Superbonus, occhio al codice fiscale: le sanzioni in caso di errore

Quali sanzioni sono previste nel caso in cui ci siano degli errori nelle fatture messe per i lavori eseguiti per beneficiare delle agevolazioni del superbonus

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quali sono le conseguenze di una fattura errata relativa ad un qualsiasi intervento legato al superbonus? Cosa succede se ci sono degli errori nei calcoli relativi alle operazioni di cessione del credito o di sconto? A determinare gli importi delle sanzioni relative a delle fatture per il superbonus è la natura del credito che viene portato in compensazione: la sanzione è pari al 30% nel caso in cui il credito non spetti, importo che sale al 200% per il credito inesistente.

A dare dei chiarimenti dettagliati e precisi sull’entità delle sanzioni sulle fatture relative ai lavori connessi al superbonus è l’Agenzia delle Entrate, che ha fornito dei preziosi chiarimenti attraverso la risposta all’interpello n. 348 del 14 giugno 2023. Ma cerchiamo di entrare nel dettaglio e vediamo quali siano le conseguenze per i contribuenti.

Superbonus, le sanzioni sulle fatture

Nel caso in cui dovessero esserci degli errori sulle fatture relative alle spese sostenute per il superbonus, quali sono le sanzioni a cui vanno incontro i contribuenti? A fornire dei chiarimenti in questo senso è la risposta all’interpello n. 348 del 14 giugno 2023 dell’Agenzia delle Entrate.

L’importo delle sanzioni è determinato dal tipo di credito che viene generato dal documento. Nel caso in cui il credito risulti essere non spettante, la sanzione ammonta al 30% del credito utilizzato in compensazione. Se, invece, il credito risulta essere inesistente, la sanzione raggiunge quota 200%.

In che cosa consiste il credito insistente? Viene definito tale quello per il quale in tutto o in parte manca il presupposto costitutivo. E se, inoltre, non risulta essere riscontrabile attraverso i calcoli automatizzati o formali previsti direttamente dagli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600 del 29 settembre 1973 e dell’articolo 54-bis del cosiddetto Decreto Iva.

Errori nella cessione del credito

L’Agenzia delle Entrate, attraverso la già citata risposta all’interpello n. 348 del 14 giugno 2023, ha fornito dei chiarimenti dettagliati sulle sanzioni che devono essere versate nel caso in cui siano stati commessi degli errori relativi a delle fatture, le quali siano state oggetto di cessione del credito del superbonus.

A fornire uno spunto preciso e dettagliato è stata un’impresa, che ha provveduto ad utilizzare i crediti che sono derivati dallo sconto in fattura, che erano relativi a spese per degli interventi svolti per un condominio. Andando ad analizzare la situazione nello specifico, l’impresa aveva emesso due fatture – una nel corso del mese di dicembre 2021 e la seconda nel mese di novembre 2022 – verso un codice fiscale errato. Successivamente ha provveduto a portare in compensazione l’importo ricevuto il 16 febbraio 2022.

Una volta riscontrato l’errore, l’azienda ha provveduto ad annullare l’operazione e ha emesso due note di variazione in diminuzione a storno delle fatture che erano errate. Successivamente ha provveduto a riemettere le fatture con il codice fiscale corretto. L’azienda ha quindi provveduto ad effettuare una nuova comunicazione di sconto in fattura per ogni tipologia di intervento, senza provvedere ad effettuare la suddivisione in SAL, dato che nel frattempo i lavori erano stati portati a termine.

L’istante, quindi, ha chiesto direttamente all’Agenzia delle Entrate quale sia la corretta sanzione che deve essere versata. La risposta dell’AdE ha fornito i chiarimenti, riepilogando la normativa di riferimento.

Le corrette sanzioni da versare

L’Agenzia delle Entrate ha provveduto ad effettuare una carrellata di norme sulla materia. La prima che è stata richiamata è l’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 471 del 18 dicembre 1997, attraverso il quale è stato stabilito che la sanzione:

  • è pari al 30% del credito utilizzato, nel caso in cui sia stato utilizzato un’eccedenza superiore a quella che realmente spettava;
  • è pari al 200% del credito utilizzato, nel caso in cui ci siano dei crediti inesistenti.

A questo punto, per comprendere quale sia l’importo che un contribuente deve versare, è necessario andare a definire cosa si intenda per credito inesistente e quando si venga a costituire il cosiddetto credito non spettante, che è, in estrema sintesi, il suo contrario. A determinare i due ti di credito è la risoluzione n. 36 dell’8 maggio 2018 dell’Agenzia delle Entrate, nella quale si spiega che:

Il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’art. 54 bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Il concetto stesso di esistenza del credito da utilizzare in compensazione, costituisce a tutti gli effetti un’ulteriore condizione rispetto a quella dell’esistenza sostanziale. Come è stato spiegato in precedenza, il credito viene considerato inesistente in presenza dei seguenti requisiti:

  • manca il presupposto costitutivo. Il credito non emerge, in alcun modo, dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente;
  • la sua esistenza non è riscontrabile a seguito di eventuali controlli automatizzati o formali.

Viene considerato inesistente il credito che è strettamente collegato ad una situazione non reale, che ha delle connotazioni di fraudolenza.

Il caso preso in esame

Ma andiamo a vedere quale sia stata la risposta al contribuente sul caso preso in esame e dal quale è emersa la risposta dell’Agenzia delle Entrate. L’errore dell’indicazione del codice fiscale del cedente è considerato, a tutti gli effetti un errore sostanziale, per il quale è possibile procedere con l’annullamento della comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Successivamente il contribuente ha la possibilità di effettuare una nuova comunicazione, purché non siano scaduti i termini.

Attraverso le operazioni di rettifica è stato rigenerato un nuovo credito sullo stesso presupposto costitutivo del precedente. L’intervento, per il quale è stata emessa la fattura, è lo stesso, come risulta evidente dall’intestazione della parte descrittiva delle fatture.

In estrema sintesi, in questo caso specifico, il credito può dirsi reale, benché sia maturato correttamente solo e soltanto a seguito dell’accettazione della comunicazione della nuova opzione di sconto e quindi “non spettante” al momento della compensazione effettuare nel corso del mese di febbraio 2022. In questo caso, quindi, è prevista una sanzione pari al 30%, così come è stato previsto dall’articolo 13, comma 4, del Decreto Legislativo n. 471 del 1997.