Ferie, se non richieste e godute devono essere pagate?

"Ferie non godute" e indennità spettanti al lavoratore, vuol dire che chi non si prende dei giorni di pausa dal lavoro riceverà di più in busta paga? Facciamo chiarezza

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Redazione

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Le ferie sono un diritto irrinunciabile riconosciuto a tutti i lavoratori: lo prevede la legge e la costituzione, confermando e assicurando così la tutela alla salute psico-fisica dei professionisti. In busta paga, però, capita spesso ai dipendenti di vedere la dicitura “ferie non godute“, per i quali è riconosciuta la relativa indennità. Questo vuol dire che chi non si prende dei giorni di pausa dal lavoro riceverà di più in busta paga? Facciamo chiarezza.

Ferie non godute: qual è il periodo di riposo riconosciuto dalla legge

Come stabilito dall’art. 2109 del Codice Civile: “Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica”. Inoltre, lo stesso ha “anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità”.

Questo vuol dire, in pratica, che il dipendente una volta messosi d’accordo con l’azienda può chiedere (e ne ha diritto) un riposo da lavoro retribuito. La legge prevede un periodo di ferie retribuito fissato a 4 settimane, anche se i contratti collettivi possono fissare termini diversi, ma solo migliorando la normativa vigente e non peggiorandola (la cd. modifica in melius). Le prime due settimane devono essere godute e riconosciute entro il primo anno di lavoro, le restanti due invece nei 18 mesi successivi.

Chi non va in ferie ha diritto all’indennità in busta paga?

Per ogni giorno di ferie non goduto il lavoratore ha diritto alla relativa indennità, oltre che al versamento dei relativi contributi Inps. Questo non vuol dire, però, che chi non usufruisce del tempo di riposo entro i termini stabiliti vedrà lievitare la propria busta paga (qui invece come cambiano gli importi nel 2022).

C’è infatti questa opinione diffusa che le aziende “costringano” i dipendenti a prendere le restanti ferie non godute (le due settimane in aggiunta alle prime) nei restanti ed entro i 18 mesi successivi per evitare di pagare i lavoratori. In realtà, non è proprio così. Le ferie, anche in questo caso, sono dovute per legge.

Ma allora quando spetta l’indennità per ferie non godute? Questa è un’eventualità che il legislatore ha previsto in caso di interruzione del rapporto di lavoro. Se, per esempio, il dipendente con contratto di lavoro a tempo determinato smette di lavorare per l’azienda (magari per scadenza e mancato rinnovamento del contratto) o viene licenziato o si dimette, allora alla risoluzione del rapporto di lavoro verrà riconosciuto l’importo uguale all’indennità spettante per i giorni non ottenuti.

E allora che fine fanno le ferie non godute dopo i 18 mesi, qualora il lavoratore non sia riuscito a usufruirne? I giorni residui non si perdono, quindi restano ancora a disposizione del dipendente. Per l’Inps, tuttavia, è come se queste fossero state utilizzate, quindi al datore di lavoro spetta l’obbligo di versare i contributi previsti (qui lo sconto previsto con il bonus assunzioni, a chi spetta e quando).

Con il messaggio -n. 2330 del 17 giugno 2021, in ogni caso, l’Inps ha precisato che, con riferimento alla disciplina delle ferie non godute, si deve tenere conto della precisazione contenuta nel Contratto Collettivo Nazionale di Categoria dell’8 settembre 2020 (in vigore dal 1° ottobre 2020), secondo cui le ferie non possono essere monetizzate, salvo i giorni non goduti che residuano alla cessazione del rapporto di lavoro. Conseguentemente, gli importi dovuti dal datore di lavoro a titolo di ferie maturate e non godute rientrano nella determinazione del reddito da lavoro dipendente dell’ultimo periodo lavorato ai fini contributivi.