Carne coltivata, la Commissione europea blocca il ddl Lollobrigida: cosa cambia

La legge italiana contro la carne coltivata è stata respinta dalla Commissione Ue: le sfide legali in corso tra procedura Tris e meat sounding

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

L’avanzata del disegno di legge Lollobrigida, finalizzato a vietare la produzione e la vendita di carne coltivata in laboratorio in Italia, è stata bloccata dalla Commissione europea. La norma, promossa dal ministro dell’Agricoltura, ha ricevuto un giudizio negativo, in quanto ritenuta non idonea per l’approvazione a livello europeo. La legge, oltre a vietare la carne coltivata, introduceva una disposizione particolare, vietando l’uso di denominazioni riferite alla carne o ai prodotti a base di carne per alimenti a base vegetale, conosciuto come “meat sounding”.

La Commissione Ue ha bloccato il ddl Lollobrigida sulla carne coltivata

Cosa è successo nello specifico? Il disegno di legge Lollobrigida è approdato alle Camere a metà dicembre e successivamente è stato firmato dal presidente Mattarella. A questo punto, è stato inviato all’Unione Europea per essere sottoposto a una “valutazione”, e, nonostante la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, non ha mai potuto entrare in vigore a causa del vincolo imposto dal consenso europeo. In poche righe, in una nota datata 29 gennaio, la Commissione europea ha comunicato al governo italiano l’archiviazione anticipata della notifica relativa alla legge che proibisce la “carne sintetica”. La ragione di questa archiviazione sta nel fatto che il testo è stato adottato dallo stato membro prima della conclusione del periodo di sospensione, come stabilito dalle direttive europee. Di conseguenza, il Berlaymont ha invitato Roma a fornire informazioni sull’evolversi della situazione.

La Commissione europea, dunque, ha comunicato al governo italiano l’archiviazione della notifica, richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale sottolinea che una legge approvata in violazione della procedura Tris ( procedimento che mira a prevenire l’insorgenza di ostacoli nel mercato interno prima che si concretizzino) è inapplicabile. In particolare, è stata citata un’importante sentenza del 30 aprile 1996, nota come “CIA-Security”, secondo la quale una disposizione nazionale non notificata nell’ambito della “procedura 98/34” può essere dichiarata inapplicabile dai tribunali nazionali. Si delinea quindi uno scontro tra la legislazione italiana e i dettami dell’Unione europea, basato su aspetti procedurali e giuridici.

La replica di Lollobrigida sul blocco del suo ddl sulla carne coltivata

La replica di Lollobrigida non si è fatta attendere. Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha dichiarato infatti: “La Commissione europea ha chiuso la procedura Tris, avviata a seguito della notifica della legge sulla carne coltivata. La chiusura comporta che sia stata definitivamente accertata, da parte della Commissione europea, la compatibilità della legge con i principi del diritto dell’Ue in tema di mercato interno. Diversamente, la Commissione avrebbe proceduto con un parere circostanziato, a prescindere dalle modalità di notifica. Non ci sarà pertanto nessuna procedura di infrazione, né richiesta all’Italia di abrogare la legge. La Commissione chiede solo di essere informata sull’applicazione della legge da parte dei giudici nazionali. Come per tutti i provvedimenti che entrano in vigore in Italia, spetta ai giudici nazionali, in sede di applicazione, l’ulteriore vaglio di compatibilità con il diritto unionale”.

La procedura Tris, non rispettata dall’Italia, assume un ruolo chiave in questo scenario. Poiché il divieto del governo sulla vendita e produzione di carne coltivata può ostacolare il mercato comunitario, secondo quanto previsto dalla procedura Tris, l’Italia avrebbe dovuto aspettare il parere della Commissione europea e degli stati membri prima di adottare la legge. L’omissione di questo passaggio ha portato alla richiesta della Commissione, cioè quella che l’Italia fornisca chiarimenti in merito.

Il nodo della procedura Tris nel blocco del suo ddl sulla carne coltivata

Inizialmente, il governo italiano aveva notificato la legge nei tempi previsti. Tuttavia, a ottobre, Lollobrigida aveva richiesto il ritiro della notifica Tris alla Commissione europea. Motivando la decisione con la discussione parlamentare in corso e le potenziali modifiche che il testo legislativo avrebbe potuto subire. L’invito a ritirare la notifica Tris era accompagnato dall’assicurazione che questa sarebbe stata rinotificata all’esito dell’approvazione parlamentare.

La procedura Tris, dunque, si è rivelata un passo cruciale nel percorso della legge, con ripercussioni che potrebbero andare oltre i confini nazionali. La lettera della Commissione europea all’Italia sottolinea che il testo della legge è stato adottato dallo Stato membro prima della fine del periodo di sospensione previsto dall’articolo 6 della direttiva Tris (UE) 2015/1535. La Commissione invita, pertanto, lo Stato membro a informarla del seguito dato, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia. Questa comunicazione rafforza l’importanza della procedura Tris nella valutazione e notifica delle leggi nazionali all’Unione europea, sottolineando la necessità di rispettare i tempi e le procedure stabilite.

Anche il ‘meat sounding’ entra nella questione della carne coltivata

Il ‘meat sounding’, ovvero il divieto di utilizzare denominazioni riferite alla carne per alimenti a base vegetale, rappresenta un ulteriore nodo nella vicenda. Il divieto, oltre a confrontarsi con le problematiche procedurali legate alla violazione della procedura Tris, potrebbe essere oggetto di una decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea. Quest’ultima è chiamata a pronunciarsi su una legge francese simile a quella italiana.

Il Conseil d’État di Parigi ha sottoposto alla Corte due questioni pregiudiziali: gli Stati membri hanno il diritto di introdurre divieti che incidono sulla commercializzazione delle merci tramite leggi nazionali che intervengono su materie prive di regole armonizzate? Se sì, il decreto francese nella sua forma attuale sarebbe proporzionato al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato di trasparenza nell’informazione ai consumatori? La decisione della Corte di  giustizia Ue su questa normativa francese potrebbe influire direttamente sulla legge Lollobrigida, complicando ulteriormente la situazione.

La posizione del Think tank Good Food Institute sul blocco del ddl sulla carne coltivata

Cosa succederà ora? Dopo il respingimento da parte della Commissione europea, è possibile che si proceda con una procedura d’infrazione contro l’Italia. Anche in assenza di questa procedura, il governo italiano sarà chiamato a intervenire per correggere la legge, poiché i motivi per contestarla sono molteplici e preoccupanti, secondo il think tank Good Food Institute, rete internazionale di organizzazioni che lavorano per accelerare l’innovazione delle proteine ​​alternative. Francesca Gallelli, consulente per le relazioni istituzionali del Good Food Institute Europe, ha dichiarato: “Fin dall’inizio il Good Food Institute ha segnalato la violazione italiana, finalizzata ad adottare la legge il più presto possibile, senza rallentamenti derivanti dalla procedura Tris.

Come sottolineato dalla Commissione però, con questa mossa, l’Italia potrebbe essersi affrettata ad adottare una legge inapplicabile. Il Governo dovrebbe ora utilizzare questa finestra per un cambio di rotta. In Europa, la scorsa settimana, ha chiesto alla Commissione europea di svolgere delle consultazioni trasparenti e basate sulle evidenze scientifiche sulla carne coltivata. Lo stesso deve avvenire in Italia – questa volta prima di adottare un divieto non proporzionale e ingiustificato”.