Russia, tensione alle stelle e “crisi dei missili” con la Nato: 100mila soldati in Polonia

Dopo la strage di Mosca, Putin accusa Ucraina e Occidente di complicità coi terroristi. La Nato risponde alle minacce rafforzando il fianco Est, con la Polonia in prima linea. Sarà guerra?

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La Russia e la Nato viaggiano verso l’escalation militare definitiva? Ce lo eravamo già chiesto poco tempo fa, ma il terribile attentato al teatro Crocus di Mosca cambia ancora una volta le carte in tavola nella guerra mondiale “a pezzi”. Nonostante la rivendicazione “accertata” da parte dell’Isis-K, Vladimir Putin e i servizi segreti russi si dicono convinti della complicità dell’Ucraina e del coinvolgimento di Usa e Regno Unito.

Per molti una “scusa” per aumentare la pressione militare sul Paese invaso o addirittura nel Caucaso, da tempo ribollente e storica sede del jihadismo estremista, la cui capacità di colpire è stata probabilmente sottostimata dal Cremlino. Dopo la strage, Putin ha dunque fatto salire ancora una volta la tensione al “nostro” confine orientale. L’Alleanza valuta di abbattere i missili russi al confine con la Polonia, nella quale sono stati posti in massima allerta oltre 100mila soldati della Nato.

La Nato valuta di abbattere i missili russi: tensione in Polonia

Gli Stati Uniti si sono detti “pronti” ad adempiere ai propri obblighi di protezione dei Paesi membri della Nato, compresi quelli relativi agli attacchi missilistici russi che potrebbero minacciare la Polonia. “Posso dirvi quello che questa amministrazione ha ribadito più e più volte: difenderemo ogni centimetro della Nato“, ha tuonato la vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, commentando le affermazioni della Polonia sulla possibilità di abbattere i missili diretti verso il territorio dell’Alleanza.

“La nostra priorità in questo momento è garantire che l’Ucraina ottenga ciò di cui ha bisogno sul campo di battaglia”, ha aggiunto. In precedenza il viceministro degli Esteri polacco, Andrzej Szejna, aveva ammesso che si sta valutando la possibilità di abbattere i missili russi che si avvicinano troppo al territorio della Nato. Domenica scorsa l’esercito della Polonia aveva inoltre fatto sapere che uno dei missili da crociera lanciati dalla Russia, durante un attacco notturno contro l’Ucraina, aveva violato lo spazio aereo del Paese per 39 secondi nei pressi della località di Oserdow, nella regione di Lublino. L’abbattimento dei vettori russi, sottolinea tuttavia Szejna, “potrebbe avvenire solo con il consenso della parte ucraina e tenendo conto delle conseguenze internazionali”.

Lunedì Varsavia aveva deplorato il fatto che l’ambasciatore russo in Polonia, Sergei Andreyev, avesse ignorato la convocazione ufficiale al ministero degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, per parlare dell’incidente missilistico. Da parte sua Andreyev ha sottolineato che il Paese europeo non avrebbe fornito “alcuna prova” della presunta violazione dello spazio aereo. La Polonia ha quindi riferito che Sikorski ha discusso l’argomento con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, il quale ha a sua volta ricordato che l’Alleanza “ha notevolmente aumentato la sua vigilanza e rafforzato le sue posizioni sul fianco orientale”.

Da 100mila a 300mila soldati Nato in Polonia: cos’è la “Response Force”

Se da un lato della “nuova cortina di ferro” la Russia fa volare missili ipersonici e bombarda l’Ucraina, dall’altro la Nato mostra i muscoli. Trecentomila soldati dell’Alleanza sono in massima allerta e pronti a schierarsi in Polonia, in caso di guerra, come affermato dal capo di stato maggiore polacco Karol Dymanowski. Secondo le ultime informazioni, 100mila truppe sono già schierate nel Paese. Si tratta della cosiddetta “Response Force”, un’unità speciale multinazionale altamente addestrata e tecnologicamente avanzata, composta da contingenti terrestri, aerei, marittimi. Il nucleo principe è rappresentato dalle Forze per operazioni speciali (Sof), che la Nato può dislocare ovunque venga richiesto. Queste unità, di fatto dormienti prima dello scoppio della conflitto in Ucraina, sono diventate parte integrante della strategia difensiva condivisa anche da Finlandia e Svezia.

La presenza militare della Nato nella parte orientale dell’Alleanza è una parte fondamentale del sistema della deterrenza. Questo potenziamento è cresciuto negli ultimi 10 anni, per riflettere “la nuova realtà” della sicurezza euro-atlantica dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia e, ancor di più, dopo l’invasione su vasta scala del febbraio 2022. La presenza avanzata della Nato (“Forward Presence”) comprende otto gruppi tattici multinazionali, messi a disposizione dalle nazioni quadro e da altri alleati su base volontaria (i gruppi operano di concerto con le forze di difesa nazionali e sono sempre presenti nei Paesi ospitanti). Le truppe, sotto il diretto comando degli ufficiali Nato, sono ovviamente dislocate nei Paesi che “guardano negli occhi” la Russia sul fianco europeo orientale: Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria e Romania. In tutti questi Paesi è attiva la sorveglianza aerea, seppur con alcune differenze. In Lettonia, Polonia, Slovacchia e Romania sono ad esempio di stanza i gruppi di difesa missilistica. Dopo il 24 febbraio 2022 gli effettivi sono saliti a 40mila uomini e l’Alleanza ora è impegnata nel progetto di portare i battaglioni al livello di brigata (da mille a 5mila uomini per ogni divisione). I vertici tenuti a Madrid e Vilnius hanno modificato il quadro e l’intera postura della Nato sul fianco Est è cambiata. E a guidare questo cambiamento sono state alcune novità: mezzi preposizionati, maggiori difese aeree e in generale un nuovo concetto, il “New Force Model”, che sta rimpiazzando l’attuale Response Force.

Quando tutte le forze saranno allineate, il comandante in capo alleato (nome in codice: “Saceur“) avrà a disposizione “100mila uomini entro 10 giorni, fino a 200mila tra 10 e 30 giorni, almeno 500mila tra 30 e 180 giorni“. Non dobbiamo però immaginare una tale massa di soldati tutti schierati al confine con la Russia, perché i numeri si riferiscono all’intera area dei Paesi Nato. Sempre dopo il colpo di mano russo in Crimea, nel 2014, l’Alleanza ha introdotto un nuovo corpo per l’intervento rapido di élite (circa 6mila uomini): la Very High Readiness Joint Task Force (Vjtf), guidata nel primo anno dal Regno Unito. In seguito all’invasione russa dell’Ucraina, gli Stati Uniti hanno rafforzato inoltre la loro presenza in terra europea, con circa 90mila soldati in totale, 10mila dei quali dislocati a Camp Kościuszko, in Polonia. All’interno di questo piano comune impartito dagli Usa, si inseriscono chiaramente le tensioni interne all’Ue. La Germania, dal canto suo, non intende cedere lo scettro di guida dello spazio centrale europeo alla Polonia, grande alfiere del sostegno all’Ucraina e all’opposizione militare a un potenziale attacco russo. Anche per questo motivo, Berlino ha deciso di posizionare una brigata (5mila uomini) in Lituania, a protezione di uno dei punti più delicati dell’Alleanza: il cosiddetto Suwalki Gap (o “Corridoio di Suwalki”), che separa la Bielorussia dall’exclave russa di Kaliningrad. La cornice si completa con il recente ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, che ha blindato la cordigliera atlantica a Nord e a Nord-Est, infrangendo una neutralità concordata (fino a ieri anche dagli Usa) sulla quale Mosca si adagiava e trasformando il Mar Baltico in un lago interno dell’Alleanza. Al momento non vi sono piani di dislocare truppe alleate nel quadrante, poiché Helsinki e Stoccolma sono ritenute “altamente capaci” da un punto di vista militare e, dunque, più che in grado di presidiare il loro spazio di competenza contro ogni minaccia da parte russa.

Nato contro Russia: cosa sta succedendo e cosa rischiamo

Di doman non c’è certezza, scriveva un famoso fiorentino svariati secoli fa. Pur non escludendo una qualunque mossa da parte della Russia, al momento sembra altamente improbabile che Mosca progetti un’invasione dell’Europa. Per motivi storici, ma soprattutto pratici: il Cremlino sa che si scatenerebbe contro l’intero Occidente, stavolta con un coinvolgimento militare diretto di Usa e alleati. Inoltre, nonostante sia una potenza industriale e imperiale, la Russia non se la passa benissimo, per usare un’evidente edulcorazione. La strage di Mosca potrebbe però essere sfruttata da Putin per sobillare gli animi già bellicosi dei russi profondi, compattando l’opinione pubblica contro l’Occidente additato di complicità nell’attentato.

Da qui le accuse e i sospetti di Mosca nei confronti delle intelligence occidentale e ucraina, presunte responsabili del reclutamento di estremisti islamici in teatri del Medio Oriente. L’intento è quello di dividere il fronte occidentale e incrinare in modo decisivo il sostegno a Volodymyr Zelensky. Nella stessa direzione si inseriscono anche i massicci bombardamenti su Kiev all’alba della strage di Mosca. La realtà è però un’altra: al momento la Russia non è in grado neppure di rompere il fronte ucraino del Donbass. Allo stesso modo, nonostante i proclami altisonanti del presidente francese Emmanuel Macron sull’invio di truppe Nato in Ucraina, l’intervento diretto occidentale è da escludere in questa fase del conflitto.

L’attacco al teatro Crocus potrebbe essere strumentalizzato anche dagli Usa per compattare il fronte Nato e l’Occidente. La “paura dell’Isis” sarebbe, in questo senso, una spinta decisiva per imprimere l’accelerazione al riarmo dei Paesi europei fortemente voluta da Washington. Bisognerà vedere ora come si muoveranno anche i media statunitensi, assimilabili de facto a una sorta di ministero dell’Interno americano (che non esiste). Se dovessero rilanciare la pista del terrorismo islamico in terra russa, che tornerebbe così il “grande nemico comune” di tutto il mondo cristiano come nei primi Anni Duemila, tradirebbero una volta in più l’intenzione degli Usa di parlamentare con la Russia.

L’Ucraina, da parte sua, non può far altro che aspettare e affidarsi ai partner occidentali, ora più che mai. A corto di uomini – che recluta con metodi sempre più violenti e coatti nelle strade delle città, trascinando con la forza giovani e meno giovani nei centri di arruolamento – e mezzi, rischia di perdere anche il supporto morale alla causa della resistenza contro l’invasore da parte di alcuni Paesi europei. Le opinioni pubbliche degli Stati Ue tradiscono infatti una notevole stanchezza nei confronti della questione ucraina, mentre gli apparati americani sono sempre più convinti di voler congelare la guerra per sedersi al tavolo dei negoziati coi russi. Lo scopo primario degli Usa, più impellente di una vittoria dell’Ucraina, è sottrarre la Russia dalle grinfie della Cina. Per riuscirci, la Federazione non deve essere sconfitta.