I docenti precari sono assunti con contratto a termine e, proprio per questo, subiscono il problema della mancanza di continuità lavorativa. Rapporti di pochi mesi, senza alcuna garanzia di rinnovo per l’anno successivo, non permettono di costruire il proprio futuro economico con fiducia. Anche chi riprende a lavorare spesso lo fa in una scuola diversa o in un’altra provincia.
Manca il pacchetto di tutele previsto per i contratti stabili. Ma, come ha specificato la Cassazione in una decisione di pochi giorni fa, è comunque dovuta e non può essere negata l’indennità nel caso di ferie non godute, salvo specifiche eccezioni. Vediamo nel dettaglio cosa hanno detto i giudici di piazza Cavour, ribadendo questo diritto dei precari dell’insegnamento.
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Le ferie non godute vanno monetizzate
L’ordinanza n. 11968 di quest’anno è chiara e arriva proprio a ridosso del 30 giugno, giorno di scadenza di migliaia di contratti a termine nella scuola pubblica italiana.
I docenti impiegati fino al termine delle attività didattiche possono quindi beneficiare di quanto stabilito dalla Corte: senza un formale invito a fruire dei giorni di ferie maturati, il dipendente, pur precario e non stabilizzato, ha diritto all’indennità sostitutiva del riposo non goduto.
Nel caso che ha portato alla decisione, due docenti precari avevano agito in giudizio contro il Ministero per far accertare il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute alla cessazione dell’incarico.
In primo grado il tribunale aveva accolto il ricorso. In appello, invece, la Corte aveva respinto la domanda.
Il nuovo ribaltamento in Cassazione ha dato definitivamente ragione agli insegnanti, bocciando la tesi ministeriale secondo cui le ferie non godute andrebbero perse automaticamente, in base alla normativa vigente.
In particolare, i giudici hanno spiegato che il diritto all’indennità sostitutiva non può essere negato dal datore di lavoro pubblico, a meno che quest’ultimo non dimostri in giudizio di aver adempiuto a due obblighi nei confronti dell’insegnante precario:
- fornire un’informazione chiara e tempestiva sulla possibilità di utilizzare le ferie durante il periodo di sospensione delle lezioni, compatibilmente con il calendario scolastico;
- comunicare le conseguenze del mancato godimento – ossia che, in assenza di una richiesta esplicita, i giorni di ferie non saranno monetizzati e saranno quindi perduti.
La Cassazione ha anche sottolineato che è l’amministrazione scolastica a dover provare di aver adempiuto a questi obblighi. Pertanto, l’indennità per ferie non godute spetta al docente precario, salvo che la scuola dimostri di averlo inutilmente invitato a fruirne, avvisandolo espressamente della perdita del diritto alle ferie e all’indennità.
L’onere della prova ricade sul datore di lavoro
In caso di controversia giudiziaria tra docente e datore di lavoro, sarà il giudice a dover valutare se sia stato effettivamente consentito l’esercizio del diritto al riposo.
La decisione n. 11968 suggerisce inoltre che è possibile e opportuno ricorrere in giudizio per ottenere la monetizzazione delle ferie non godute, anche per importi arretrati relativi a più anni scolastici.
La liquidazione spetta quando la durata del contratto non consente la fruizione delle ferie, calcolando la differenza tra i giorni maturati e quelli teoricamente usufruibili, detraendo eventualmente quelli già goduti.
La pronuncia della Cassazione non solo conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato, ma è anche in linea con quanto previsto a livello europeo dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE e dall’art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che qualificano le ferie come diritto sociale fondamentale.
Le ferie imposte d’ufficio sono illegittime
Un altro punto rilevante riguarda la prassi, giudicata illegittima, di mettere in ferie d’ufficio i docenti precari nei periodi di sospensione delle lezioni (ad esempio durante le vacanze natalizie o pasquali).
La Corte Suprema ha chiarito che il Ccnl Scuola stabilisce che la fruizione delle ferie nei periodi di sospensione non è obbligatoria per i docenti a termine.
Come affermato nella decisione:
Diversamente dal personale di ruolo, il personale docente a termine non è tenuto a chiedere le ferie né può esservi collocato d’ufficio durante il periodo dell’anno scolastico in cui, secondo il calendario regionale, si svolgono le lezioni. Le ferie non godute vengono liquidate alla cessazione del rapporto a termine.
Si conferma quindi il principio per cui l’amministrazione scolastica non solo può, ma deve liquidare l’indennità sostitutiva ai docenti che, per ragioni oggettive, non hanno potuto godere delle ferie maturate. Viene così superata la prassi secondo cui gli istituti scolastici decurtano automaticamente i giorni di ferie fruibili.
Cosa può fare il professore precario se non riceve l’indennità
Grazie a una giurisprudenza ormai costante (si veda, ad esempio, Cass. 16715/2024), la Corte ha aperto la strada a numerosi ricorsi da parte dei docenti precari che abbiano avuto almeno un contratto di supplenza fino al 30 giugno negli ultimi dieci anni.
Il diritto all’indennità sostitutiva è irrinunciabile e spetta anche ai docenti non stabilizzati, anzi, a maggior ragione a loro, in quanto privi di un rapporto lavorativo duraturo.
L’art. 7 della direttiva europea prevede che il periodo minimo di ferie annuali retribuite non possa essere sostituito da un’indennità economica, salvo in caso di cessazione del rapporto o, come visto, in assenza di adeguata informazione o invito a fruirne.
Il tema delle ferie è spesso oggetto di contenzioso (si pensi ai casi di ferie durante la malattia o al posto dei permessi 104), ma il docente non può essere penalizzato per non averle richieste tempestivamente.
Qualora gli venga negata l’indennità, potrà agire in giudizio per ottenere quanto gli spetta.
Alla luce della consolidata giurisprudenza nazionale e del parallelo orientamento della Corte di Giustizia Ue, l’esito del procedimento non potrà che confermare quanto stabilito dalla decisione 11968/2025 della Cassazione.