Le spese ordinarie sono quelle che si sostengono con regolarità per le esigenze quotidiane del figlio. Si tratta di costi prevedibili e facilmente stimabili nel tempo. Rientrano in questa categoria, ad esempio, l’alimentazione, l’abbigliamento stagionale, le spese scolastiche di base come la cancelleria, il trasporto casa-scuola, i farmaci da banco e le visite pediatriche routinarie. Il tratto distintivo di queste spese è che sono normalmente comprese nell’assegno di mantenimento che il genitore non collocatario versa all’altro.
“Se il genitore collocatario compra un paio di scarpe nuove o un giaccone per l’inverno, non potrà chiedere il rimborso del 50% all’altro genitore, perché si tratta di un costo prevedibile e già coperto dall’assegno mensile. Anche se si tratta di una marca più costosa del solito: la discrezionalità sulla spesa resta del genitore che la sostiene.”
Invece, le spese straordinarie, sono quelle che esulano dalla quotidianità e che non possono essere considerate comprese nell’assegno di mantenimento. Sono spese non ricorrenti, spesso imprevedibili e di norma con un impatto economico di rilievo. Pensiamo all’iscrizione a una scuola privata, all’acquisto di un PC, oppure a un trattamento ortodontico. In tutti questi casi, la natura straordinaria deriva dal fatto che la spesa si presenta in modo occasionale.
La Corte di Cassazione ha stabilito che la distinzione deve essere valutata in concreto, tenendo conto della specificità della spesa e delle condizioni economiche dei genitori e soprattutto dell’interesse del figlio. Infatti,
“Una spesa non concordata può essere legittima se risponde a un interesse reale del figlio e adeguatamente documentata e comunicata all’altro genitore.”
Indice
Posso sostenere una spesa straordinaria senza il consenso dell’altro genitore?
La domanda non è banale, e trova risposta nel bilanciamento tra il principio della bigenitorialità e la necessità di garantire al figlio prestazioni coerenti con il suo benessere.
L’art. 337 ter c.c., stabilisce che:
“per le decisioni di maggiore interesse riguardanti i figli è richiesto il consenso di entrambi i genitori.”
Le spese straordinarie rientrano, per loro natura, in questo ambito, perché si tratta di scelte che spesso impattano sul percorso educativo, sanitario o sportivo del minore. Iscrivere il figlio a un’accademia musicale, avviare una terapia logopedica o psicologica: sono tutte scelte che non si esauriscono in un pagamento, ma prevedono una decisione sulla crescita del figlio.
Il genitore che affronta da solo una spesa straordinaria, senza aver prima informato e consultato l’altro, si espone al rischio che la richiesta di rimborso venga rigettata. Non perché la spesa non fosse utile, ma perché non è stata condivisa.
Quando il consenso non è necessario
Ci sono situazioni in cui la tempestività dell’intervento è prioritaria rispetto al consenso. È il caso delle spese urgenti e indifferibili, in particolare di natura sanitaria: pensiamo a una visita al pronto soccorso, a un esame radiologico prescritto con urgenza o all’acquisto di farmaci immediatamente necessari. In questi casi, anche se l’altro genitore non è stato preventivamente informato, il rimborso è comunque dovuto per il principio del best interest of the child.
Ci sono poi spese che, pur non urgenti, sono talmente prevedibili e necessarie da essere ritenute implicitamente concordate: libri scolastici, delle vaccinazioni obbligatorie, del rinnovo di un paio di occhiali già prescritti. In queste ipotesi, il consenso non è formalmente necessario, perché si tratta di atti dovuti alla crescita e al benessere del figlio, conosciuti da entrambi i genitori.
Ci sono anche situazioni, molto frequenti, in cui uno dei due genitori si disinteressa costantemente delle comunicazioni. In questi casi, è la giurisprudenza a riconoscere un consenso presunto, quando il silenzio è sistematico e privo di giustificazione. In questo senso, la Cassazione, ha precisato che il mancato riscontro costante può equivalere, nei fatti, a una rinuncia implicita a opporsi, salvo che il genitore dimostri l’oggettiva impossibilità a partecipare alle decisioni (Cass. Civ. sent. n. 12013/2016).
Cosa fare se l’altro genitore si rifiuta di pagare la sua parte?
“Il rimborso della spesa straordinaria è dovuto se la spesa è utile, proporzionata e coerente con le possibilità economiche dei genitori.”
In altre parole, deve rientrare nel concetto giuridico di “necessità concreta”. La Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al rimborso per una spesa sostenuta unilateralmente — in quel caso un ciclo di logopedia — giudicata ragionevole, necessaria e documentata, anche in mancanza di una manifestazione espressa di consenso da parte dell’altro genitore (Cass. Civ. sent. n. 9392/2025).
Tale orientamento si basa su un principio basilare del diritto di famiglia: i figli hanno diritto a essere mantenuti da entrambi i genitori, in proporzione alle rispettive capacità economiche, e le decisioni che incidono sul loro benessere non possono restare paralizzate da una mancata risposta o da un atteggiamento ostruzionistico.
Azioni giudiziarie per ottenere il pagamento
Se il genitore obbligato persiste nel rifiuto, è possibile agire in giudizio per ottenere il rimborso.
La prima opzione è il ricorso ex art. 709 ter c.p.c., che serve per risolvere contrasti tra genitori in merito all’esercizio della responsabilità genitoriale. È una procedura utile se il conflitto riguarda non solo la spesa in sé, ma anche il rapporto tra i genitori, l’eventuale disinteresse di uno dei due o il reiterarsi di condotte ostative. Il giudice può, con questa procedura, richiamare formalmente il genitore inadempiente, disporre il rimborso, e persino sanzionare comportamenti contrari al principio di collaborazione.
La seconda opzione è il decreto ingiuntivo (art. 633 c.p.c.). E’ un’azione di tipo patrimoniale: il genitore che ha sostenuto la spesa documenta il credito vantato (ricevute, preventivi, comunicazioni inviate), e chiede al giudice di ordinare all’altro il pagamento della sua quota. In mancanza di opposizione nei termini, il decreto diviene esecutivo, permettendo l’avvio delle procedure di pignoramento. In questo caso, non si discute la natura della spesa ma il mancato pagamento.
Prove da conservare
In primo luogo, occorre conservare la prova dell’avvenuta comunicazione: email, PEC, messaggi scritti dove si anticipa la spesa, si chiede il consenso o si informa della necessità urgente.
La seconda prova è quella della spesa stessa: fatture, ricevute fiscali, scontrini parlanti. Non vanno bene screenshot o bonifici privi di causale. Il terzo elemento è la connessione tra spesa e necessità del minore: prescrizioni mediche, relazioni scolastiche, raccomandazioni di specialisti. Se la spesa è una risposta concreta a un’esigenza dimostrabile, sarà molto più facile ottenere il rimborso. Infine, è utile conservare anche le risposte (o i silenzi) dell’altro genitore. Se si è in presenza di una sistematica mancanza di comunicazione, è possibile dimostrare che quel silenzio equivale a una forma implicita di dissenso non motivato, e quindi inidoneo a paralizzare il diritto al rimborso.
Esistono protocolli o linee guida per gestire le spese straordinarie?
Nel 2017, il C.N.F. (Consiglio Nazionale Forense) ha adottato delle linee guida per la gestione delle spese straordinarie. L’intento è chiarire, in modo uniforme sul territorio nazionale, quali spese sono considerate “straordinarie”, quando è necessario l’accordo tra i genitori e con quali modalità deve essere richiesta la partecipazione alla spesa.
Il documento distingue tre categorie. La prima comprende le spese straordinarie che non richiedono il consenso preventivo, perché considerate necessarie, urgenti o tipizzate: rientrano in questa fascia, ad esempio, i farmaci prescritti, le visite specialistiche urgenti, le vaccinazioni obbligatorie, le lenti correttive. La seconda categoria comprende le spese che richiedono il consenso, come corsi sportivi, soggiorni estivi, attività extracurricolari, viaggi all’estero o rette scolastiche private. La terza categoria fa riferimento alle spese che possono essere concordate preventivamente tra i genitori con una clausola generale nel verbale di separazione o divorzio, in modo da ridurre il margine di discrezionalità successiva.
Il CNF chiarifica anche la procedura comunicativa: viene suggerito al genitore che intende sostenere una spesa di inviare una comunicazione scritta – email o PEC – specificando natura, finalità, preventivo e tempistiche della spesa. Se l’altro genitore non risponde entro 20 giorni, il silenzio può essere interpretato come consenso, salvo prova contraria. Una volta effettuata la spesa, occorre trasmettere la documentazione giustificativa entro un mese e attendere il rimborso, che dovrebbe avvenire entro i trenta giorni successivi.
Accanto alle linee guida nazionali, molti Tribunali hanno adottato protocolli locali, redatti in collaborazione tra magistrati, avvocati e personale dei servizi sociali. Tali documenti, pur non avendo valore normativo, sono un riferimento concreto da tenere in considerazione.
Tipologia di spesa | Esempi | Necessita di consenso preventivo? | Rimborso dovuto? | Condizioni per l’eventuale rimborso |
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Spese ordinarie | Spese alimentari, abbigliamento ordinario, materiale scolastico di base, visite pediatriche di routine | No | No | Sono ricomprese nell’assegno di mantenimento |
Spese straordinarie non urgenti | Istruzione privata, attività sportive, corsi extrascolastici, vacanze studio, trattamenti ortodontici programmati | Sì | Solo in presenza di accordo espresso o consenso presunto | Comunicazione preventiva, documentazione giustificativa, risposta espressa del genitore o silenzio reiterato che valga come consenso |
Spese straordinarie urgenti | Ricoveri di pronto soccorso, farmaci salvavita, accertamenti diagnostici urgenti | No | Sì | Necessità documentata, urgenza obiettiva, documentazione medica allegata |
Spese straordinarie prevedibili e tipizzate | Vaccinazioni obbligatorie, testi scolastici, sostituzione di lenti già prescritte | No (se già previste da protocolli o accordi) | Sì | Spese già previste in accordi o protocolli condivisi, rientranti tra quelle ritenute necessarie dal CNF o prassi concordata |
Spese unilaterali o conflittuali | Terapie logopediche, altri interventi non concordati ma ritenuti utili | Dipende | Sì, se dimostrata la necessità, l’utilità e la proporzionalità | Onere della prova a carico del genitore che ha sostenuto la spesa, con documentazione e motivazione idonea |