La Polonia si dice pronta a ospitare armi nucleari della Nato: ira della Russia

Il presidente polacco Duda chiede di partecipare al programma di condivisione nucleare della Nato, ospitando armi atomiche nelle sue basi a poca distanza della russa Kaliningrad e della Bielorussia. La reazione di Mosca

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La Polonia rivendica con forza il suo rinnovato ruolo di avanguardia antirussa d’Europa e chiede alla Nato di poter accogliere armi nucleari sul suo territorio. Una mossa che desta scalpore in Occidente ma ancor più in Russia, che agita lo spettro dell’escalation atomica e sottolinea la concretezza del pericolo rappresentato dall’allargamento atlantico a Est.

“Se gli alleati decidono di schierare armi nucleari sul nostro territorio, nel quadro della condivisione nucleare per rafforzare la sicurezza del fianco orientale della Nato, siamo pronti a farlo”, ha affermato il presidente polacco Andrzej Duda al quotidiano Fakt. Il tema è oggetto di discussione già da diversi mesi tra Washington e Varsavia e, se realizzato, potrebbe davvero cambiare la postura ed estremizzare l’atteggiamento del Cremlino nei confronti dell’Europa.

Perché la Polonia vuole le armi nucleari

La richiesta della Polonia si inserisce nel programma Nato Nuclear Sharing di rafforzamento del fianco orientale dell’Alleanza, annunciato per rispondere allo spiegamento di nuove armi atomiche da parte della Russia nell’exclave di Kaliningrad e in Bielorussia. Cioè nel cuore dell’Europa e due passi dal confine polacco. Varsavia in questo modo vuole accrescere il suo ruolo di “nuova Germania”, imponendosi non più solo come primo difensore dell’Ucraina, ma del Continente intero, e potenziando la propria Difesa come pochissimi altri Stati europei (da inizio 2023 a inizio 2024 ha più che raddoppiato le sue unità militari: da 110mila a 300mila). Per questo il presidente Duda si è recato in visita a New York, dove ha partecipati a un incontro all’Onu e ha discusso della guerra in Ucraina con l’ex presidente americano Donald Trump. A marzo era stato invece Washington, a colloquio con Joe Biden. A distanza di poche ore è toccato invece al segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a recarsi in visita in Polonia per un vertice col premier Donald Tusk e il primo ministro britannico Rishi Sunak. Previsto anche un incontro con le truppe delle Queen’s Dragoon Guards del Regno Unito.

La partecipazione al programma nucleare Nato, che al momento vede coinvolti sei Paesi europei e in base al quale vengono schierate armi atomiche nei Paesi dell’Alleanza, è stata anche motivo di tensione interna alle istituzioni polacche, con Tusk che ha chiesto un incontro chiarificatore a Duda. I due leader si sono spesso contrapposti sul piano della politica interna, ma non sul sostegno all’Ucraina e sulla minaccia russa. Il tutto sullo sfondo della stanchezza imperiale degli Stati Uniti, che non riescono più a impegnarsi su più fronti di guerra e che vogliono appaltare agli Stati Ue l’onere della difesa dell’Ucraina e del Continente. Un’occasione troppo ghiotta per la Polonia per confermarsi come la punta di lancia orientata verso Mosca, storica e attuale minaccia esistenziale massima per Varsavia come per i Paesi Baltici. Dal punto di vista della Nato, la nuclearizzazione della Polonia rientrerebbe in quel vasto piano di rafforzamento del confine Est dell’Alleanza che vede altri due elementi di svolta nel fondo da 100 miliardi di dollari per supportare Kiev e anche nella costruzione della nuova base militare più grande d’Europa in Romania.

Già nel giugno 2023 l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki aveva dichiarato l’interesse del Paese a ospitare armi nucleari nell’ambito della politica di condivisione della Nato, agitando lo stesso identico spettro di oggi: il dispiegamento di armamenti atomici da parte della Russia nella regione di Kaliningrad e in Bielorussia. Una mossa che il Cremlino aveva compiuto già nel 2022, schierando nei dintorni di Minsk un numero imprecisato di sistemi missilistici balistici a corto raggio e testate nucleari, nel tentativo di mostrare risolutezza e costringere l’Alleanza Atlantica a indebolire il suo sostegno all’Ucraina. Un timore decennale, visto che già nel 2014 (anno di scoppio della guerra nel Donbass e dell’annessione russa della Crimea) l’allora vice ministro della Difesa polacco Tomasz Szatkowski dichiarò per la prima volta il desiderio della Polonia di ospitare testate nucleari. L’anno scorso anche il capo dell’Ufficio per la Sicurezza nazionale polacco, Jacek Siewiera, aveva sottolineato che Varsavia era interessata a certificare il suo aereo F-35A Lightning II (che sarà schierato nel 2024-25) per sganciare bombe nucleari a caduta libera B61, in preparazione a possibili inclusione nell’arsenale della Nato di velivoli a doppia capacità. Sul piano concreto, la partecipazione polacca al programma nucleare della Nato potrebbe avvenire sostanzialmente in tre modi:

  • ospitando armi atomiche B61 sul suo territorio;
  • certificando gli aerei F-35A per trasportare armi nucleari;
  • assumendo un ruolo più significativo nel processo decisionale riguardante la dottrina nucleare dell’Alleanza.

La dura reazione della Russia

La replica della Russia non si è fatta ovviamente attendere. In caso di nuclearizzazione della Polonia, Mosca ha promesso “misure necessarie” per garantire la propria sicurezza. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva dichiarato già nell’ottobre 2023 che il Cremlino sarebbe stato costretto a ricorrere a “misure compensative” in risposta allo spiegamento di armi nucleari da parte degli Stati Uniti nei Paesi europei. I Paesi occidentali “sono sull’orlo di uno scontro militare diretto tra le potenze nucleari che potrebbe avere conseguenze catastrofiche“, ha evidenziato Lavrov in collegamento video con la Conferenza di non proliferazione di Mosca, precisando che “oggi gli Stati Uniti e i loro stati clienti della Nato sognano ancora di infliggere una sconfitta strategica alla Russia e sono pronti a portare avanti la loro politica di deterrenza verso il nostro Paese fino all’ultimo ucraino”. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha poi rincarato la dose facendo notare che se “armi nucleari americane” dovessero apparire su suolo polacco, “le relative strutture saranno poste immediatamente nella lista degli obiettivi legittimi nel caso di uno scontro militare diretto con la Nato”.

Propaganda a parte, la Russia si era già ampiamente preparata a un tale scenario. Il 16 giugno, Vladimir Putin aveva confermato che il Paese ha effettivamente consegnato armi nucleari alla Bielorussia, suo satellite confinante. “Le prime testate sono state consegnate al governo Lukashenko. Queste sono solo le prime. Entro la fine dell’estate ed entro la fine dell’anno, completeremo il programma”, aveva detto il presidente russo al Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

Come funziona il programma di condivisione nucleare della Nato

Come spiega l’International Institute for Strategic Studies, il programma di condivisione nucleare della Nato nasce nel 1955 con lo schieramento di testate da parte degli Stati Uniti nella Germania occidentale e nel Regno Unito. Nel 1957, Washington aveva accumulato una scorta di armi e aveva iniziato ad addestrare i membri dell’Alleanza Atlantica a montare, gestire e utilizzare artiglieria nucleare (razzi, missili e bombe). Attualmente diversi Stati Nato ospitano bombe B61 statunitensi sui loro territori, dispongono di aerei in grado di trasportarle e si addestrano costantemente per uno scenario di questo tipo, che dovrebbe essere autorizzato di concerto dal presidente degli Stati Uniti, dal primo ministro britannico e dal Gruppo di pianificazione nucleare.

Quest’ultimo è l’organo politico responsabile del processo decisionale sul nucleare presso la Nato ed è presieduto dal Segretario generale dell’Alleanza. Per assolvere i propri compiti, il Gruppo di pianificazione si basa sulla consulenza sulle questioni nucleari dal Gruppo ad alto livello, che è presieduto dagli Usa e si concentra su questioni pratiche “tra cui la pianificazione e l’assetto della forza, e questioni riguardanti la sicurezza, la protezione e l’efficacia”. Entrambi sono aperti a tutti i membri dell’Alleanza eccetto la Francia, che non vi partecipa. Per la Polonia, un accordo Nato sulla base avanzata delle armi nucleari sul suo territorio richiederebbe dunque il consenso del Gruppo ad alto livello, che viene esplicato solitamente sotto forma di un rapporto di raccomandazione. A quel punto il Gruppo di pianificazione nucleare esaminerà il rapporto di raccomandazione e potrebbe approvarlo esplicitamente o tramite la procedura del “silenzio”, in base alla quale le raccomandazioni vengono adottate se non ci sono obiezioni da parte di nessuno Stato membro.

Come cambiano la guerra e l’Europa se la Polonia ospiterà le armi nucleari

Entrando appieno nel programma di condivisione nucleare, il governo polacco si propone dunque di rafforzare la posizione di deterrenza della Nato e di aiutare gli Stati Uniti a riaffermare il proprio impegno per una deterrenza estesa. Il tutto anche se, a ben vedere, il valore militare dello stazionamento permanente di armi nucleari in Polonia appare discutibile. Come riporta l’International Institute for Strategic Studies, se la Polonia dovesse ospitare aerei a doppia capacità sugli standard Nato, probabilmente utilizzerebbe i suoi caccia F-35A di prossima messa in servizio che saranno certificati per fornire la variante aggiornata B61-12 della bomba B61. Le basi aeree polacche destinate a ospitare gli F-35A sarebbero quelle di Swidwin, Poznan-Krzesiny e Lask. L’Alleanza considererebbe il valore deterrente dello stazionamento di armi nucleari in questi siti e della loro trasformazione in basi aeree a doppia capacità basandosi sulla vulnerabilità delle armi agli attacchi e sulla loro capacità di colpire obiettivi in ​​Bielorussia e Russia.

Si assisterebbe quindi a una sorta di “stallo alla messicana” nucleare, mutuando il termine che nei film soprattutto western si indica la situazione in cui due o più soggetti si tengono sotto tiro a vicenda con delle armi, in modo che nessuno possa attaccare un avversario senza essere a propria volta attaccato. Sebbene l’ipotesi di un’escalation nucleare in Europa sia assai improbabile, Russia e Polonia (e cioè Nato) si punterebbero reciprocamente in faccia gli armamenti atomici a poche centinaia di chilometri di distanza. La 152esima Brigata missilistica russa di stanza a Cerniakhovsk (Kaliningrad) e la base militare di Brest (Bielorussia) da una parte, e le tre basi atlantiste polacche dall’altra. Tutte concentrate in una porzione di territorio entro i 500 chilometri, ampiamente raggiungibile dal raggio di un missile lanciato da sistemi Iskander-M. Vista la distanza contenuta tra siti nemici, nel caso di guerra convenzionale la Russia tenterebbe di distruggere le basi polacche con munizioni convenzionali o nucleari o di interrompere le operazioni delle basi aeree. In questo senso, garantire dotazione nucleare alla Polonia aumenterebbe i rischi di conflitto aperto con Mosca.