La conferenza annuale delle Nazioni Unite sulla lotta al cambiamento climatico, la COP28, si sta avvicinando. Questo summit globale riunisce gli Stati del mondo per affrontare la crisi climatica; ma come arriveranno i Paesi a questo appuntamento? Proviamo ad esaminare come le diverse nazioni si stiano attivamente impegnando per il clima e quali progressi abbiano compiuto nell’affrontare la crisi climatica.
Indice
La Green Economy in Italia: bilancio 2022 e aspirazioni energetiche
Partiamo dal nostro Paese. Nel 2022, ad esempio la produttività delle risorse in Italia si è attestata ancora tra le migliori nell’Unione Europea, con un valore di 3,3 euro di PIL generato per ogni chilogrammo di risorsa consumata. Tuttavia, questo dato rappresenta un calo rispetto al valore del 2019, che era di 3,5. Nel 2020, l’Italia ha raggiunto un buon livello di riciclo, con una percentuale del 72% di tutti i rifiuti riciclati, superando la media europea del 58%.
Nel 2021, l’utilizzo di materia proveniente dal riciclo è stato pari al 18,4%, confermando l’alto standard italiano rispetto alla media europea, anche se si è registrata una diminuzione rispetto al 2020. Questi dati sulla green economy italiana emergono dalla Relazione sullo Stato della Green Economy, presentata all’apertura degli Stati Generali della Green Economy 2023. L’Italia, inoltre, mira a diventare un importante hub energetico per il gas proveniente dal Mediterraneo. Nello stesso bacino, un altro Paese, la Grecia, sta cercando di diventare un hub per l’energia rinnovabile. Nel corso dell’anno scorso, la Grecia è riuscita a coprire l’intera domanda energetica nazionale con l’energia eolica e solare per un breve periodo di quattro ore. Tuttavia, il Paese sta investendo in modo significativo nelle energie rinnovabili, con una riduzione delle emissioni di gas serra del 64% dal 2005.
Germania: tra la chiusura delle centrali nucleari e il ricorso al carbone
La Germania, invece, ha chiuso le sue centrali nucleari quest’anno, ma si sta orientando verso il carbone, nonostante quest’ultimo sia una delle principali fonti di emissioni di CO₂. Il Ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, ha recentemente confermato questa scelta, sottolineando che il passaggio alle rinnovabili è vincolato all’accessibilità economica dell’energia. Ciononostante, la Germania sta facendo grandi progressi nel settore delle energie pulite ed è il secondo Paese al mondo per attrazione di investimenti verdi. L’Olanda, nonostante le sue dimensioni ridotte e l’alta densità di popolazione, si distingue per la sua concentrazione di pannelli solari, con 48 milioni di pannelli solari, più di due per persona, il che la colloca al primo posto a livello mondiale. L’Olanda, insieme all’Italia e ad altri otto Paesi dell’Unione Europea, ha recentemente richiesto un’accelerazione nell’adozione delle energie rinnovabili, chiedendo una cooperazione “senza frontiere”.
Come molti altri paesi, anche la Francia ha stabilito l’obiettivo di emissioni nette zero, pianificando la chiusura delle centrali elettriche a carbone e una riduzione del consumo di combustibili fossili del 30-40% entro il 2030. La Danimarca, nel suo impegno per ridurre le emissioni del 70% entro il 2030, ha stabilito che tutte le nuove auto immatricolate dovranno essere a emissioni zero entro il 2030, vietando le auto ibride dal 2035. Nel Regno Unito, tuttavia, si è verificato un dietrofront rispetto alle politiche climatiche. Nonostante fosse stato precedentemente un modello internazionale per la riduzione delle emissioni di CO₂, il governo britannico ha recentemente adottato un approccio graduale e pragmatico verso l’obiettivo delle zero emissioni di anidride carbonica. Questo cambiamento di rotta è stato spiegato come una necessità di pragmaticità e proporzionalità, anziché un approccio ideologico. L’Ungheria ha approvato un piano per le energie rinnovabili e il gas naturale, con l’obiettivo di ridurre le emissioni del 40% entro il 2030 e costruire centrali elettriche senza emissioni di carbonio entro il 2030.
Sfide globali nella lotta contro il cambiamento climatico
Spostandosi a livello globale, a fine 2021, è emerso che nessun Paese del G20 era in linea con gli Accordi di Parigi. Paesi come la Cina e l’India hanno rimandato i propri obiettivi climatici rispettivamente al 2060 e al 2070. Gli Stati Uniti stanno lavorando per recuperare il tempo perso durante l’amministrazione Trump, ma ciò ha richiesto un allentamento delle restrizioni e un maggiore sostegno alle politiche ambientali al fine di ottenere l’approvazione di riforme ambientali.
L’obiettivo del Patto di Parigi è chiaro: garantire che l’incremento delle temperature globali rimanga al di sotto dei 2°C entro il 2100, con l’auspicio di avvicinarsi a 1,5°C. Tuttavia, secondo il rapporto UN Emissions Gap Report 2020, nonostante una breve riduzione delle emissioni di anidride carbonica dovuta alla pandemia di COVID-19, il mondo sta ancora procedendo verso un aumento delle temperature superiore a 3°C in questo secolo. Questo si discosta notevolmente dagli obiettivi del Patto di Parigi, che mirano a limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C e a perseguire addirittura 1,5°C.
La corsa verso le emissioni nette zero: un impegno globale in crescita
Sono più di 110 i Paesi che si sono impegnati a raggiungere le emissioni nette zero in conformità con l’Accordo di Parigi. Tuttavia, alcuni di essi devono ancora mettere in atto politiche e leggi adeguate per combattere il cambiamento climatico. Il “Net Zero Tracker” dell’Energy and Climate Intelligence Unit tiene traccia dei progressi dei Paesi nella corsa verso le emissioni nette zero. Finora, pochi Paesi tra cui Benin, Bhutan, Comoros, Gabon e Suriname hanno raggiunto l’obiettivo di emissioni negative di anidride carbonica. Altri Paesi hanno adottato accordi legalmente vincolanti, proposte di legge o piani d’azione. In totale, 14 Paesi hanno impegnato risorse legali per raggiungere questi obiettivi, tra cui Svezia, Regno Unito, Francia, Danimarca, Nuova Zelanda e Ungheria.
Alcuni Paesi, come il Bhutan, ricevono più gas serra dal mondo di quanto ne emettano. Questo piccolo Paese con una popolazione prevalentemente buddista attribuisce la massima importanza alla protezione dell’ambiente. Nonostante la presenza dell’industria forestale, il Bhutan ha vietato le esportazioni di legname nel 1999 e ha stabilito che il 60% del suo territorio deve rimanere coperto da foreste in modo sostenibile. Il Suriname, coperto al 93% da foreste, assorbe più gas serra di quanto emetta. Il Paese sta affrontando sfide significative per mantenere basse le emissioni di gas serra, il che comporterà costi elevati.
Gli accordi vincolanti: Paesi in prima linea
I Paesi con accordi legalmente vincolanti stanno compiendo progressi significativi. Ad esempio la Nuova Zelanda, che mira a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050, ha adottato una legge di cambiamento climatico, con un focus sulla riduzione delle emissioni nell’agricoltura.
Questi sforzi dimostrano un crescente impegno da parte dei Paesi di tutto il mondo nella lotta contro il cambiamento climatico e nell’adozione di politiche volte a raggiungere le emissioni nette zero, contribuendo a costruire un futuro sostenibile per le prossime generazioni. Nonostante le sfide, c’è ancora speranza per mantenere l’incremento della temperatura globale entro +1,5°C rispetto all’era pre-industriale (attualmente +1,2°C). Per farlo, sarà necessario ridurre l’uso delle fonti fossili su scala globale dell’80% entro il 2050. Questa speranza è sostenuta dalla scienza, ma ora è necessario che l’umanità dimostri la sua capacità di agire con decisione per affrontare questa sfida cruciale per il futuro del pianeta. La Cop 28 a Dubai rappresenterà un’importante occasione per valutare il progresso e rafforzare l’impegno globale nella lotta contro il cambiamento climatico.