Ferie, la sentenza: cosa non può fare il datore di lavoro

La Corte di Cassazione stabilisce in una sentenza che il datore di lavoro non può decidere le ferie del dipendente senza tenere conto delle sue esigenze

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Il datore di lavoro non può imporre ferie forzate, ma deve tenere conto delle esigenze del dipendente. È il principio stabilito in una sentenza della Corte di Cassazione, che dispone come la prerogativa unilaterale di un’azienda di concedere il periodo di riposo dei propri impiegati, deve essere esercitata permettendo loro di organizzarsi al meglio.

La sentenza

La sezione lavoro della Suprema Corte si è espressa sul tema con l’ordinanza numero 24977/22, in merito al caso di alcuni dipendenti che avevano portato in tribunale il datore di lavoro perché aveva imposto loro le ferie in modo unilaterale, senza alcuna comunicazione diretta al personale.

Sia nel primo sia nel secondo grado il giudice aveva dato ragione agli impiegati, stabilendo che il datore di lavoro dovesse ripristinare le ore decurtate “con reintegrazione in forma specifica, non risultando allegato che tale modalità di ristoro fosse particolarmente gravosa rispetto ad un risarcimento per equivalente e non risultando alcuna duplicazione o ingiustificato arricchimento del lavoratore”.

Come avevamo spiegato qui parlando di ferie non godute, la normativa di riferimento in materia è contenuta nell’art. Articolo 2109 del Codice Civile, “Periodo di riposo” dove al primo comma viene stabilito che: “Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica”.

Al secondo comma dello stesso articolo, inoltre, viene aggiunto che, sempre per quanto riguarda il lavoratore, questo ha “anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”.

La vicenda

Secondo quanto ricostruito dalla Corte di Cassazione, alcuni lavoratori avevano appreso di essere in ferie soltanto dalla busta paga dopo aver visto indicate come ferie fruite alcune ore di cassa integrazione straordinaria.

Per gli Ermellini, il datore di lavoro deve inviare una comunicazione specifica ai dipendenti perché il solo avviso alla rappresentanza sindacale unitaria non può sostituire quella diretta ai singoli lavoratori sulla necessità di fruire delle ferie maturate prima di godere della cassa integrazione straordinaria.

Inoltre, il collocamento forzoso in ferie per due, quattro o otto ore giornaliere non sarebbe sufficiente a procurare il dovuto ristoro delle energie psico-fisiche dell’impiegato.

Nella stessa sentenza la Cassazione stabilisce però che non ci sono dubbi sul fatto che il diritto di decidere in maniera esatta il periodo delle ferie spetti al datore di lavoro, mentre al dipendente va riconosciuta la sola facoltà di indicare l’intervallo di tempo entro cui intende fruire del riposo annuale.

Come spiegano i giudici della Suprema Corte il diritto riconosciuto all’azienda di stabilire unilateralmente il periodo di riposo rientra nel potere con il quale l’impresa esercita in generale il potere organizzativo e direttivo, anche nel caso in cui ci sia un accordo sindacale o una prassi aziendale che scandisce tempi e modi della fruizione.

Ciò non toglie che, oltre a guardare alle esigenze dell’impresa, il datore di lavoro non può stabilire le ferie con decisioni che rischino di risultare vessatorie per il personale, il quale ha esigenze legittime che vanno considerate, ma deve comunicare per tempo i periodi stabiliti in modo che i dipendenti possano organizzarsi.

Coloro che, infine, non godono delle ferie durante il turno aziendale e non richiedano di usufruirne in un altro periodo, hanno diritto all’indennità sostitutiva (qui l’approfondimento di QuiFinanza sul diritto alle ferie con gli obblighi per i lavoratori).