Cos’è il contratto collettivo nazionale di lavoro

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Il CCNL, o contratto collettivo nazionale di lavoro, è un accordo negoziato a livello nazionale che coinvolge sindacati, rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro. Questo importante documento definisce una serie di aspetti fondamentali del lavoro, come le condizioni contrattuali, gli stipendi e i diritti dei dipendenti in varie categorie professionali. Talvolta, può essere personalizzato con il datore di lavoro per adattarsi alle specifiche necessità dell’azienda. L’archivio nazionale del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro conserva tutti i contratti, garantendo trasparenza e tutela dei diritti lavorativi.

Cosa determina il contratto collettivo nazionale

Il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) è un accordo che stabilisce le regole per i rapporti tra datore di lavoro e dipendente. In pratica, questo documento dettaglia le condizioni di lavoro per una specifica categoria professionale su tutto il territorio nazionale. Ad esempio, un insegnante o un lavoratore nel terzo settore, può contare sul CCNL per assicurarsi che le sue condizioni di impiego siano uguali ovunque in Italia. Queste regole riguardano anche stipendi, orari di lavoro, mansioni e qualifiche.

Il complesso mondo dei contratti collettivi di lavoro

Nel contesto del lavoro privato, i contratti collettivi nazionali (CCNL) vengono negoziati tra sindacati che rappresentano i lavoratori e associazioni di datori di lavoro, o anche singoli datori di lavoro. Queste trattative definiscono le regole per i rapporti individuali di lavoro, compresi aspetti come retribuzione e condizioni lavorative (parte normativa), così come alcuni aspetti dei rapporti tra le parti (parte obbligatoria). Dal punto di vista legale, i CCNL sono contratti ordinari e vincolano solo i dipendenti affiliati al sindacato che ha siglato il contratto.
Nel settore pubblico italiano, i negoziati coinvolgono le rappresentanze sindacali dei lavoratori e l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), che agisce come rappresentante legale delle istituzioni pubbliche nella contrattazione collettiva. I CCNL, insieme ad altri accordi di lavoro, vengono archiviati e gestiti dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), che mantiene un registro elettronico di tutti i CCNL, sia attuali che passati.

Quali sono le finalità del contratto collettivo di lavoro

Le principali finalità del contratto collettivo includono la determinazione degli elementi essenziali dei contratti individuali di lavoro all’interno di un particolare settore, come commercio, industria metalmeccanica, o industria chimica sia dal punto di vista economico (come retribuzione e trattamenti di anzianità) che normativo (regolamentazione degli orari, mansioni e qualifiche, stabilità dell’impiego). Inoltre, regolamentano le relazioni industriali tra le parti coinvolte.
In Italia, la contrattazione collettiva avviene a vari livelli, che vanno dall’ambito interconfederale (coinvolgendo spesso lo Stato come mediatore tra le confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro) al livello di categoria, locale e aziendale. Tra i contratti più rilevanti in termini pratici vi sono i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), negoziati a livello di categoria.

Panorama delle tipologie contrattuali nel mondo del lavoro

I contratti di lavoro sono diversificati in varie tipologie:

Lavoro subordinato: è caratterizzato dalla dipendenza del lavoratore da un datore di lavoro, con quest’ultimo che fornisce direzione e controllo sul lavoro del dipendente in cambio di una retribuzione
Lavoro parasubordinato: questo tipo di lavoro presenta caratteristiche intermedie tra il lavoro subordinato e quello autonomo. Sebbene vi sia un certo grado di coordinamento con l’azienda, manca il vincolo di subordinazione
Lavoro autonomo: qui il lavoratore svolge un’attività per conto proprio e senza vincoli di dipendenza da un datore di lavoro.

Altri tipi di contratto includono:

• Lavoro a tempo determinato
• Lavoro a tempo parziale
• Apprendistato
• Contratto intermittente
• Contratto di somministrazione
• Ulteriori tipologie contrattuali e istituti oggetto di studio comprendono:
• Contratto di lavoro a progetto
• Collaborazioni coordinate e continuative
• Prestazioni occasionali
• Associazione in partecipazione
• Contratto di arruolamento
• Tirocinio formativo e stage
• Lavoro domestico: un accordo specifico regola i minimi retributivi e altri aspetti delle mansioni domestiche.

Queste varie forme contrattuali disciplinano diversi aspetti del rapporto di lavoro, tra cui retribuzione, orari, sospensioni, trattamento di fine rapporto e molto altro.

Durata del contratto collettivo di lavoro

Non c’è un limite temporale prestabilito per i contratti collettivi nazionali di lavoro; la loro durata è decisa dalle parti coinvolte. Di solito, un contratto collettivo di categoria dura tre anni, coprendo sia gli aspetti normativi che quelli economici. Una volta scaduto questo periodo, il contratto non è più vincolante, sebbene le clausole relative alla retribuzione rimangano valide. È possibile rinnovare il contratto, ma prima della scadenza, entro tre mesi, devono essere presentate le richieste di rinegoziazione. Se non si raggiunge un accordo e il contratto scade, ai lavoratori spetta un’indennità di vacanza contrattuale per compensare eventuali perdite salariali.

Legge e contratto collettivo nazionale

Il contratto collettivo nazionale del lavoro opera nel rispetto della legge, il che significa che può ampliare le tutele per i lavoratori ma non ridurle. La Legge stabilisce i diritti minimi dei lavoratori, che devono essere garantiti e non possono essere indeboliti, mentre il contratto collettivo può introdurre ulteriori protezioni. Quando la legislazione presenta carenze significative, è compito del contratto collettivo integrarle.

Contratto collettivo nazionale e contratto individuale

Il contratto collettivo di lavoro, come spiegato, è un accordo tra i sindacati dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori di un settore specifico, su cui si basano i singoli contratti di lavoro in quel settore. Si compone di due parti: quella economica, che determina la retribuzione e viene rinnovata ogni due anni, e quella normativa, che stabilisce le regole comportamentali per datori di lavoro e lavoratori e viene rinnovata ogni quattro anni.

Quello individuale è un accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore, in cui quest’ultimo si impegna a prestare servizio per conto o sotto la direzione del datore in cambio di una retribuzione. Questo contratto non può contrastare con le disposizioni del contratto collettivo, a meno che non garantisca condizioni più vantaggiose per il lavoratore. Il contratto individuale dà origine a un rapporto di lavoro subordinato.

I livelli del contratto collettivo di lavoro

Esistono due livelli di CCNL:

  • Nazionale, o di primo livello. Tale contratto stabilisce i trattamenti economici e le normative valide per una determinata categoria di lavoratori, ma anche le materie che sono delegate alla contrattazione aziendale o territoriale
  • Territoriale o aziendale, o di secondo livello. Questo strumento è necessario per entrare al meglio nelle realtà specifiche di ogni azienda e soddisfare questioni che possono diventare di fondamentale importanza in questi ambiti, entrando in quelle dimensioni che non è possibile regolamentare a livello nazionale.

Cosa c’è scritto nel contratto collettivo nazionale

Cos’è contenuto nel CCNL? Il contratto collettivo di lavoro affronta e regola problematiche diverse:

  • Costituzione di eventuali sindacati od organi sindacali all’interno dell’azienda, le cosiddette rappresentanze sindacali unitarie
  • Clausole della gestione del contratto attraverso l’istituzione di collegi di conciliazione e di arbitrato
  • Diritti e doveri reciproci tra datori e lavoratori.

Il contratto collettivo di prossimità

Anche se il contratto aziendale o di secondo livello è generalmente subordinato al CCNL, e quindi non può essere modificato in peggio rispetto alle disposizioni del contratto nazionale, esistono delle eccezioni. Una di queste è rappresentata dal contratto collettivo di prossimità, che, secondo l’articolo 8 del decreto legge 138/2011, consente ai collettivi aziendali di derogare alle disposizioni di legge e ai relativi regolamenti contenuti nei contratti nazionali di lavoro. Ciò significa che in certi casi è possibile peggiorare le condizioni dei lavoratori, anche se ci sono norme specifiche da rispettare:

  • La controparte sindacale dovrà essere formata da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda (RSA o RSU)
  • Ci dovrà essere uno scopo alle modifiche di determinate clausole presenti nel CCNL che dovrà essere: maggiore occupazione, migliore qualità dei contratti di lavoro, adozione di ulteriori forme di partecipazione dei lavoratori, eliminazione del lavoro irregolare, incrementi di produttività e salario, far fronte a crisi aziendali e/o occupazionali, investimento e nuovo avvio di attività.

Se dovessero mancare queste condizioni non potrà essere applicato il contratto di prossimità: l’accordo preso tra la parte sindacale e i datori di lavoro dovrà, quindi, specificare la motivazione che ha portato alla modifica della materia legale o della clausola del CCNL.

Le modifiche di contratto non possono essere indiscriminate e a discrezione personale, esistono delle limitazioni. È infatti necessario che vi sia il rispetto della Costituzione e i vincoli imposti da normative comunitarie, nonché quelli delle convenzioni internazionali sul lavoro. Infrangendo queste condizioni non potrà essere ritenuto valido il contratto di prossimità.