Referendum e tutele nelle piccole imprese, perché votare NO al secondo quesito

Chi sostiene il NO al secondo quesito del referendum abrogativo intende mantenere il limite massimo di sei mesi di stipendio come risarcimento in caso di licenziamento illegittimo

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 25 Maggio 2025 07:00

Questo articolo fa parte di un ciclo dedicato al referendum 2025, che ha l’obiettivo di illustrare in modo chiaro e documentato le posizioni a favore e contro i quesiti, nonché gli scenari in caso di raggiungimento del quorum. QuiFinanza mantiene una linea editoriale imparziale e si impegna a fornire un’informazione completa e obiettiva, senza sostenere alcuna posizione politica o ideologica.

Sono le tutele per i lavoratori delle piccole e medie imprese il fulcro del secondo quesito del referendum abrogativo dell’8 e 9 giugno 2025. Si punta a eliminare il tetto massimo all’indennità per i licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti. In questo modo toccherà al giudice determinare l’importo, senza limiti prefissati per legge. Qui analizzeremo le ragioni del NO, mentre le ragioni del SÌ verranno illustrate in altra sede.

Il testo completo del secondo quesito

Di seguito il secondo quesito del referendum, per come verrà riportato sulla scheda arancione:

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro”?

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennita’ puo’ essere maggiorata fino a 10 mensilita’ per il prestatore di lavoro con anzianita’ superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilita’ per il prestatore di lavoro con anzianita’ superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa piu’ di quindici prestatori di lavoro?

Perché votare NO al secondo quesito

Se passasse il SÌ al quesito spinto dalla Cgil, il giudice, nello stabilire il risarcimento per il dipendente licenziato in maniera illegittima, potrebbe superare il tetto dei 6 mesi stabiliti dalla normativa e quantificare autonomamente un risarcimento tenendo conto di una serie di parametri (anzianità aziendale, carichi familiari, età del lavoratore, fatturato aziendale, condotta dell’azienda, eccetera). In via teorica, senza un tetto predeterminato, il giudice del lavoro potrebbe stabilire un indennizzo anche più alto rispetto alle 24/36 mensilità previste per i dipendenti delle grandi aziende.

Chi sostiene il NO si fa carico delle preoccupazioni dei datori di lavoro delle piccole e medie imprese, realtà i cui fatturati sono spesso relativamente contenuti. Un risarcimento senza un tetto prefissato potrebbe causare un danno economico considerevole a una piccola realtà lavorativa, che per tutelare i propri interessi potrebbe scegliere di andare incontro a cause lunghe e costose.

Una Pmi oggi, con il tetto prefissato, può considerare un licenziamento illegittimo come una sorta di “costo di gestione” del quale valutare pro e contro. Un risarcimento senza tetto prefissato, invece, è un’incognita. Questo può tradursi in una minore propensione ad assumere a tempo indeterminato e in una ulteriore proliferazione dei contratti a termine o in somministrazione.

Secondo i teorici del NO, se il secondo quesito del referendum superasse la prova delle urne, l’espandere i diritti dei lavoratori avrebbe come contraltare la riduzione delle garanzie per i datori di lavoro, con una pesante ricaduta su tutto il sistema produttivo del Paese.

La posizione dei partiti in sintesi

I partiti di governo spingono per l’astensione in modo da far saltare il quorum.

Il Partito democratico di Elly Schlein ha annunciato cinque sì, ma la corrente riformista di Energia popolare non ritirerà la scheda del secondo quesito.

Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte vota SÌ. Vota SÌ anche Avs+Europa dice NO al secondo quesito. Italia Viva dice NO; NO anche da Azione.

La posizione dei partiti in sintesi:

Partito NO Astensione
Centro-destra X
Pd (maggioranza) X
Pd (corrente Energia popolare) X
M5S X
Avs X
Azione X
Italia Viva X
+Europa X
Le posizioni dei partiti sui referendum dell'8 e del 9 giugno 2025: chi voterà per il SÌ e per il NO e chi invita all'astensione
Fonte: ANSA
Le posizioni dei partiti ai referendum dell’8 e del 9 giugno 2025