COP28, l’Italia bocciata sulle performance climatiche, crolla al 44° posto

A incidere negativamente il rallentamento nella riduzione delle emissioni climalteranti e una politica climatica nazionale giudica inadeguata contro l'emergenza

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

La COP28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è entrata nella sua seconda settimana di lavori. I delegati e i ministri dei 197 Paesi più l’Unione europea sono impegnati a trovare un accordo finale in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, in particolare quello di contenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5 gradi centigradi.

Le trattative finora hanno registrato alcuni progressi, come l’accordo per triplicare le rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. Tuttavia, si tratta di un obiettivo ambizioso, che richiederà un impegno forte da parte di tutti i Paesi. Ma vediamo cosa è accaduto nella giornata di oggi.

Italia, passo indietro nella lotta ai cambiamenti climatici

L’Italia registra un significativo passo indietro nella classifica delle performance climatiche globali, scivolando di 15 posizioni dal 29º al 44º posto rispetto all’anno precedente. Le principali ragioni di questa diminuzione includono il rallentamento nella riduzione delle emissioni climalteranti, posizionandosi al 37º posto in questa specifica classifica, e una politica climatica nazionale giudicata fortemente inadeguata per affrontare l’emergenza, piazzandosi al 58º posto. L’attuale aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede un taglio delle emissioni entro il 2030 del 40.3% rispetto al 1990, rappresentando un ulteriore passo indietro rispetto al 51% previsto dal PNRR, già considerato inadeguato. Questi dati emergono dal rapporto annuale di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, con la collaborazione di Legambiente, presentato oggi, 8 dicembre, alla Cop28 di Dubai. In cima alla classifica si confermano la Danimarca, seguita da Estonia e Filippine.

Il Climate Change Performance Index

Il Climate Change Performance Index (CCPI) è un indice che misura la performance climatica dei Paesi, valutando il loro impegno nel ridurre le emissioni di gas serra, promuovere le energie rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica.

L’indice considera le performance di 63 Paesi, a cui si aggiunge l’Unione Europea, che insieme sono responsabili di oltre il 90% delle emissioni globali.

Il CCPI si basa su quattro criteri:

  • Trend delle emissioni: il 40% dell’indice è basato sul trend delle emissioni di gas serra di un Paese, misurato come la variazione delle emissioni rispetto a un anno di riferimento
  • Sviluppo delle energie rinnovabili: il 20% dell’indice è basato sul livello di sviluppo delle energie rinnovabili, misurato come la quota di energia rinnovabile sul totale del consumo energetico
  • Sviluppo dell’efficienza energetica: il 20% dell’indice è basato sul livello di sviluppo dell’efficienza energetica, misurato come il consumo di energia pro capite
  • Politica climatica: il 20% dell’indice è basato sulla qualità della politica climatica di un Paese, misurata in base a una serie di indicatori, tra cui gli obiettivi di riduzione delle emissioni, i meccanismi di implementazione e il livello di trasparenza.

L’indice è aggiornato annualmente e viene presentato alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP).

COP28, il mondo è ancora indietro nella lotta ai cambiamenti climatici

Se l’Italia delude, l’intero bilancio globale si tinge di negatività. Anche quest’anno, nessun Paese si è guadagnato le prime posizioni nella classifica, incapace di raggiungere i livelli necessari per affrontare l’emergenza climatica e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C. Nonostante gli sforzi nello sviluppo delle energie rinnovabili, Mauro Albrizio, responsabile dell’ufficio europeo di Legambiente, sottolinea che “la corsa contro il tempo continua”: entro il 2030, le emissioni globali dovranno quasi dimezzarsi, con un particolare focus sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili.

Albrizio sottolinea l’importanza cruciale della Cop28 nel raggiungere un accordo ambizioso, prevedendo di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile, raddoppiare l’efficienza energetica e avviare immediatamente il phasing-out dei combustibili fossili. Solo attraverso queste azioni, afferma Albrizio, sarà possibile una drastica riduzione entro il 2030 dell’utilizzo di carbone, gas e petrolio, mantenendo intatto l’obiettivo di contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C.

I Paesi più inquinanti al mondo

I Paesi esportatori di combustibili fossili occupano gli ultimi posti della classifica CCPI 2023, che misura la performance climatica dei Paesi.

Gli Emirati Arabi Uniti, l’Iran e l’Arabia Saudita sono i Paesi con le peggiori performance climatiche, seguiti dalla Cina, che rimane stabile al 51esimo posto, e dagli Stati Uniti, che scendono al 57esimo posto.

La Cina, che è il maggiore emettitore globale di gas serra, continua a crescere le sue emissioni a causa del forte ricorso al carbone. Gli Stati Uniti, invece, hanno perso cinque posizioni rispetto al 2022 a causa della scarsa attuazione delle misure previste dall’Inflation Reduction Act.

Le conclusioni del rapporto CCPI 2023 sono un chiaro segnale che i Paesi esportatori di combustibili fossili devono fare molto di più per ridurre le loro emissioni e contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici.

G20 e clima: i Paesi con le peggiori performance

Solo tre Paesi, India, Germania e Unione Europea, si trovano nella parte alta della classifica CCPI 2023, che misura la performance climatica dei Paesi.

Invece, Canada, Russia, Sud Corea e Arabia Saudita sono i Paesi del G20 con le peggiori performance climatiche.

I Paesi del G20 sono responsabili di oltre la metà delle emissioni globali di gas serra. Per questo motivo, è fondamentale che questi Paesi facciano di più per ridurre le loro emissioni e contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici.

Legambiente: l’Italia può centrare l’obiettivo climatico del 65%

L’Italia può centrare l’obiettivo climatico del 65%, ma serve una drastica inversione di rotta. Secondo il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, il nostro Paese è in grado di ridurre le sue emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, grazie soprattutto al contributo dell’efficienza energetica e delle rinnovabili.

Il Paris Compatible Scenario elaborato da Climate Analytics stima che l’Italia possa raggiungere questo obiettivo con una quota di rinnovabili del 63% nel mix energetico e del 91% nel mix elettrico entro il 2030.

Per raggiungere l’obiettivo del 65%, l’Italia dovrà inoltre uscire dal carbone entro il 2025 e dal gas fossile entro il 2035. In questo modo, l’Italia sarà in grado di raggiungere la neutralità climatica già nel 2040.

Le conclusioni di Legambiente sono un chiaro segnale che l’Italia ha le potenzialità per fare la sua parte nella lotta ai cambiamenti climatici. Tuttavia, è necessario che il Governo e le imprese si impegnino a fondo per realizzare questo ambizioso obiettivo.