel 2011. Nel 2018, il rivenditore di calzature Concepts ha stretto un accordo con Zappos, di proprietà di Amazon, e Stadium Goods ha ricevuto il sostegno di LVMH.

Quella che è iniziata come una cultura di nicchia, con la stampa di loghi sulle magliette, è oggi un driver primario nel settore della moda, sia per donne che per uomini, sia con marchi di lusso che pop.

La dimensione globale del mercato dello streetwear è stata valutata in 173.399,5 milioni di dollari nel 2021 (circa 162 miliardi di euro) e dovrebbe espandersi a un CAGR dell’1,82% durante il periodo di previsione, raggiungendo 193.217,4 milioni entro il 2027 (oltre 180 miliardi di euro). Solo in Italia, vale oltre 6 miliardi di euro (dati 2019).

I prodotti più amati dello streetwear

Le scarpe sono il principale driver degli acquisti per più della metà (62%) degli intervistati tra i consumatori, seguiti da circa un terzo (30%) che ha scelto i top, comprese t-shirt e felpe con cappuccio. Solo il 6% dei consumatori intervistati compra accessori.

Le scarpe sono il grande must have: non a caso il settore è alimentato principalmente da grandi player come Nike, Adidas, Puma, e da un sacco di marchi più piccoli, sostenuti da una varietà di collaborazioni, estrema versatilità (le scarpe possono essere indossate con tutti i tipi di abbigliamento) e fasce di prezzo relativamente convenienti. Le sneakers create da brand come Adidas e Nike sono capisaldi assoluti dello streetwear.

Alla domanda su quali siano i fattori più importanti per i marchi, la maggioranza (63%) dei consumatori ha indicato l’eredità del brand, seconda solo alla qualità e al design del prodotto (81%). Un’altra metà (48%) degli intervistati ha indicato che il direttore creativo di un marchio è stato un fattore importante, mentre solo il 31% degli intervistati ha indicato i social media.

Dove si comprano i vestiti streetwear

Le aziende di streetwear spesso costruiscono la consapevolezza del proprio marchio interagendo direttamente con i clienti, comunicando sui social e incontrando i consumatori in negozio. Questa relazione è un chiaro affronto ai brand di moda tradizionali, che si affidano esclusivamente ai direttori creativi.

Il valore di ogni marchio di streetwear deriva da una serie di fonti, tra cui follower di celebrità e articoli desiderabili, ma probabilmente nessun fattore sostituisce l’autenticità di cui parlavamo prima, ottenuta relazionandosi direttamente con i clienti e costruendo un rapporto stretto con la comunità in cui sono immersi.

Alla domanda su quali canali è più probabile che acquistino prodotti streetwear, più della metà (53%) dei consumatori intervistati ha indicato un negozio fisico del brand, seguita da quasi la metà (42%) che ha indicato il sito di e-commerce di un brand. Circa un terzo degli intervistati ha indicato negozi (28%) e rivenditori fisici multimarca (32%), mentre un quarto (26%) ha riferito di e-commerce multimarca e solo il 13% ha indicato i social.

Quanto costa lo streetwear

Come indica chiaramente lo “Streetwear Impact Report”, il consumatore streetwear richiede un ibrido di convenienza ed esclusività. A incarnare perfettamente questo modello è Supreme, con prezzi che rimangono accessibili a tutti, nonostante l’altissima domanda.

La maggior parte delle magliette grafiche Supreme, raffiguranti immagini o testo, vanno da 38 a 48 dollari (35-45 euro circa), mentre gli articoli più ambiti, come il girocollo con logo a scatola, una semplice maglietta raffigurante solo il logo Supreme, costano fino a 158 dollari (circa 148 euro).

I prezzi raggiungono delle cifre incredibili sui mercati di seconda mano: ad esempio, si possono trovare i girocolli con logo a scatola Supreme minimo a 500 dollari (468 euro circa).

Circa il 70% degli intervistati dall’indagine ha riportato un reddito annuo di 40mila dollari (37mila euro circa) o inferiore. Ma si tratta di consumatori addicted, che vogliono comprare continuamente. Gli intervistati a basso reddito si dicono disposti a spendere fino a 5 volte di più in streetwear al mese rispetto a prodotti non streetwear. Gli intervistati di sesso maschile hanno riportato una spesa leggermente superiore rispetto alle donne, mentre gli intervistati non binari a livello di genere hanno riferito di aver speso molto di più.

Poco più della metà (54%) ha riferito di spendere tra i 100 e i 500 dollari in streetwear ogni mese, mentre un altro 18% ha dichiarato di spenderne addirittura più di 500. Il 56% ha riferito di aver speso in media 100-300 dollari per un singolo capo di streetwear. Un altro 16% ha riportato una spesa media di 300-500 dollari. Solo l’8% dei consumatori ha affermato che acquisterebbe articoli con un prezzo di almeno 500 dollari.

I trend streetwear 2023

Cosa aspettarci per il futuro? Senz’altro risultati ancora più sorprendenti. A livello di trend streetwear 2023, il primo è senza dubbio il pantalone cargo. Come spiega bene EDITED, leader nell’analisi globale della vendita al dettaglio, per i consumatori uomini emergono le lunghezze 3/4, sempre in fabbricazioni tecniche ma con un tocco più sportivo, avvistate da Givenchy e Robyn Lynch. Con incursioni grunge che spingono lo stile verso il denim, un’area che sta già registrando una crescita significativa nell’abbigliamento maschile e femminile nel mercato di massa, con le quotazioni che salgono rispettivamente del 257% e del 971% su base annua nell’autunno 2022.

Anche le grandi gonne la fanno da padrona. Innegabile l’influenza di Y2K, ipnotico lo stile cargo vintage Bella Hadid ACG e la collaborazione di Ganni con Levi’s, uno dei brand più apprezzati nella Settimana della moda, che ha visto il tutto esaurito per la sua gonna di jeans da 140 euro. Sfilacciature e lavaggi acidi sono poi il plus di designer come Diesel e Givenchy.

Altro super classico, che torna sotto forma di cult per lo streetwear, è la giacca da moto. La sottocultura Bikercore torna in auge anche grazie all’uscita dell’album “Motomami” di Rosalia e dalla nostalgia degli anni 2000. Stupendi i modelli slavati di Diesel e persino i veri pantaloni da motociclista, esauriti in soli sette giorni dall’arrivo a Bottega Veneta. Anche nel mercato di massa, gli arrivi di giacche da moto sono aumentati del 74% su base annua nell’autunno 2022. Il nuovo pantalone giacca in pelle PALACE x Gucci che ha dominato i social feed ha solo rafforzato il ritorno del trend il prossimo anno.

Accanto alla moto, il calcio. Le maglie da calcio, appartenenti alla sottocultura Blokecore, hanno subito un’impennata di richieste. Complice l’onda lunga dei Mondiali, spiccano le collaborazioni di ARIES con New Balance e di PALACE con Umbro. Per non parlare del mercato del lusso: PALACE x Gucci e Balenciaga x Adidas. La t-shirt da calcio rossa di Balenciaga ha registrato incrementi notevoli per le taglie più grandi dopo che Bella Hadid ha sfoggiato una maglietta oversize.

Altro trend, il ritorno della giacca varsity, quella stile college americani per intenderci. La notizia del fondatore di Kith Ronnie Fieg che diventa direttore creativo dei New York Knicks non farà che spingere ulteriormente questa tendenza 2023. Da Kenzo alle felpe con cappuccio rosa fluo di MSGM ai morbidi maglioni a righe di Paul Smith, nuova vita a questa tendenza.

Incredibile ma vero, super fashion è e sarà sempre di più il pile. Il pile Better Sweater di Patagonia è stato indicato nell’indice LYST per il terzo trimestre consecutivo come uno degli articoli più ambiti dell’anno. Le continue collaborazioni di The North Face con Supreme, KAWS e Gucci segnano il trionfo del pile. Nel mercato di massa, mentre gli arrivi sono stabili, le tendenze di spicco hanno visto le colorazioni neutre salire di 11 punti percentuali nell’abbigliamento maschile e quelle marroni nell’abbigliamento femminile di 9 punti percentuali.

Arriveranno copiose anche le giacche imbottite in pelle e finta pelle, capi bicolore – il bicolor ha fatto il suo debutto intorno al 2021-22 e viene trasferito in più pezzi – e i jeans “racing” con cuciture esterne.