L’Iran “può costruire una bomba atomica in 7 giorni”: l’allarme dagli Usa

Un think tank americano segnala l'accresciuta capacità di arricchimento dell'uranio da parte di Teheran. Un programma condotto da decenni ufficialmente "per scopi civili", ma di fatto finalizzato alla fabbricazione di armi nucleari

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Da decenni l’Iran porta avanti un prepotente programma di arricchimento dell’uranio, senza però mai arrivare alla fabbricazione della bomba atomica. Oggi però questo processo sembra giunto a compimento, con grande preoccupazione del grande nemico imperiale Usa. La notizia arriva da un think tank statunitense, secondo cui Teheran è oggi in grado di produrre materiale nucleare sufficiente per un’arma atomica, “utilizzando solo una frazione del suo uranio arricchito al 60%“.

Niente male per un Paese che, dopo la Rivoluzione Islamica di Khomeini del 1979, ha rotto definitivamente i ponti con l’Occidente mantenendo però al contempo la facciata dell’arricchimento dell’uranio “solo per scopi civili”.

La capacità e il programma nucleare dell’Iran

Secondo l’Institute for Science and International Security, il programma nucleare iraniano ha registrato una decisiva accelerazione a partire da maggio 2023, arrivando per la prima volta al livello considerato di “pericolo estremo”. Sul report americano si legge che “la situazione instabile della regione offre a Teheran un’opportunità unica e una giustificazione interna amplificata per la costruzione di armi nucleari”. La manifesta capacità nucleare iraniana non giunge a caso in un momento in cui le risorse di Stati Uniti e Israele per individuare e dissuadere la potenza orientale dai suoi propositi atomici “sono ridotte all’osso“.

Stando agli analisti, i conflitti in corso “stanno portando a trascurare la minaccia nucleare iraniana in un momento in cui le capacità di Teheran di costruire armi atomiche non sono mai state così grandi“. La minaccia è stata in parte alimentata il maxi attacco sferrato da Hamas contro lo Stato ebraico il 7 ottobre e dalla successiva invasione di Gaza e dai raid compiuti da gruppi sostenuti dall’Iran, tra cui il Jihad Islamico palestinese, Hezbollah e gli Houthi dello Yemen.

Alla luce di un tale cambio di rotta, l’Istituto statunitense ha deciso di alzare il punteggio di minaccia totale a 151 su 180, rispetto al livello di 140 del maggio 2023. Vuol dire “pericolo estremo” legato al nucleare: è la prima volta che il contatore Geiger (strumento di misura delle radiazioni ionizzanti, ndr), che regola la minaccia iraniana, raggiunge una soglia del genere.

La minaccia atomica iraniana è reale? Dobbiamo preoccuparci?

Se l’Iran volesse arricchire ulteriormente il suo uranio, portandolo dal 60% fino al 90% per costruire armi, “potrebbe farlo rapidamente”. Il rapporto dell’Institute for Science and International Security certifica che Teheran “è in grado di produrre abbastanza uranio arricchito per un’arma nucleare in una settimana, utilizzando solo una frazione del suo uranio arricchito al 60%. E questa mossa potrebbe essere difficile da individuare tempestivamente per gli ispettori, nel caso in cui l’Iran adottasse misure per ritardare il loro accesso”.

L’allarme potrebbe assumere contorni ancora più ampi, secondo gli esperti. Dando fondo alle scorte rimanenti di uranio arricchito al 60% e quelle di uranio arricchito vicino al 20%, la Repubblica Islamica “potrebbe avere in totale abbastanza materiale per produrre sei bombe atomiche in un mese“. La crescita verticale del programma nucleare iraniano è avvenuta parallelamente al deterioramento dei rapporti con gli Usa, registrato soprattutto sotto la presidenza di Donald Trump attraverso politiche internazionali poco lungimiranti. Tra queste spiccano l’uscita statunitense dal Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action, l’accordo sul nucleare iraniano) e l’imposizione di un duro regime sanzionatorio noto come strategia della “massima pressione”. Risultato: peggioramento dell’economia iraniana e aumento dell’insicurezza da parte del regime, che ha puntato forte sulla deterrenza nucleare.

Di per sé, la mossa di Teheran indicherebbe tutto tranne che una programmata volontà di utilizzare armi nucleari tattiche. La stessa Aiea, nella seconda metà del 2023, aveva valutato le scorte complessive di uranio arricchito a quasi 4mila tonnellate, in calo di quasi mille tonnellate rispetto ai mesi precedenti. Segno probabile che l’elemento è stato in parte diluito. La quantità era comunque 18 volte superiore al limite autorizzato dall’accordo internazionale del 2015, che pone limiti alla produzione atomica di Teheran in cambio della revoca delle sanzioni internazionali. In particolare le scorte di uranio di Teheran non dovrebbero superare i 300 chilogrammi e l’arricchimento la soglia del 3,67%, comunque sufficiente ad alimentare una centrale nucleare.