Addio per sempre al salario minimo: la mossa della maggioranza

L'ipotesi di salario minimo sparisce per sempre: un emendamento della maggioranza sgonfia le speranze delle opposizioni. Il testo delega il governo a emanare decreti in materia

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

La maggioranza silura il salario minimo con un emendamento depositato in commissione Lavoro. Addio alla proposta di Pd, M5S, Azione, +Europa e Avs di portare la paga minima oraria a 9 euro per i lavoratori poveri. Il testo ha l’obiettivo di trasformare la proposta di legge sottoscritta dall’opposizione in una delega al governo affinché intervenga con suo provvedimento.

Salario Minimo: verso una delega al governo Meloni

Il governo verrebbe così chiamato a “garantire l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione rafforzando la contrattazione collettiva e stabilendo i criteri che riconoscano l’applicazione dei trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati”.

Quando a suo tempo le opposizioni, con Giuseppe Conte ed Elly Schlein in testa, invocarono a gran voce l’introduzione del salario minimo in Italia, Giorgia Meloni replicò che per lei la via maestra era un’altra, quella della contrattazione collettiva.
Poi la premier passò la palla al Cnel per chiedere un parere sul salario minimo. L’organo consultivo dello Stato si espresse uniformandosi di fatto alle posizioni dell’esecutivo e respingendo l’ipotesi di introdurre il salario minimo per legge.

Ora l’emendamento della maggioranza prevede che sia il governo ad “adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”, uno o più decreti legislativi volti a intervenire in materia. Lo scopo è quello di eliminare dal dibattito la proposta del centrosinistra per sostituirla con quella del governo.

“Per noi il ragionamento è molto più ampio del salario minimo legale fissato per legge. Abbiamo sempre detto che c’è un tema di salario dignitoso”, spiega la ministra Elvira Calderone a margine degli stati generali del lavoro di FdI. “Fare un ragionamento su un’equa retribuzione – aggiunge – significa anche tener conto che, nell’ambito della contrattazione collettiva, il valore della restituzione in termini orari di un importo è data da tutta una serie di fattori”.

Il governo ha respinto il salario minimo per legge anche per il timore che esso mandasse fuori mercato gli imprenditori, soprattutto i piccoli esercenti.

Secondo quanto prescritto dall’emendamento, “per ciascun contratto scaduto e non rinnovato entro i termini previsti dalle parti sociali” e per i settori “nei quali manca una contrattazione di riferimento”, va previsto l‘intervento diretto del ministero del Lavoro con il fine di adottare le misure necessarie a valere sui soli trattamenti economici minimi complessivi, tenendo conto delle peculiarità delle categorie di riferimento e considerando i trattamenti economici minimi complessivi previsti da contratti collettivi più applicati vigenti in settori affini”.

Opposizioni all’attacco sul salario minino

Protestano le opposizioni, che parlano di un “colpo di mano”, per utilizzare le parole del capogruppo dem in commissione Lavoro Arturo Scotto. “Si trasforma una legge delle opposizioni in una delega al Governo. Dove di salario minimo non c’è traccia e si apre pericolosamente al principio delle gabbie salariali. La nostra opposizione sarà durissima. Ancora una volta il Parlamento verrà mortificato e ridotto a un soprammobile”, argomenta.
Il governo, “dopo aver buttato la palla in tribuna, la sgonfierà. Umilierà il Parlamento passando al decreto legislativo per prendere tempo e sfiammare l’onda che si è levata in tutto il Paese”, commenta Giuseppe Conte. A Palazzo Chigi, aggiunge, “hanno letto i sondaggi, hanno visto che stiamo raccogliendo le firme e si sono ingegnati passando dal Cnel e a espedienti normativi come il decreto legislativo per allontanare una norma di civiltà”.

Si prevede ora un braccio di ferro in commissione Lavoro, dove la prossima settimana si procederà a votare il testo. Pd, M5S, Azione, +Europa e Avs hanno presentato un loro contro-emendamento.