Disney plus si accoda alla strategia delle piattaforme streaming concorrenti e introduce un nuovo abbonamento con la pubblicità. Il nuovo piano già applicato negli Stati Uniti sarà disponibile in Canada e Europa, e quindi in Italia, dal prossimo 1 novembre. La mossa voluta dall’ad Bob Iger, richiamato dalla pensione per risollevare le sorti del gruppo che ha guidato per 15 anni, prevederà parallelamente rincari alle altre offerte senza l’interruzione degli spot.
La strategia
“Con la nostra strategia di prezzi stiamo cercando di far migrare un maggior numero di abbonamenti verso il livello supportato dalla pubblicità” ha dichiarato Iger spiegando che, spingendo i consumatori verso le tariffe più economiche grazie agli aumenti, i margini di ogni abbonamento sono maggiori.
Negli Stati Uniti gli abbonamenti senza pubblicità di Disney+ e di Hulu sono aumentati di 3 dollari, rispettivamente del +27% a quasi 14 dollari e del +20%, raggiungendo circa i 18 dollari.
L’abbonamento con pubblicità in Europa costerà 5,99 euro al mese (con definizione full HD e senza possibilità di scaricare i contenuti) a fianco a quello standard (con definizione full HD) al prezzo di 8,99 al mese e a quello premium (con definizione fino a 4 K UHD e HDR) a 11,99 euro al mese.
Chi ha già un abbonamento Disney+ al costo di 89,90 all’anno potrà mantenerlo ma sarà obbligato a scegliere i nuovi piani alla fine del periodo di fatturazione (qui avevamo parlato dell’aumento del costo dell’abbonamento di Disney+).
A partire dal 2024, Disney metterà anche uno stop alle condivisioni delle password, seguendo l’esempio di Netflix. I dettagli su come sarà applicata la stretta non sono però ancora stati diffusi (qui abbiamo parlato dello stop da parte di Netflix alle password condivise mentre qui dell’addio al piano base).
I numeri
Commentando con gli analisti i dati del terzo trimestre Bob Iger ha spiegato che il numero di abbonati di Disney+ per il secondo trimestre consecutivo è diminuito a 146,1 milioni dai 157,8 milioni di fine marzo (-7,4%), ma a causa di un che calo riguarda soprattutto l’India, dove il gruppo ha perso i diritti per il cricket.
I ricavi del gruppo sono in leggero aumento (+3,8%) a 22,3 miliardi di dollari, poco sotto alle attese mentre gli utili crescono più del previsto, nonostante la perdita netta di 460 milioni, rispetto a 1,4 miliardi di profitti di un anno prima.
Intanto continua la politica dei tagli dei costi, tramite anche a 7 mila licenziamenti, che permette allo streaming di dimezzare le perdite a 512 milioni rispetto a un miliardo nel terzo trimestre 2022.
Iger ha sottolineato che “gli studios, con la produzione di film, i parchi tematici e lo streaming” sono le tre attività che “guideranno la maggiore crescita e creazione di valore nei prossimi cinque anni” lasciando intendere che la tv tradizionale, come ABC, non è tra gli asset da difendere a tutti i costi e forse potrebbe essere ceduta.
Rispetto alle voci di un interesse di Apple sull’acquisizione di Disney Iger si è limitato a rispondere che “chiunque volesse speculare su queste cose dovrebbe considerare immediatamente il contesto normativo globale. E non dirò altro”.