Le grandi catene Usa lasciano l’Italia: i motivi dell’addio

I grandi marchi americani salutano l'Italia in un grave momento di crisi causato dalla pandemia da Covid-19 e, soprattutto, dalla concorrenza

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

È un vero e proprio momento nero per le grandi catene americane che di recente hanno deciso di levare le tende dall’Italia. In un momento di profonda crisi economica causata dal mix tra pandemia e guerra in Ucraina, che negli ultimi due anni hanno segnato in maniera pesante i piani delle piccole e grandi aziende, nelle ultime settimane si è assistito alla ritirata di alcuni dei grandi marchi degli States che si trovavano nel nostro Paese e che hanno deciso di chiudere i loro punti vendita.

Le attività che hanno chiuso i battenti non lo hanno di certo fatto a cuor leggero, con numerosi dipendenti che si trovano ora senza lavoro e alla ricerca in un momento complicato per l’economia. Ma quali sono i grandi brand che hanno deciso di lasciare l’Italia?

I marchi della moda salutano l’Italia

Tra i primi marchi a lasciare l’Italia nelle ultime settimane ci sono firme della moda che, nonostante annunci roboanti e investimenti consistenti, hanno deciso di chiudere le proprie attività. Dopo gli addii della griffe Tory Burch e del fashion brand Banana Republic, anche Gap ha preso l’amara decisione di chiudere con gli investimenti in Italia e salutare l’economia del nostro Paese.

Alla base della decisione dei brand statunitensi c’è una débâcle quasi inaspettata a causa della crisi conseguente dal Covid-19 e non solo. Infatti a giocare un ruolo principale in questa crisi c’è l’alto livello di competitività del settore della moda che in Italia, più che in tanti altri paesi in giro per il mondo, ha un peso non trascurabile. Nel nostro Paese, infatti, l’offerta è estremamente vasta e i player italiani, dai piccoli ai grandi nomi della moda, sono un riferimento importante sia in termini di stile sia sul piano della qualità produttiva (ma a fallire sono anche gli storici marchi della moda italiana).

Ben diversa, invece, è la situazione per lo sportwear e lo streetwear, nei quali i marchi americani non hanno competitors di rilievo in Italia. Ecco perché brand come Gap o Tory Burch hanno risentito di questa crisi e altri, come Nike o Supreme non hanno risentito in alcun modo del momento negativo, anzi sono stati capaci di aprire altri store.

Anche il food dice addio all’Italia con Domino’s Pizza

A risentire pesantemente del momento no dell’economia sono anche grandi marchi del settore food. Se tra i primi a salutare l’Italia è stata l’insegna di gelati Haagen Dasz, nelle ultime settimane l’addio che ha fatto parecchio clamore è quello di Domino’s Pizza. Marchio che ha conosciuto lo splendore nell’era pre-Covid grazie a un sistema di consegna innovativo, Domino’s ha infatti risentito pesantemente della pandemia e di una doppia concorrenza che ha stroncato gli introiti delle attività in giro per l’Italia.

Per Domino’s, infatti, si può parlare di un vero e proprio fallimento della società di franchising che gestisce la catena in Italia a causa della concorrenza spietata delle app di delivery come Glovo, Just Eat e Deliveroo e, dall’altro lato, con le singole pizzerie che a fronte dell’incremento della domanda negli ultimi due anni di Covid hanno in molti casi organizzato un proprio sistema di consegna. La concorrenza non ha fatto altro che accelerare la crisi già in atto e ha contribuito a determinare il ritiro dall’Italia.

L’esempio di Domino’s Pizza serve però da monito a tutti i brand di food non italiani. Infatti a soffrire sono soprattutto le insegne che hanno puntato su un’offerta standardizzata, senza adattarla ai gusti della clientela del Paese, cosa che, invece, ha saputo fare McDonald’s declinando il menù in chiave locale, arricchendolo di proposte e ingredienti tipici della cultura gastronomica italiana.