Cycle, il denim tra tradizione, artigianalità e innovazione

Il brand veneto specializzato nel denim riparte dalla filiera, patrimonio di un'esperienza ventennale.

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Paolo Gelmi

Esperto di moda e lifestyle maschile

Esperto di moda e lifestyle, è stato direttore di svariate riviste cartacee nel settore luxury.

Pubblicato: 10 Ottobre 2023 10:35

La passione per il “ben fatto“ e per l’artigianalità tipica del nostro Made in Italy hanno dato vita nel 2000 ad uno dei brand più rappresentativi del denim. Tele e fili trattati come tessuti raffinati, ricerca e stile per continuare a creare uno dei più iconici capi d’abbigliamento al mondo, il tanto ambito, desiderato e blasonato jeans: tutto questo, e non solo, è il brand Cycle, dell’azienda veneta Numero 8 che vede nel suo portafoglio anche il brand Sun68.

Cycle con il suo prodotto racconta la storia di questo tessuto in chiave contemporanea, portandolo in alcuni casi a diventare un capo di lusso. Il nome del brand racconta il ciclo di questo materiale che, attraverso studi sui nuovi metodi di trattabilità, riesce ogni volta a riconquistare i consumatori attraverso nuove forme, nuovi lavaggi e visioni che oltrepassano di gran lunga la visione classica di questo tessuto rendendolo contemporaneo, glamour e chic.

Sin dal primo decennio dalla sua fondazione, avvenuta grazie ai suoi fondatori Andrea Bertin ed Elena Boaretto, Cycle ha conquistato i giovani consumatori ed i buyer nazionali e internazionali, posizionandosi in breve tempo nell’Olimpo di chi ha nel proprio Dna il denim. Una nuova proprietà, innovative ricerche di materiali, nuove forme e lavaggi particolari sono alcuni degli elementi che in un totale equilibrio tra tradizione e innovazione ridisegnano la nuova Cycle, portandola sulla strada della riconquista di quel posizionamento che un tempo non lontano fu suo, all’insegna del più classico dei Made in Italy.

Non solo pantaloni, ma anche maglie, camice e giacche per un look contemporaneo tra casual e streetwear per consolidare l’affetto di un consumatore “Boomer” e conquistare attraverso una nuova vestibilità e uno stile contemporaneo la generazione z ed i “Millenials” attraverso proposte stilistiche che strizzano un occhio all’artigianalità’ e un altro ad una luxury experience, una scommessa questa che Cycle ha intenzione di vincere.

QF Lifestyle ha incontrato Enrico Spinazzè, titolare dell’azienda veneta Numero 8, per farsi raccontare novità e sviluppi di questo straordinario brand del casualwear.

cycle

La storia più che ventennale di Cycle ci racconta di un brand leader nel denim, come è cambiata la vostra strategia?
Cycle è entrata a far parte della nostra società da 5/6 stagioni, i primi passi sono stati quelli di riattivare tutta la filiera che da qualche anno non lavorava più sul progetto; laboratori, lavanderie, e altri artigiani. Dopo il necessario setup che ha compreso anche la collaborazione con i fondatori e attuali stilisti Andrea Bertin ed Elena Boaretto. Non penso che si possa parlare di cambio di strategia, perché i valori di una volta, come qualità, freschezza, ricerca, amore per il denim sono rimasti invariati, forse è cambiato il modo in cui si racconta, ma l’amore per il denim è lo stesso di 20 anni fa.

Il Denim nasce come tessuto da lavoro, poi diventa il simbolo di ribellione e libertà di intere generazioni, come è cambiato l’approccio a questo capo negli ultimi anni?
Più democratico, più trasversale, più inclusivo se vogliamo usare i topic del momento, ma nonostante tutti questi aspetti a noi piace l’anima del denim, che è ancora la tela più amata dalle giovani generazioni, tanto da farmi pensare che forse è sbagliato parlare di denim come simbolo, perché in realtà è chi veste il denim a decidere che sapore dargli. Forse il concetto più attuale è quindi la capacità di trasformarsi, sempre uguale e sempre diverso.

In tema di sostenibilità come vi state muovendo?
Sicuramente è un tema per noi importante, lo capiamo e ci muoviamo a piccoli step verso il futuro, dalla scelta dei lavaggi meno impattanti a livello di inquinamento grazie anche allo stupendo lavoro delle lavanderie italiane con cui lavoriamo, fino alla scelta dei tessuti con un occhio al futuro come i cotoni riciclati.

Cycle vuol dire denim pensate in futuro di creare collezioni total look con altri tessuti
Pensiamo che la tela denim non sarà lasciata sola, ma allo stesso tempo siamo sicuri che sarà sempre il core delle nostre collezioni e che qualsiasi altro tessuto che inseriremo sarà sicuramente in sintonia con il mondo denim (come i velluti per l’inverno o i jersey per l’Estate).

Quali sono le tendenze del 2024 in questo settore?
Parlare di tendenze per il denim è una forzatura, proprio perché il denim è da sempre un tema che riesce a vivere scollegato dai trend di breve periodo. Se dovessimo dare delle indicazioni sicuramente direi di tenere d’occhio i volumi più morbidi e over, sia per l’uomo che per la donna.

Oltre all’Italia quali sono i vostri mercati di riferimento?
Per ora siamo concentrati in Italia, ma il sogno restano i mercati più lontani come Giappone e Korea dove stiamo prendendo i primi contatti.

Cosa fate in termini di comunicazione e posizionamento per conquistare la Generazione Z e i Millenials?
In termini di prodotto lavoriamo molto sui volumi più adatti alle nuove generazioni, in termini di comunicazione usiamo i loro strumenti, ma trasmettiamo i nostri valori.

Il denim oggi è stato sdoganato e lo vediamo anche sulle passerelle di moda delle più importanti fashion week, anche voi avete una linea luxury?
Non una linea dedicata, ma sicuramente dei capi con riferimenti “luxury”, dove per noi luxury indica la continua ricerca di lavaggi e tecniche. Per definire il mercato e i trends non direi che il denim va alla fashion week, ma è il fashion system che porta il denim in quegli ambienti.

Chi sono gli uomini e le donne Cycle?
Trasversali, oramai l’età non è più un dato importante, un dettaglio che forse li accomuna è l’amore per le cose autentiche e belle, quello che noi cerchiamo di trasmettere nei nostri capi.

Oggi fiere come il Pitti hanno ancora un valore aggiunto?
Sicuramente si, nello specifico Pitti è la fiera più importante in Europa, per il futuro però dovremmo chiederci se la presenza in fiera sia ancora un valore che riuscirà ad aiutare i nostri progetti.

Dopo il periodo della pandemia come è cambiato il lavoro per un’azienda come la vostra?Abbiamo diminuito le riunioni in presenza, utilizziamo gli strumenti per le video call in maniera più naturale, ma quando si tratta di prodotto ci piace ancora lavorare dal vivo insieme con il nostro team per respirare le sfumature dei toni delle varie declinazioni del denim.