La fascinazione del denim, tra passato e futuro

Tra cultura centenaria, fusione estetica, contaminazione e innovazione, il denim continua ad essere soggetto a infinite declinazioni.

Foto di Paolo Gelmi

Paolo Gelmi

Esperto di moda e lifestyle maschile

Esperto di moda e lifestyle, è stato direttore di svariate riviste cartacee nel settore luxury.

Contaminazione tra Occidente e Oriente in un mix creativo spalancato sul futuro che non prescinde dal patrimonio di un passato le cui tradizioni centenarie sono rilette e rielaborate continuamente. Una magia? No, è la sintesi felice della filosofia nata nel XVII secolo nella piccola cittadina di Nimes, in Francia, dove alcuni fabbricanti di stoffe tessevano un tessuto resistente ricavato dalle fibre del cotone, molto simile a quello dei moderni jeans, che sono diventati un pezzo iconico del nostro guardaroba. Un tessuto che si pone da sempre come crocevia tra due mondi dando vita a una fusione estetica in equilibrio tra una cultura centenaria e una più proiettata sulla modernità di cui, ancora una volta, le sue creazioni rappresentano il punto di arrivo di molte maison, e non solo. Un materiale ideale che rappresentava gli abiti da lavoro della gente comune, per poi diventare per il suo scolorimento e la sua mutevolezza un vero proprio marchio distintivo di prodotto. Un tessuto soggetto a infinite declinazioni e che, nelle collezioni delle grandi Maison è sempre presente, per questa sua ricerca materica che racchiude tutta la passione per l’arte della manipolazione e della fascinazione dell’oggetto artigianato, derivante dal fatto che è passato per le mani di qualcuno che vi ha lasciato un segno del suo lavoro.

È il denim, letteralmente, la tela sulla quale le collezioni delle aziende esprimono la sua visione sincretica: un tessuto reso più malleabile e felpato del consueto, scelto per creare capi-manifesto che mixano la bellezza classica con l’avanguardia della contemporaneità. Come la spettacolare scomposizione di Act N°1 illuminato da spille che formano dei motivi geometrici e rileggono l’armonia del corpo di chi lo indossa con un top, oppure l’anima street che esplode nello svelto due pezzi composto con casacca abbinata ad un pantalone stampato e ricamato con il fiore, elemento decorativo nell’estetica della Maison Kenzo, che dire della semplicità quasi minimale di denim a gamba dritta di Bottega Veneta o quelli cropped di Celine la cui maestria glamour e femminile si indossa con stivaletti con tacco alto, spaziando con canottiere bianche o giacche bomber, senza farsi condizionare dal clima., una maestria di un tessuto che non finisce di incantare? Esattamente come nel combo di camicia, o turtleneck che accende la sua eleganza dégagée con un mix iconico di inserti a contrasto come le grandi tasche catalizzatrici d’attenzione che abbiamo potuto notare nelle sfilate di Balmain, Trussardi e Isabel Marant. E perciò naturale ritenere che l’estro imprenditoriale di queste intelligenze creative abbia bisogno di particolare attenzione collettiva nel difendere il ruolo e l’identità del denim che viene lavorato da maestri artigiani che traducono tutto in opere al confine con l’arte in senso stretto e rappresentando una tappa fondamentale verso il superamento di quella dicotomia, spesso forzata che separa le arti applicate dalle arti liberali, relegandole ad un limitativo rango minore.

Sfilata Celine Paris

La storia del denim ha davvero stravolto le regole del mercato mondiale, prima con il brand americano Levi’s e di seguito in Italia con brand come Diesel, Carrera, Replay, Gas, Wrangler e Lee per citarne alcuni, saranno gli anni 80 a decretare il successo a livello globale di questo tessuto, la musica è da sempre il suo traino naturale, iconiche la copertina del dischi di Bruce Springsteen “Born in the U.S.A” o “Sticky Finger” dei Rolling Stones che introducono nelle loro cover proprio il mitico Jeans, inizialmente furono gli uomini ad adottarlo nel quotidiano, per conquistare successivamente e in breve tempo anche l’universo femminile, con il passare degli anni questo indiscutibile capo d’abbigliamento ha cambiato forma e modelli, lo abbiamo visto adattarsi ad ogni tipo di fisicità, presentandosi ogni volta in varie soluzioni creative, stretto in fondo, slim fit, skinny, regular oppure oversize per citarne alcune, ogni stagione ci regala nuove soluzioni creative al punto da rendere il denim sempre alla moda e di tendenza, conquistando il cuore di giovani e adulti, negli anni 60 è stato simbolo di appartenenza e bandiera di una rivoluzione sociale, come il movimento degli Hippy o Figli dei fiori, sino ad arrivare ai giorni nostri a soddisfare i gusti ed esigenze di tutte le generazioni e rendendosi democratico a tutti i consumatori.

Bruce Springsteen – Born in the U.S.A

Anche gli stilisti lo hanno inserito in tutte loro collezioni e fatto sfilare su tutte le passerelle, sviluppando non solo nuove forme ma anche innovativi lavaggi che lo hanno reso speciale e unico, alcune maison lo hanno anche consumato “worn-out” usurato con lavaggi fatti con le pietre e successivamente trattati con carta vetrata “stone-wash, per renderlo il più fashion possibile come gli iconici jeans di Dolce&Gabbana, altri lo hanno colorato e impreziosito di borchie e strass vedi i modelli di Dsquared2, Richmond e Versace, altri ancora lo hanno mescolato con tessuti pregiati come il cachemire, i modelli di Dondup  e Brunello Cucinelli ne sono una tangibile prova. La moda continua ancora oggi a dare a questo capo d’abbigliamento linfa vitale e creativa, sottolineando la sua grandissima capacità di adattamento ai cambiamenti culturali e sociali, rendendolo immortale, non più solo pantaloni, ma il denim ha invaso e conquistato altri capi d’abbigliamento come le camicie i giubbotti e trench per dirne alcuni, d’altronde anche il grandissimo stilista Yyes Saint Laurent parlando di questo tessuto dichiarò in una sua intervista che il suo unico rammarico fosse non averlo inventato lui stesso, oppure Andy Warhol  che dichiarò spudoratamente di voler morire con addosso i suoi Jeans, ma fu il grande Giorgio Armani a rendere universale questo tessuto decretando di diritto il suo successo, affermando essere questo il capo più democratico al mondo, e se lo dice Re Giorgio, non ci resta che trovare il modello adatto a noi e sfoggiarlo in qualsiasi occasione la vita quotidiana ci proponga.