Uno dei timori più grandi che cinvolge molti professionisti che hanno la partita Iva è quello di non poter più rientrare all’interno del regime forfettario. Ma cosa comporta la perdita dei requisiti di questo regime agevolato? Ma soprattutto cosa cambia per i diretti interessati? Sono dubbi sicuramente leciti, perché entrare nel regime ordinario significa doversi cambiare completamente la propria contabilità. Ma non solo. Ci si potrebbe trovare nella condizione di dover sostenere una serie di costi più alti, come quello, ad esempio, del commercialista.
Ma cerchiamo di capire quali sono gli adempimenti da assolvere nel momento in cui sfortunatamente ci si ritrova nella condizione di non esser epiù nel regime forfettario.
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Partita IVA forfettaria: le cause di esclusione
Ma cosa succede ai titolari di una partita Iva che malauguratamente dovessero uscire dal regime forfettario? Ma soprattutto quali sono i motivi che potrebbero portare a perdere il diritto a rimanere all’interno del regime forfettario? Ricordiamo che all’interno di questo particolare è possiible beneficiare di una flat tax al 15% che risulta essere completamente ed interamente sostitutiva della tassazione Irped-
La normativa prevede che non possano creare (o mantenere) una partita IVA forfettaria quei soggetti che, nell’anno fiscale di riferimento, hanno accumulato redditi da lavoro dipendente superiore ai 30.000 euro e che abbiano speso più di 20.000 euro per dipendenti o collaboratori.
Decadono dal regime forfettario quanti esercitino la propria attività prevalentemente nei confronti di soggetti verso i quali avevano un rapporto di lavoro dipendente nei due precedenti periodi d’imposta. O verso soggetti che in qualche modo – direttamente o indirettamente – siano riconducibili ad essi. L’unica eccezione prevista a questa regola coinvolge quei soggetti che iniziano una nuova attività professionale dopo che abbiano svolto il periodo di pratica obbligatoria per legge per poter esercitare una professione.
Ricordiamo, infine, che i titolari di partita Iva in regime forfettario non pososno avere delle partecipazioni nelle s.r.l.
I nuovi obblighi contabili e amministrativi degli ex forfettari
Il passaggio dal regime forfettario a quello ordinario non riguarda esclusivamente il passaggio dalla flat tax al 15% alle aliquote IRPEF previste nel collegato fiscale. Anzi, per alcuni versi questo sarà il “male minore”. Come noto, infatti, i forfettari godono di un regime contabile e amministrativo agevolato, che li mette al riparo da obblighi burocratici di varia natura.
I soggetti che, volenti o nolenti, dovranno passare al regime IVA ordinario, dovranno dunque:
- applicare l’IVA sulla cessione di beni e prestazione di servizi;
- tenere i registri IVA e i registri contabili, con le fatture emesse e gli acquisti effettuati nel corso dell’anno;
- effettuare versamenti e liquidazioni IVA periodiche, così come previsto dal calendario fiscale;
- compilare gli Indici Sintetici di Affidabilità (gli ISA, per intendersi):
- iscrizione all’INAIL;
- pagamento di IRES e IRAP;
- iscrizione al Registro delle Imprese;
- subire la ritenuta d’acconto per prestazioni professionali effettuate.
In caso di fatture emesse nel corso dell’anno precedente e ancora non riscosse, inoltre, si dovranno applicare i nuovi obblighi. Ad esempio, si dovrà applicare l’IVA anche sugli importi precedentemente concordati (dovranno quindi essere maggiorati), mentre i ricavi saranno sottoposti a una nuova aliquota fiscale. Niente flat tax al 15%, dunque, ma tassazione in basa all’aliquota IRPEF nella quale si cadrà.