Dai Minibond all’IPO: gli strumenti di finanza “alternativa” per le PMI

Il punto sulle fonti di finanziamento delle PMI nel Quaderno di ricerca “La finanza alternativa per le PMI in Italia” curato dal Politecnico di Milano, con il supporto di Unioncamere, Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi e Innexta

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Redazione

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Dopo la crisi finanziaria iniziata nel 2008, in Italia si sono susseguiti numerosi provvedimenti legislativi per offrire nuovi canali di finanziamento alternativi alle PMI e potenziare quelli esistenti, con l’obiettivo di incrementare la competitività dell’ecosistema . Più di recente, si è aggiunta una certa attenzione sul tema dell’economia ‘reale’, con ciò riferendosi al mondo imprenditoriale del ‘private capital’, ovvero delle imprese non quotate. A fare il punto sulle fonti di finanziamento delle PMI è il Quaderno di ricerca “La finanza alternativa per le PMI in Italia” curato dal Politecnico di Milano, con il supporto di Unioncamere, Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi ed Innexta, giunto alla sua sesta edizione.  La ricerca individua 7 ambiti specifici per la raccolta di risorse finanziarie per le PMI:

Minibond

L’industria dei minibond,  i bond emessi da società non quotate, si è conquistata una crescente quota di mercato in Italia, sin dal 2013 quando le innovazioni normative avviate dal D.L. ‘Sviluppo’ e da decreti successivi hanno facilitato l’opportunità per le PMI di collocare obbligazioni e cambiali finanziarie sul mercato, sottoscritte da investitori professionali (tipicamente banche, fondi di private debt e asset management companies) e recentemente anche collocate su portali di crowdfunding (sebbene solo a certe categorie di investitori e solo per i titoli delle SpA).

Le PMI non finanziarie italiane emittenti di minibond fino al 30 giugno 2023 sono state 696. Esse hanno collocato 982 titoli raccogliendo 3,95 miliardi di euro. Fra queste, solo 29 si sono affacciate sul mercato per la prima volta nel primo semestre 2023, il che rappresenta un segnale negativo per lo sviluppo del mercato. Il controvalore collocato negli ultimi 12 mesi coperti dalla ricerca è stato di 902 milioni, di cui 584 milioni nel secondo semestre 2022 ma solo 318 milioni nel primo semestre 2023 (in sensibile calo rispetto allo stesso periodo del 2022).

Seguendo le dinamiche del mercato, la cedola annuale richiesta è salita sensibilmente, arrivando al 6,17% fisso e 7,27% variabile. Ha contribuito al calo del mercato l’assenza di nuovi programmi di ‘basket bond’, ovvero operazioni di sistema che coinvolgono più imprese sotto la regia di investitori importanti come la Cassa Depositi e Prestiti; solo nelle ultime settimane si è vista una ‘ripartenza’.

Crowdfunding

L’equity crowdfunding, ovvero il collocamento di quote del capitale di rischio su portali autorizzati da Consob, ha visto un buon tasso di crescita fino al 2021 anche grazie all’estensione a tutte le PMI di questa opportunità, inizialmente riservata a startup e PMI innovative. Sono 1.110 le aziende italiane che hanno provato a raccogliere capitale di rischio sulle piattaforme Internet autorizzate fino al 30 giugno 2023, portando a successo 989 campagne. Si tratta in gran parte di startup innovative, ma sono arrivate anche altre PMI con le operazioni in ambito real estate. Negli ultimi 12 mesi osservati la raccolta è stata pari a 143 milioni. Nel primo semestre 2023 la raccolta è stata di  58 milioni, con un calo tendenziale sensibile sul semestre precedente,. Il tema del momento è la definitiva entrata in vigore del Regolamento ECSP European Crowdfunding Service Providers, che alla data del 17/11/2023 vede ‘solo’ 11 piattaforme autorizzate in Italia rispetto alle decine che erano operative in precedenza. Per quanto riguarda le piattaforme di lending, che erogano prestiti alle imprese finanziati o co-finanziati dai piccoli risparmiatori su Internet, esse hanno canalizzato denaro alle PMI italiane per 39 milioni nell’ultimo periodo annuale, cui si aggiunge il contributo delle numerose piattaforme di lending specializzate nell’immobiliare, che hanno apportato negli ultimi 12 mesi ben 116 milioni. Completa il quadro il reward-based crowdfunding; si parla di campagne di piccolo importo (condotte soprattutto su portali USA come Kickstarter) che imprese italiane hanno lanciato per raccogliere denaro offrendo in cambio prodotti e ricompense non monetarie. Si tratta di un contributo quantificabile in pochi milioni di euro all’anno.

Invoice trading

Le piattaforme di invoice trading italiane continuano a mobilitare per le PMI italiane centinaia di milioni di euro ma non tutte rendono trasparenti i loro dati. La ricerca ha censito 15 operatori (2 in più dell’anno scorso). Va notato che il ciclo di investimento in questo ambito è molto più breve, trattandosi della cessione a investitori professionali di fatture commerciali a scadenza mediamente 3-4 mesi, che vengono spesso utilizzate come sottostante per operazioni di cartolarizzazione. . Si può stimare che questo canale di finanziamento sia stato adottato da un buon numero di PMI italiane ed è certamente lo strumento relativamente più utilizzato fra tutti quelli considerati.

Direct lending

Qui si fa riferimento all’opportunità per soggetti non bancari (in particolare fondi di credito e piattaforme fintech) di erogare prestiti diretti alle imprese. Si tratta del segmento dove è più difficile raccogliere informazioni esaustive, perché non pubblicamente disponibili e perché non è sempre facile distinguere il segmento delle PMI (dove operano soprattutto alcuni player specializzati) rispetto alle grandi imprese.

Crypto-asset e token digitali

Grazie alle innovazioni fintech e alla tecnologia blockchain, è oramai possibile generare token digitali utilizzabili non solo come criptovalute, ma anche come strumenti di accesso a servizi e a investimenti, nonché per ‘tokenizzare’ titoli e asset finanziari tradizionali. Alcuni anni fa si è registrato un vero e proprio boom su Internet di offerte di token digitali (Initial Coin Offerings, ICOs), scambiabili su piattaforme specializzate; più recentemente abbiamo registrato la ‘moda’ altrettanto volatile degli NFTs (Non-Fungible Tokens). Ciò ha sollevato una comprensibile preoccupazione da parte delle autorità di mercato.

Private equity e venture capital

Benché attivo da tempo, il mercato italiano del private equity e soprattutto del venture capital è ancora sotto-dimensionato rispetto alla situazione di Germania e soprattutto Francia, nonostante il 2022 sia stato un anno record rispetto al passato. Si fa riferimento agli investimenti effettuati da soggetti professionali nel campo del private equity e del venture capital, sottoscrivendo capitale di rischio di imprese non quotate, con l’ambizione di contribuire attivamente alla crescita dell’azienda in modo attivo, per poi ottenere una plusvalenza al momento dell’exit (ovvero la dismissione della partecipazione con la cessione a terzi o con la quotazione in Borsa).
Per quanto riguarda le risorse destinate a interventi di venture capital, quindi tipicamente finalizzati al supporto di micro-imprese in fase di seed o startup, si conferma una buona crescita tendenziale a partire dal 2020, sia nel numero di operazioni (ben 547 nel 2022, un record per l’Italia) sia nel flusso di investimento che per la prima volta hanno superato 1 miliardo di euro. Anche il 2023 è partito bene nonostante le difficoltà congiunturali, con 232 operazioni per 410 milioni nei primi 6 mesi. Per quanto riguarda gli investimenti di expansion, finalizzati alla crescita tipicamente di imprese già avviate (fra cui sicuramente tante PMI attive anche in settori tradizionali) il trend si conferma decisamente inadeguato rispetto al potenziale italiano, soprattutto per il numero di operazioni. Nel 2022 AIFI ha registrato 46 deal con 483 milioni investiti (con un calo del 44% rispetto al 2021). Il primo semestre 2023 non ha portato buone notizie con solo 18 deal e 210 milioni investiti.

Quotazione in Borsa

Il report evidenzia, infine, la raccolta che le PMI hanno effettuato sul mercato borsistico tramite IPO, – Initial Public Offering, in particolare su Euronext Growth Milan, lo SME Growth Market di Borsa Italiana. A fine giugno 2023 il mercato ha raggiunto la soglia di 192 società quotate, con una raccolta di risorse liquide (considerando gli aumenti di capitale condotti alla quotazione o anche successivamente) che è pari a 309 milioni nel 2022 e ‘solo’ 100 milioni nel primo semestre 2023. In realtà il secondo semestre 2023 sembra dare segni di recupero, ma permane il tema dell’attrattività del mercato borsistico, con una serie di sforzi di policy come il DDL ‘Capitali’ che introduce una serie di opportunità interessanti anche per le PMI, fra cui la possibilità di dematerializzare le quote delle Srl.