Dopo il taglio delle tasse il Governo vuole il salario minimo: di che cifre stiamo parlando

Sul tavolo pensioni e Irpef, ma il Movimento 5 Stelle con il ministro del lavoro Catalfo pensano già a un altro cavallo di battaglia: il salario minimo

Dopo il taglio delle tasse ottenuto grazie all’intervento sul cuneo fiscale, e nel giorno delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria che fanno tremare la maggioranza, ecco che la quota “gialla” al Governo passa a un altro cavallo di battaglia storico del Movimento 5 Stelle: il salario minimo.

La nuova priorità del ministro Catalfo

Domani il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo aprirà un confronto con in sindacati sul tema della riforma delle pensioni, dove si parlerà di flessibilità in uscita e garanzie per i giovani, per non arrivare impreparati nel 2010 ed evitare lo scalone da 62 a 67 anni con la fine di Quota 100. Ma proverà a mettere sul tavolo anche il tema del salario minimo.

“È uno dei temi prioritari all’interno del M5s. Ovviamente, come ministra del Lavoro credo che sia una priorità e un’esigenza su cui intervenire” ha detto Catalfo intervenendo a Milano alla presentazione del libro “Basta salari da fame” di Marta e Simone Fana. “Credo, inoltre, che ci siano tutte le possibilità in questa maggioranza, che sente molto questa tema, di portare a casa una norma importante. Sono fiduciosa che possiamo farlo, così come abbiamo fatto coi riders”.

Una riforma che, continua, in breve tempo possa tutelare i lavoratori italiani ma anche l’economia e le imprese italiane, “perché non è che abbassando i salari si aiutino le imprese a vivere meglio. Sono piccoli interventi, neanche tanto piccoli, che però ci aiutano a far progredire il Paese, dal decreto dignità a una forma di sostegno al reddito”.

Mentre il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dovrà portare a casa, entro fine aprile, la riforma dell’Irpef, la quota grillina al Governo si troverà dunque impegnata a garantire a quei “5 milioni di lavoratori poveri” che hanno “retribuzioni troppo basse” un salario minimo.

Di quanto sarebbe il salario minimo

Stando ai rapporti di lavoro del 2017 del settore privato, l’Inps stima che il numero medio di rapporti di lavoro sotto la soglia minima dei 9 euro sia pari circa a 4,3 milioni su un totale di 14,9 milioni di rapporti di lavoro: cioè il 28,9% si colloca sotto la soglia minima.

L’importo complessivo delle retribuzioni lorde sotto la soglia minima, considerando anche la 13esima mensilità, è pari a 9 miliardi e 700 milioni, che corrisponde a 2,3% del totale dei salari. Per i soli dipendenti delle aziende private non agricole, l’incidenza dei rapporti di lavoro sotto la fatidica soglia scende al 25,9%, per retribuzioni complessive pari a 7,5 miliardi.

L’incidenza dei rapporti di lavoro sotto la soglia dei 9 euro è poi inversamente proporzionale alla dimensione aziendale, cioè cresce al diminuire della dimensione: nelle aziende di piccole dimensioni, fino a 9 addetti, i rapporti di lavoro al di sotto della soglia minima sono pari al 38% del totale, rispetto ad una media del 26%. I settori messi peggio sono quelli del noleggio, le agenzie di viaggio, i servizi alle imprese, ma anche il manifatturiero, i servizi di alloggio e ristorazione, i lavoratori domestici e gli operai agricoli.

Quanto costerebbe

Secondo le stime del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, l’introduzione di un salario minimo legale di 9 euro comporterebbe costi di 17,5 miliardi di euro per le imprese. Cosa che andrebbe a vanificare, secondo alcuni, i benefici del taglio del cuneo fiscale.

Costo che somma quelli indiretti per 4 milioni di lavoratori pari a 5,5 miliardi di euro (includendo 1 milione di operatori agricoli, colf e badanti, non considerati nella stima dell’Istat di 4,3 miliardi di euro di costi) e quelli indiretti di 12 miliardi per l’adeguamento dei livelli di inquadramento dei lavoratori sopra la soglia.

Anche l’Ue di Von Der Leyen lo vuole

E in Europa come stanno le cose? La Commissione europea guidata da Ursula Von Der Leyen ha posto il salario minimo tra le sue priorità proprio in quei Paesi Ue dove non c’è, come l’Italia. Il nostro Paese, insieme a Danimarca, Finlandia, Svezia, Austria e Cipro, è tra i pochi Paesi Ue a non godere di un salario minimo.

Se andasse in porto l’impostazione valutata inizialmente, con una percentuale uguale al 60% della retribuzione media mensile di ciascun Paese per tutti i Paesi Ue, per noi la soglia mensile sarebbe fissata attorno ai 950 euro lordi, essendo la media nazionale pari a 1.570 euro.

Non a tutti piace però la proposta targata Von Der Leyen, sia perché va tenuto conto della disparità media di salario tra un Paese e l’altro, sia perché incide anche il costo della vita, sicuramente con importanti differenze tra un Paese e l’altro.