Marco Mantovani, dall’Elba alla conquista del mondo

Fondatore e presidente di LOCMAN, Marco Mantovani racconta a QF Lifestyle i primi 35 anni di uno dei brand più rappresentativi dell'orologeria italiana di lusso.

Foto di Andrea Bertolucci

Andrea Bertolucci

Giornalista esperto di Lifestyle

Classe 1990, Andrea Bertolucci è un giornalista e autore specializzato in cultura giovanile, lifestyle, società ed economia dell’intrattenimento. La sua attività professionale lo ha avvicinato negli anni ad alcune tra le principali redazioni televisive e web nazionali. Andrea è considerato uno dei maggiori esperti di cultura Trap nel nostro Paese.

Jennifer Lopez, Sharon Stone, Nicole Kidman e Elton John sono solo alcune delle numerose star internazionali che negli anni si sono fatte fotografare con al polso un marchio di orologi prodotti nella meravigliosa e incontaminata Isola D’Elba. Si tratta di LOCMAN, un marchio che ha saputo costruire sull Made In Italy una narrazione contrapposta a quella dell’orologeria svizzera, ripercorrendo la migliore tradizione italiana e toscana.

Tecnologia, innovazione, design italiano e passione sono i principali valori su cui si basa l’identità di LOCMAN. Il concetto di lusso racchiuso negli orologi del brand non si lega a un’esclusiva soglia di prezzo, piuttosto a un valore di indipendenza, libertà e unicità.

La storia di LOCMAN è indissolubilmente legata a quella del suo fondatore e Presidente, Marco Mantovani, che QF Lifestyle ha incontrato e intervistato, ripercorrendo gli oltre 35 anni del brand, uno dei più iconici dell’orologeria di lusso.

Il settore del lusso pare aver retto al contraccolpo delle coincidenze esterne che hanno attraversato gli ultimi anni.
Ha retto piuttosto bene rispetto ad altri settori, nonostante il 2020 sia stato un anno decisamente duro, addirittura tragico dal punto di vista organizzativo. Al di là del nostro fatturato, che in questo momento è sopra a quello del 2019 e le proiezioni per quest’anno lo danno in ulteriore crescita, è tutto molto difficile in questo periodo, anche la relazione con clienti alcuni fidelizzati che in questo momento non è possibile servire.

Le va di raccontarci quando e come è nata Locman?
Locman è nata nel 1986, per iniziativa mia e di Fulvio Locci, che insieme abbiamo dato il nome a questa realtà. Inizialmente era una semplice società che si occupava di servizi di design conto terzi. Ai tempi, mio padre vendeva pellami e io avevo disegnato  – insieme a questo mio amico – una linea di pelletteria, nella quale vi erano anche dei cinturini per orologi: ci piacevano a tal punto che andammo alla fiera di Basilea per mostrarli ai grossi marchi di orologi. Ai tempi non c’era ancora un design specifico sul cinturino, che oggi è diventato invece un accessorio molto importante dell’orologio. Questo prodotto ci ha fatto scoprire il bellissimo mondo dell’orologeria che – anche se in pochi lo sanno – è sempre stato molto legato all’Italia: la maggior parte delle marche erano italiane anche se avevano sede in Svizzera e in Italia si faceva un enorme lavoro conto terzi anche per i marchi svizzeri. Da quel momento siamo diventati pian piano consulenti di design d’orologeria, fin quando abbiamo deciso di produrre un orologio che piacesse in primis a noi. Questo venne notato da uno dei nostri clienti più importanti che era Carlo Crocco, ex proprietario di Hublot, il quale decise di prendere la distribuzione in tutto il mondo invogliandoci a produrlo in modo sistematico. Questa fu per noi una svolta e ci fece conoscere anche al mercato internazionale, non solo quello dei professionisti del settore.

Come mai, secondo lei, la percezione dell’orologeria è legato più alla Svizzera che all’Italia?
Tra le tantissime cose che l’Italia ha fatto è proprio aver fatto finta di dimenticarsi di questo. Nella Divina Commedia c’era già una primissima testimonianza: Dante, che era un grande appassionato di orologi, ne descrive in più punti il funzionamento, in particolare degli svegliatori monastici, quegli orologi meccanici che si usavano per scandire il tempo della messa. Anche Brunelleschi è stato – ai tempi – un famosissimo orologiaio, per non dimenticarsi di Leonardo Da Vinci o Galileo Galilei. L’orologeria è nata in Italia grazie a questo genere di personaggi, ci sono quadri bellissimi di Botticelli che mostra l’orologio come segno di distinzione e di cultura straordinari. Nei secoli, l’orologeria si è allargata un po’ a tutta Europa e in particolare in Svizzera è nato un comparto straordinario di produzione e di competenze, molto spesso guidato proprio dagli italiani.

Locman ha invece deciso di puntare orgogliosamente sul Made In Italy.
Quando è nata Locman, la filiera produttiva dell’orologeria in Italia era ancora straordinariamente ricca. Gli Svizzeri avevano tenuto molto a industrializzare la parte relativa ai movimenti meccanici. In Italia c’era una sola grande realtà – Oisa – che come tutte le aziende ebbe un momento di crisi alla fine degli anni ’70 quando arrivarono i movimenti al quarzo. In quel momento, l’orologeria cambiò completamente: i movimenti al quarzo diventarono all’inizio una moda, ma poi si capì che la cultura dell’orologeria meccanica continuava ad avere un fascino straordinario per un pubblico di più alto livello e ci fu un rilancio di questo tipo di prodotti. Gli Svizzeri cavalcarono bene questo momento di rilancio: con il favore delle banche, un imprenditore visionario decise di compare il maggior numero di marchi possibili proprio per rilanciarli sotto questa egida dell’orologeria meccanica svizzera.

È un po’ quello che sta succedendo oggi con gli orologi smart e quelli a carica elettrica?
Secondo me sì. Quando tutte le grandi case si sono lanciate sull’orologeria smart, avevano focalizzato i piani marketing sui giovani. In realtà hanno venduto una marea di questi orologi, ma a persone di una certa età che volevano controllare prestazioni e percorsi, portando un segno distintivo di tecnologia moderna al polso. Il giovane in realtà ha avuto una reazione diversa, soprattutto nei mercati come quello del nostro Paese: ha iniziato ad appassionarsi all’orologio del nonno. Nonostante abbia in tasca il telefono più aggiornato e tecnologico, sull’orologio vuole sentirsi a casa, vuole un calore che deriva da linee diverse.

Parliamo dell’Isola d’Elba, terreno di grande ispirazione per Locman. Come mai dopo quarant’anni la sede è rimasta lì, nonostante anche Milano sia diventata una città di riferimento?
All’Elba ho avuto la fortuna di nascere e sono fortemente innamorato di quest’isola, nella quale vi è una natura ancora incontaminata. C’è un clima comunque ospitale per quasi tutto l’anno, è una dimensione magica nella quale si può venire in vacanza ma anche viverci e lavorarci. Nonostante io abbia vissuto anche a Milano, appena ho potuto sono tornato qui: sono convinto che l’Elba possa essere davvero un modello.

In che modo i valori sostenibili di Locman si legano a quelli di Elba 2035?
L’orologeria è un mestiere sostanzialmente artigianale, nel quale l’impatto industriale non ha comunque degli aspetti particolarmente invasivi o inquinanti. Elba 2035 è un iniziativa volta a far comprendere agli elbani in primis, ma anche alle persone che provengono da fuori, che c’è la possibilità di creare una forte sintonia tra lavoro e ambiente, tra industria e natura. Nel nostro caso, oltre ad essere una società ad emissioni zero, è bello che vi sia comunque uno scambio tra Milano e l’Elba, la prima proiettata verso l’industria e il design, la seconda perfetta per affondare le radici.

Prima di salutarci, vorrei aprire il capitolo delle collaborazioni di Locman, penso ad esempio a quella con Ducati che va avanti ormai da un po’ di anni. Ce ne sono altre in vista?
Fin dall’inizio Locman ha fatto design per marchi terzi e ci siamo successivamente alleati a una società di nome Genesi che si occupa proprio di private label. Da quel momento, siamo andati a proporre a vari brand direttamente il prodotto finale, non solo il design. E così è nato un nostro importante asse di business, che tuttora continuiamo a portare avanti ma che ci lega generalmente ad un patto di riservatezza. C’è però anche una via di mezzo, che è quella delle partnership: tengo ad esempio a menzionare quella con enti istituzionali, abbiamo lavorato tantissimo con il Governo Italiano e tuttora ci lavoriamo. Penso ai regali diplomatici del Ministero, delle Forze Armate, abbiamo sviluppato prodotti con il marchio della Marina, dell’Aereonautica, con le quali abbiamo fatto tantissime cose. La collaborazione con Ducati – invece – è sicuramente un fiore all’occhiello ma anche un modo che abbiamo per imparare. Il bello del lavoro con Ducati è che ci si confronta con persone che fanno un mestiere che sembra molto diverso dal nostro, ma ha moltissime affinità: anche noi nel nostro piccolo dobbiamo mettere un motore dentro una carrozzeria. Semplicemente, lo facciamo con misure un po’ diverse dalle loro. (ride)

Che orologio porta al polso in questo momento?
In questo momento sto testando il nuovo Mare al carbonio. Locman è sempre stata attenta all’innovazione sui materiali: nel 2003, alla Fiera di Basilea, abbiamo presentato la prima cassa in fibra di carbonio al mondo. Oggi, vent’anni dopo, usciamo sul mercato con una collezione di orologi interamente con cassa in fibra di carbonio, applicato al modello Mare, una delle nostre punte di diamante.