L’Iran minaccia la risposta nucleare contro Israele (e viceversa): il rischio è reale?

Dopo l'attacco con centinaia di droni e missili, Israele vuole rispondere all'Iran minacciando di colpirne i siti nucleari. Siti che, in teoria, non dovrebbero però esistere. Come quelli israeliani, del resto

Foto di Maurizio Perriello

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La tensione fra Iran e Israele continua a salire e chiama in causa i timori di un’escalation nucleare. Una paura diffusa, com’è normale che sia, ma che deve tenere conto di vari elementi. Il primo è che sia Israele che Iran non hanno mai ufficializzato la (provata) presenza di siti o di un programma nucleari. Un altro è che l’Iran non vuole un conflitto diretto con lo Stato ebraico, come sembra aver dimostrato l’attacco “telefonato” del 13 aprile.

Poi però c’è la propaganda. Ecco che dunque Israele minaccia di colpire le capacità atomiche dell’Iran, il quale a sua volta tuona che – in caso di un’aggressione di questo tipo – prenderà di mira i siti nucleari israeliani. Insomma tutta roba che, sulla carta, non dovrebbe esistere. Ma che esiste, a quanto pare, come più o meno tutto il mondo sa. Ci aspetta davvero l’apocalisse?

Le minacce nucleari di Israele e Iran

Se davvero Israele vorrà attaccare in questo modo il suo acerrimo nemico, gli Usa hanno fatto sapere che non parteciperanno in alcun modo. Come Teheran, infatti, anche Washington non vuole l’escalation del conflitto, ma è altrettanto consapevole che Benjamin Netanyahu e la frangia più estremista del governo israeliano “decideranno da soli”. La macchina diplomatica di Usa e Ue sta però agendo su più fronti per evitare il peggio, imponendo sanzioni per isolare l’Iran soprattutto nella sua capacità di produrre droni. Ciò che è certo è che Israele è una grande potenza regionale con capacità immediata di risposta nucleare e minaccia di utilizzare tutta la sua forza contro Teheran.

Dalla sponda iraniana i toni non sono certo più accomodanti. “Se il regime sionista vuole usare la minaccia di attaccare i centri nucleari del nostro Paese, il colpo che riceveranno sarà ricordato nella storia“, fanno sapere i Pasdaran. “I centri nucleari del nemico sionista sono stati identificati e le informazioni necessarie su tutti gli obiettivi sono a nostra disposizione per rispondere a una possibile azione”, afferma il comandante del Corpo di protezione e sicurezza dei centri nucleari iraniani (quindi esistono, se qualcuno non ne fosse convinto), il generale di brigata Ahmed Haq Talab. Le Guardie della Rivoluzione Islamica minacciano poi di “riconsiderare la dottrina nucleare iraniana, se Israele minaccerà i siti”. E accusano lo Stato ebraico di essersi impegnato, già negli anni scorsi, “in attività di sabotaggio e terrorismo nel campo dell’industria nucleare del Paese. Il tutto nonostante, secondo i protocolli e gli standard internazionali e le norme e i regolamenti dell’Agenzia nucleare internazionale, a tutti i Paesi sia stato impedito di attaccare gli impianti nucleari”.

La capacità nucleare di Israele e Iran: come stanno le cose

Dopo le onde alte della propaganda, scendiamo sul fondale. E mettiamo in chiaro subito un principio utile a decodificare tutto quello che accade nei teatri di guerra e di tensione: pur essendo imperi che non si vogliono bene, l’Iran collabora con Russia e Cina nell’intento di contrastare l’Occidente, spezzando l’egemonia americana e la globalizzazione che ne rappresenta l’ossatura marittima. Un’alleanza di comodo contro un nemico comune, e non certo una comunione di idee o addirittura di ideologie. Partendo da questo punto fermo, siamo in grado di leggere meglio cosa accade nel mondo.

Per quando riguarda il nucleare, nel 2015 la Cina e la Russia hanno firmato assieme ai Paesi occidentali un accordo con l’Iran, la cui possibilità di dotarsi dell’arma atomica era causa di enormi timori. Già nel 2012 lo stesso Netanyahu, in uno storico discorso all’Onu, aveva denunciato lo spettro di una bomba nucleare iraniana con tanto di disegnino su un foglio bianco. Il tutto nonostante le 17 agenzie di intelligence Usa avevano certificato la totale mancanza di prove definitive che Teheran stesse sviluppando la bomba. Ma gli Usa, lo abbiamo visto, utilizzano una propaganda molto sofisticata, che portò ad esempio nel 2003 a giustificare l’invasione dell’Iraq basandosi sull’accusa secondo cui Saddam Hussein aveva costruito un arsenale di armi nucleari e chimiche non dichiarato. Se si guardano i dati ufficiali, ancora oggi l’Iran registra livelli di uranio arricchito al 5% troppo bassi per produrre o innescare la bomba. Per anni i servizi segreti statunitensi hanno cercato indizi o prove di un impianto di fabbricazione sotterraneo, senza successo. E in più hanno dovuto prendere atto che la Russia non avrebbe più fatto nulla per ripristinare l’accordo del 2015 con l’Iran, stracciato improvvidamente dall’allora presidente Donald Trump.

Le minacce di questi giorni lasciano però intendere che l’Iran abbia una macchina nucleare ben avviata, e che non gli serve soltanto per produrre energia rinnovabile. Israele punta così a colpire i siti atomici di Teheran. Un’operazione che andrebbe effettuata con jet F-35 e bombe “bunker buster”, ordigni da 15 tonnellate in grado di raggiungere bersagli nascosti nelle viscere di montagne, roccia e cemento armato. Bombe nucleari che, ufficialmente, Israele non possiede. L’attacco ai siti iraniani avverrebbe dunque con un cyber-attacco attraverso virus come lo Stuxnet, sviluppato nel 2009. Nell’aprile 2011 un altro malware, chiamato Stars, fu scoperto dalla cyber-difesa iraniana mentre cercata penetrare e mandare in tilt le strutture nucleari del Paese. L’anno successivo fu la volta di un altro virus, Flame. Tel Aviv ha però a disposizione un sistema missilistico nucleare, chiamato Jericho con tanto di biblico riferimento alla distruzione della città di Gerico, come confermato dal membro del Likud alla Knesset Tally Gotliv. Non solo: in barba alla cosiddetta “politica dell’ambiguità” in base alla quale non conferma né smentisce il possesso di armi atomiche, Israele avrebbe a disposizione fino a 200 testate nucleari, con la possibilità di lanciarle da aerei, sottomarini e missili.

C’è il rischio concreto di escalation nucleare?

Senza girarci troppo intorno, quando si parla di grandi potenze non si può mai essere certi di nulla. Analizzando razionalmente le probabilità di una risposta che sarebbe in gran parte irrazionale, però, possiamo giungere ad alcune conclusioni. Innanzitutto, nonostante le costanti minacce volte a spaventare l’avversario, non è possibile condurre una guerra con armi nucleari in scenari così ristretti come quello mediorientale. E, da che mondo è mondo, le armi atomiche sono proliferate per impedire le escalation definitive dei conflitti.

In soccorso ci viene, come sempre, anche la storia. Non è affatto la prima volta che volano minacce nucleari tra Israele e Iran. Negli anni scorsi il primo ha però preferito agire in altro modo contro Teheran, preferendo uccidere eminenti scienziati nucleari iraniani, come i professori universitari Masoud Ali-Mohammadi, Shahid Beheshti e Majid Shahriari. Alla fine della fiera, però, Israele si vede bene dallo scatenare la guerra nucleare perché circondato letteralmente da nemici arabi e perché incalzato dagli stanchi Usa. Allo stesso modo l’Iran non intende attaccare davvero Israele, semplicemente perché non è pronto a sostenerne lo sforzo. L’obiettivo strategico di Teheran è invece quello di impedire la normalizzazione e l’avvicinamento tra Stato ebraico e monarchie arabe, incarnato dagli Accordi di Abramo voluti e mediati da Washington.