Buoni pasto per i lavoratori in smart working, ok all’esenzione Irpef fino a 4 o 8 euro

L'Agenzia delle Entrate conferma che per i buoni pasto erogati ai lavoratori in smart working non si deve pagare l'Irpef

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Come devono essere gestiti i buoni pasto dei dipendenti in smart working? Quale regime fiscale deve essere adottato, nel momento in cui vengono erogati? Il tema è quanto mai attuale, anche alla luce della diffusione del lavoro agile nel corso degli ultimi anni.

A fare il punto della situazione ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 9562631/2020, che ha ricordato quanto è stato disposto attraverso il Decreto n. 122/2017 del MISE. Proprio in questo documento legislativo – alla lettera c) dell’articolo 4 – viene stabilito che i buoni pasto possono essere riconosciuti ai lavoratori a tempo pieno o parziale, anche quando all’interno dell’orario di lavoro non venga prevista esplicitamente una pausa pranzo. Ma cerchiamo di entrare nel dettaglio.

Buoni pasto per tutti i lavoratori

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 9562631/2020, ha ribadito che – stando a quanto previsto dal Decreto n. 122/2017 del MISE – hanno diritto ai buoni pasto anche i lavoratori part time o a tempo pieno, anche quando l’orario di lavoro non coincide con una pausa pranzo. Nella risposta all’interpello l’AdE chiarisce che si tratta di una previsione che:

tiene conto della circostanza che la realtà lavorativa è sempre più caratterizzata da forme di lavoro flessibili.

In altre parole, la normativa fiscale attualmente in vigore non prevede ufficialmente una definizione delle prestazioni sostitutive di mensa aziendale. All’interno dell’articolo 51, comma 3, lettera c) del TUIR viene specificato che i buoni pasto entro i limiti di quattro euro, che salgono ad 8 euro per quelli elettronici, non concorrono alla formazione del reddito del dipendente.

La normativa, inoltre, non prevede alcuna limitazione all’erogazione dei buoni pasto da parte del datore di lavoro.

Lavoratori dipendenti in smart working

Proprio alla luce di queste disposizioni la DRE del Lazio ha confermato che i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito per i lavoratori dipendenti in smart working. Questo significa, in altre parole, che le agevolazioni devono essere applicate indipendentemente da dove il singolo professionista eserciti la propria attività. Purché sia un dipendente. Quindi i buoni pasto risultano essere esentasse anche per quanti siano in smart working.

Il datore di lavoro, a questo punto, non deve applicare la ritenuta d’acconto ai fini Irpef per i lavoratori in smart working ai quali vengono erogati i buoni pasto. La modalità lavorativa – in ufficio o a casa in modalità lavoro agile – non influisce direttamente sulla normativa fiscale.

A questo punto per quel che riguarda i buoni pasto – regola che sostanzialmente va in deroga a quanto previsto dalla normativa che regolamenta il reddito da lavoro dipendente – l’articolo 51 comma 2, lettera c) del TUIR stabilisce esplicitamente che:

le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29.

Cosa sono i buoni pasto e quando spettano

Anche conosciuti come Ticket Restaurant, i buoni pasto possono avere un diverso valore. Vengono acquistati direttamente dalle aziende e vengono messi a disposizione dei dipendenti. Servono, in altre parole, a coprire le spese che gli stessi devono sostenere per la pausa pranzo.

I buoni pasto, in breve, sono dei documenti che permettono di ottenere presso alcuni esercizi convenzionati con la società di emissione degli stessi la somministrazione di alimenti e bevande. O la cessione di prodotti di gastronomia che siano pronti all’uso. È bene ricordare che i buoni pasto:

  • non possono essere ceduti;
  • non sono commercializzabili;
  • non possono essere convertiti in denaro;
  • possono essere utilizzati unicamente dal titolare;
  • non è possibile cumulare i buoni pasto oltre il limite sancito dal Decreto Ministeriale 122/2017, che corrisponde ad 8 buoni pasto al giorno.

Il datore di lavoro, in alternativa ai buoni pasto, può mettere a disposizione dei dipendenti una mensa aziendale, che sia gestita in proprio o affidata in appalto a società esterne. O, in alternativa, una mensa esterna presso delle apposite strutture o un’indennità sostitutiva della mensa.

La tassazione per il dipendente

I buoni pasto vengono considerati, a tutti gli effetti, dei compensi in natura che vengono corrisposti al lavoratore dipendente. Sono sottoposti ad una tassazione Irpef in capo proprio a quest’ultimo, con una particolare franchigia. Come abbiamo visto in precedenza, i ticket restaurant non generano reddito imponibile entro i seguenti limiti massimi:

  • 4 euro per quelli in formato cartaceo;
  • 8 euro per quelli in formato elettronico.

Questo significa che i buoni pasto sono esenti da contribuzione e tassazione per un limite massimo di 4 o 8 euro al giorno. La cifra corrisponde al valore del buono stesso. Oltre questa cifra, gli importi vengono sottoposti alla regolare tassazione, si apre sia ai dipendenti in sede che per quelli in smart working.

La tassazione per le aziende

Nel momento in cui l’azienda acquista dei buoni pasto da distribuire ai dipendenti ne può detrarre il costo dalle imposte dirette: Irpef, Ires ed Irap. I costi devono essere dedotti in riferimento al periodo d’imposta nel quale il dipendente ha usufruito del buono pasto.

La circolare n. 6/E/2009 dell’Agenzia delle Entrate che specificato che:

Atteso che la fornitura dei ticket restaurant rappresenta un servizio sostitutivo di mensa, si ritiene che la limitazione della deducibilità al 75% (fissato per le spese di vitto e alloggio) non sia applicabile alle spese sostenute dal datore di lavoro per il loro acquisto. Tali spese, infatti, analogamente a quelle relative ad una convenzione con un esercizio pubblico, rappresentano il costo per l’acquirente di un servizio complesso non riconducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande.

In sintesi

Anche i lavoratori in smart working hanno diritto a ricevere i buoni pasto.

I ticket restaurant non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente nei limiti previsti dalla legge: 4 euro per quelli cartacei e 8 euro per quelli elettronici.