Secondo un rapporto Censis-Confcooperative, entro il 2035 in Italia fino a 6 milioni di posti di lavoro potrebbero essere sostituiti dall’IA. L’impatto maggiore sarà sull’occupazione femminile.
Nessun allarmismo, certo, ma c’è bisogno di monitorare e agire preventivamente. Infatti, se da un lato alcune professioni spariranno, dall’altro ci sarà bisogno di nuove competenze per l’intelligenza artificiale.
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IA e lavoro: chi rischia davvero?
Parlare di IA e lavoro spesso scatena il panico, ma la verità è più grigia che totalmente bianca o nera. L’intelligenza artificiale, infatti, non cancellerà il lavoro umano, ma è destinata a trasformarlo. Almeno questo è quello che da qualche anno viene detto ai lavoratori e alle lavoratrici.
È inevitabile però parlare anche dei settori che vedranno un calo di occupazione. Secondo il rapporto Censis-Confcooperative, i settori più esposti sono commercio, call center, il settore bancario e anche gli uffici amministrativi. In questi, insomma, si annida la percentuale maggiore di rischio.
Nel rapporto un dato impressionante c’è, ovvero che 6 milioni di posti di lavoro saranno “aggrediti”, entro il 2035, dall’IA. Si può, anzi si deve, parlare anche dei settori che cresceranno grazie all’IA e nei quali convoglieranno i nuovi lavoratori e lavoratrici.
Tra questi:
- cybersecurity e gestione dati;
- sviluppatori di intelligenza artificiale;
- tecnici della robotica;
- formazione e reskilling.
Le donne sono più a rischio esclusione
Un dato preoccupante, nel rapporto, c’è e riguarda le donne. Infatti, secondo i dati emersi, queste rappresentano il 57% dei posti a rischio. Il motivo è semplice: molte lavorano in settori più facilmente automatizzabili, come amministrazione, vendite e servizi.
Il dato si traduce in un domino di problemi, infatti senza un piano concreto per la formazione e la riconversione professionale, c’è il rischio che il divario di genere nel lavoro possa aumentare ulteriormente.
Ci sono degli ostacoli enormi, come la poca presenza nei settori tecnologici delle donne, che sono ancora sottorappresentate nell’informatica e nell’ingegneria (strettamente legate all’IA). L’unico modo per garantire che l’IA non aumenti il gender gap è puntare su formazione e inclusione. Servono quindi corsi di aggiornamento, incentivi per l’occupazione femminile e politiche di sostegno per chi deve riqualificarsi.
Non tutto è perduto: il lavoro è anche umano
Insomma no, non c’è un allarme e nessun annuncio apocalittico: non tutto il lavoro sparirà. Ci saranno sempre delle professioni dove il giudizio umano, l’empatia e la creatività non potranno essere sostituiti. Ma c’è molto da lavorare affinché chi sarà sostituito possa essere messo nelle condizioni di aggiornarsi o trovare un altro impiego a pari livello. Il vero rischio non è l’IA in sé, ma la mancanza di politiche adeguate per gestire il cambiamento.