Pensione a due tempi, come si sta pensando di ridurre l’assegno

Si continua a parlare di riforma previdenziale e anticipo pensionistico. E per evitare il ritorno alla Legge Fornero si valuta la cd. "pensione a due tempi"

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Redazione

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L’argomento pensioni continua ad essere un tema caldo, specie quando si parla di anticipo e di riforma del sistema previdenziale, al quale il governo sta lavorando per evitare il ritorno alla Legge Fornero. L’obiettivo è riuscire a trovare un punto di incontro tra risorse a disposizione delle casse statali e richieste dei sindacati. E così, mentre si parla di possibile estensione di Quota 41 (qui le regole) e di riconoscere a più soggetti il ricorso all’Ape Sociale (qui come funziona), si fa sempre più strada la cd. “pensione a due tempi“.

Pensione a due tempi, cos’è e come funziona

Il sistema su cui si basa la pensione a due tempi prevede un tipo di erogazione diversa dell’assegno a seconda del momento in cui una persona decide di fissare l’uscita dal lavoro. Si tratta comunque di una forma di pensionamento anticipato, che riconoscerebbe l’assegno previdenziale al raggiungimento di:

  • un’età anagrafica di 64 anni;
  • 20 anni di contributi versati regolarmente allo stato.

In questo caso verrà liquidata subito la pensione contributiva (pari cioè ai contributi versati) che sarà integrata poi da quella previdenziale (che comprende cioè tutte le tutele Inps e previdenziali spettanti al lavoratore). In caso di anticipo, l’importo varierà appunto in “due tempi” diversi.

La richiesta di pensionamento anticipato potrà essere presentata dal contribuente, che può decidere di smettere di lavorare subito una volta raggiunti entrambi i requisiti appena esposti. Mentre non è prevista alcuna flessibilità sugli anni contributivi, tuttavia, l’età è fissata come requisito minimo. Questo vuol dire, che “a partire da 64 anni” il soggetto beneficiario può richiedere la pensione anticipata, ma la stessa richiesta potrà essere fatta anche a 65, 66 o 67 anni, ovvero prima del raggiungimento dell’età richiesta per la pensione di anzianità riconosciuta dall’Inps (qui l’età richiesta e da quando aumenta) o di qualsiasi altro trattamento previdenziale affine erogato da altri Fondi pensionistici.

Pensione a due tempi, come potrebbero essere ridotti gli assegni in caso di anticipo

La pensione a due tempi richiede un tipo di compromesso, sia da parte dell’ente erogatore sia da parte del contribuente. L’ammissione a tale tipo di trattamento, infatti, determina una decurtazione sull’assegno pensionistico spettante.

Più si attende per la pensione, maggiori saranno i contributi versati e quindi più alto l’importo erogato dall’Inps. Al contrario, il pensionato dovrà tenere conto che riceverà un minore importo per tutti gli anni che lo separano dalla pensione di vecchiaia.

Un’altra alternativa, invece, potrebbe essere quella dell’assegno decrescente. Nello specifico, la proposta a cui stanno lavorando prevede, al momento dell’accettazione della domanda, il riconoscimento di un importo pari a quello spettante meno il 3% per ogni anno di anticipo. Questo vuol dire che più ci si avvicina all’età pensionabile (per la pensione di anzianità) minore sarà il taglio, più si anticipa invece e maggiori saranno le decurtazioni.

Bisogna chiarire, comunque, che al momento si tratta di tutte ipotesi sul tavolo del Governo e in discussione tra i sindacati. Anche se tra le più quotate, non c’è ancora nulla di definitivo o confermato. Il bisogno di trovare un accordo parte dalla necessità di evitare il ritorno alla Legge Fornero che, scaduta Quota 41, interverrebbe di nuovo sui tempi e le modalità di pensionamento già a partire da gennaio 2023. Ma per saperne di più, rimaniamo in attesa dell’ufficialità sancita da apposito decreto.