Questo articolo fa parte di un ciclo dedicato al referendum 2025, che ha l’obiettivo di illustrare in modo chiaro e documentato le posizioni a favore e contro i quesiti, nonché gli scenari in caso di raggiungimento del quorum. QuiFinanza mantiene una linea editoriale imparziale e si impegna a fornire un’informazione completa e obiettiva, senza sostenere alcuna posizione politica o ideologica.
Il terzo quesito del referendum chiede ai cittadini se intendano cancellare quel pezzo di Jobs Act che regola i contratti a termine, nella parte in cui si prevede la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato fino a un anno in forma “libera”, cioè senza alcun obbligo per il datore di lavoro di dover indicare l’oggetto del contratto. Per le destre, l’assenza di oggetto garantisce la flessibilità e, dunque, la possibilità per le aziende di assecondare i cicli produttivi; per le sinistre, l’assenza di motivazione nel contratto è una inesorabile spinta al precariato.
Cos’è oggi un contratto a termine
Un contratto a termine, o a tempo determinato, è un contratto di lavoro subordinato che prevede una data di scadenza prestabilita, a differenza del contratto a tempo indeterminato. La sua disciplina è regolata principalmente dal Decreto legislativo 81/2015 (Jobs Act), successivamente modificato dal Decreto Dignità (D.L. 87/2018) e, più recentemente, dal Decreto Lavoro 2023 (D.L. 48/2023, convertito nella L. 85/2023).
La durata di un contratto a termine è di 12 mesi. Aggiungendo eventuali proroghe e rinnovi si arriva a 24 mesi con lo stesso datore di lavoro, ma solo nel rispetto delle specifiche dettate dalla legislazione sul lavoro. È possibile effettuare fino a 4 proroghe all’interno del limite massimo dei 24 mesi, a condizione che riguardino la stessa attività lavorativa. Le proroghe possono essere effettuate anche senza causale, purché il contratto complessivo non superi i 12 mesi.
In caso di rinnovo, è sempre obbligatorio indicare una causale giustificativa, indipendentemente dalla durata complessiva del contratto. Inoltre, anche un contratto che supera i 12 mesi (iniziale o prorogato) richiede l’indicazione di una causale.
La causale nei contratti a termine
Oggi la causale (o motivazione oppure ancora oggetto) nei contratti a termine funziona così:
- fino a 12 mesi stipula e rinnovi in forma “libera”, cioè senza causale;
- oltre i 12 mesi con causale concordata fra le parti.
Se dovesse vincere il SÌ, si ripristinerebbe l’obbligo di causale in tutti i contratti inferiori a 1 anno. E tutti i contratti a termine potrebbero fare riferimento alle sole giustificazioni previste da leggi e contratti nazionali.
Se dovesse vincere il NO, tutto resterebbe come è oggi.
Il testo completo del terzo quesito
Di seguito il terzo quesito del referendum, per come verrà riportato sulla scheda grigia:
Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, avente ad oggetto “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” limitatamente alle seguenti parti: Articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto puo’ avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b-bis)”; comma 1-bis, limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “, in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; Articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente?”
Perché votare SÌ al terzo quesito
I fautori del SÌ al terzo quesito del referendum puntano a ristabilire un principio giuridico che in Italia, nella legislazione del lavoro, è stato in vigore dal 1962 fino alla abolizione da parte del Jobs Act del governo Renzi. Per le opposizioni si tratta, in sintesi, di ristabilire un principio costituzionale, ovvero il “matrimonio fra lavoro e libertà” (il copyright è di Federico Martelloni di Avs). E la precarizzazione spinta dalle regole nelle motivazioni dei contratti rende impossibile tale matrimonio. Il contratto a termine, dunque, va sempre giustificato a partire dalla sue motivazioni.
La questione è di strettissima attualità, viene sostenuto, dal momento che la maggior parte dei nuovi contratti in Italia riguarda quelli a termine. Giovani e donne sono le categorie più svantaggiate, sotto questo punto di vista mentre i contratti indeterminati crescono in maniera significativa solo nella fascia over 50. Per giovani e donne, invece, cresce il part time involontario, cosa che spinge queste categorie verso il lavoro povero. Il tutto mentre i salari reali precipitano.
Per le opposizioni, la modifica relativa alle motivazioni nei contratti a termine è solo il primo step contro la precarizzazione. Il contratto a tempo indeterminato, vero strumento di libertà, va stimolato tagliando i costi per il datore di lavoro, viene sostenuto.
E a chi accusa il Pd di assumere una posizione schizofrenica, introducendo il Jobs Act nel 2015 per poi puntare a modificarlo 10 anni dopo, viene risposto che:
- quello di Renzi era un altro Pd, molto più spostato al centro;
- la materia è stata ulteriormente aggravata dal Decreto Primo Maggio del governo Meloni e dunque urge una manovra correttiva.
Queste erano le posizioni del SÌ. Qui sono state trattate le ragioni del NO.
La posizione dei partiti in sintesi
I partiti di governo spingono per l’astensione in modo da far saltare il quorum.
Il Partito democratico di Elly Schlein ha annunciato cinque sì, ma la corrente riformista di Energia popolare non ritirerà la scheda del terzo quesito.
Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte vota SÌ. Vota SÌ anche Avs. +Europa dice NO al terzo quesito. Italia Viva dice NO; NO anche da Azione.
La posizione dei partiti in sintesi:
Partito | SÌ | NO | Astensione |
Centro-destra | X | ||
Pd (maggioranza) | X | ||
Pd (corrente Energia popolare) | X | ||
M5S | X | ||
Avs | X | ||
Azione | X | ||
Italia Viva | X | ||
+Europa | X |
