Privatizzazione Poste Italiane, cosa cambia per dipendenti e clienti

La privatizzazione di Poste Italiane si farà. Cosa cambia per clienti e lavoratori? I dubbi dei sindacati di settore

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Redazione

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Il Dpcm inviato alla Camera conferma il parere parlamentare sulla privatizzazione di Poste Italiane delle commissioni Trasporti e Bilancio. Da quanto si apprende, la privatizzazione di Poste Italiane sarà tale da mantenere comunque in mano pubblica una quota non inferiore al 35%. Percentuale questa che permetterà a Giorgia Meloni di sottoscrivere quanto già annunciato, ovvero di ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria, ma allo stesso tempo di riaffermarla dove lo è.

Al centro delle attenzioni del governo ci sono due soggetti: Poste Italiane e Ferrovie dello Stato. Sono due esempi simili di quello che il governo Meloni vuole fare: da una parte abbassare la quota detenuta senza perdere il controllo dello Stato, dall’altra aprire alla partecipazione lì dove il controllo è 100% pubblico. La privatizzazione di una parte delle quote porterebbe nelle case delle Stato una bella cifra: con il 49% di Fs e meno del 30% di Poste, gli introiti si aggirerebbero fra 4,7 e 6,7 miliardi di euro. Una decisione, quella del governo Meloni, con dei benefici, ma che potrebbe comportare alcuni cambiamenti sgraditi. Le organizzazioni sindacali lanciano l’allarme sulla possibile riduzione del personale e sulla chiusura di alcuni sportelli fisici.

Sì alla privatizzazione di Poste Italiane

Annunciata da tempo, arriva la conferma della privatizzazione di un’ulteriore quota di Poste Italiane, già a partire dal 2024. La società, al momento, prevede azioni a partecipazione pubblica, con capitale detenuto in percentuali diverse dal ministero dell’Economia e delle Finanze (29,26%) e dalla Cassa Depositi e Prestiti (35%). Il restante (35,74%) è detenuto da investitori istituzionali, privati e azioni proprie di Poste Italiane.

L’ok da parte del Consiglio dei ministri alle privatizzazioni prevede l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Questa quota sarà “tale da mantenere una partecipazione dello Stato, anche indiretta, che assicuri il controllo pubblico”, ha spiegato una nota di Palazzo Chigi. In altre parole, continua la nota, la modalità di alienazione tenderà a favorire la tutela dell’azionariato diffuso e la stabilità dell’assetto proprietario, senza però intaccare i servizi offerti o il numero dei dipendenti.

Il “no” dei sindacati alla privatizzazione: cosa potrebbe cambiare

Non è la prima privatizzazione di Poste Italiane e dopo l’ultima, avvenuta nel 2015, sono diversi i sindacati di settore che stanno lanciando l’allarme. Secondo questi ci sono diversi rischi, tra cui una minor qualità del servizio offerto ai cittadini e la perdita di posti di lavoro. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha assicurato nel corso di un question time alla Camera che “la cessione di una quota del capitale di Poste Italiane sarà volta ad accrescere il valore del Gruppo Poste, garantendo nel contempo la qualità dei servizi e il mantenimento dei livelli occupazionali.

Il timore però non è stato placato. Una buona parte dei sindacati prospetta conseguenze negative sulla privatizzazione, più dei possibili benefici. Per il sindacato SLP Cisl Umbria la privatizzazione potrebbe portare a uno spacchettamento dell’azienda, con divisione tra recapito e sportelleria, la riduzione degli sportelli e una riduzione dei lavoratori.

Non troppo diversa la visione del segretario provinciale di Uilposte Varese, Giuseppe Genovese, che teme la riduzione dei centri di recapito e degli uffici postali, con conseguente perdita di posti di lavoro. A questi si aggiunge la preoccupazione dei segretari generali della Uil e della Uil Poste di Napoli e Campania, secondo i quali questa nuova privatizzazione metterà in mano a privati i risparmi di milioni di italiani che sono stati affidati a Poste Italiane.

Al momento è difficile dire cosa potrebbe davvero cambiare. Se i più lungimiranti dovessero risultare i sindacati, ci sarebbero non pochi disagi per i cittadini e i lavoratori del settore. Al contrario, senza un effetto negativo della privatizzazione, per gli utenti e i dipendenti non dovrebbe cambiare nulla, con pari livelli (se non migliori) di servizi e nuovi posti di lavoro, già previsti da altri piani di assunzione.