Plusvalenze da criptovalute, come devono essere calcolate correttamente

L'Agenzia delle Entrate spiega come devono essere calcolate le plusvalenze sulle criptovalute e come devono essere gestite le minusvalenze

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 21 Maggio 2025 06:00

Uno dei parametri più importanti per determinare quale sia la plusvalenza ottenuta dalla cessione delle criptovalute è riuscire a stabilire quale sia il costo del loro acquisto. Per farlo gli intermediari devono considerare il valore medio ponderato relativo ad ogni singola categoria omogenea di attività finanziaria. A fare il punto della situazione su questo argomento ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate, con una risposta fornita a un contribuente.

L’Agenzia delle Entrate fa chiarezza

Attraverso la risposta n. 135/2025 l’Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di chiarimenti su come debbano essere tassate le plusvalenze maturate a seguito dei proventi derivanti dalle attività connesse alle criptovalute.

Entrando un po’ più nel dettaglio, l’AdE ha fornito alcune indicazioni a una Pmi innovativa, che è regolarmente iscritta al Registro Operatori Valute Virtuali, il quale è stato istituito presso l’Organismo Agenti e Mediatori (Oam). L’istante ha chiesto una serie di delucidazioni relative alla propria attività.

Come funziona il regime amministrato

L’attività dell’azienda consiste nella gestione, per conto dei propri clienti, dei prodotti e dei servizi legati alle criptovalute. Attraverso un’infrastruttura di scambio vengono forniti una serie di servizi, tra i quali ci sono quelli di exchange, staking e custodia wallet.

Tra i servizi che l’azienda ha intenzione di mettere a disposizione dei propri clienti c’è anche quello di poter scegliere il regime amministrato per la tassazione delle plusvalenze e degli altri proventi che derivano dalle attività legate alle criptovalute.

Per poter fornire questi servizi decide, quindi, di porre alcuni quesiti all’Agenzia delle Entrate, chiedendo come debbano essere calcolate le plusvalenze nel momento in cui:

  • il cliente dovesse provvedere a trasferire le criptovalute verso un self custodial wallet di sua proprietà;
  • il cliente dovesse spostare le criptovalute verso un wallet di sua proprietà, che sia detenuto presso un diverso exchange;
  • il cliente dovesse decidere di revocare il regime del risparmio amministrato;
  • l’azienda dovesse ricevere dei depositi in criptovalute che provengono da altri wallet che siano intestati direttamente al cliente o a soggetti terzi.

Ultimo quesito posto dall’azienda è come debba essere determinato in maniera corretta il costo di acquisto delle singole criptovalute.

Niente tassazione per i trasferimenti verso wallet esterni

L’azienda ha prospettato il proprio punto di vista, sostenendo che, per i primi due punti elencati in precedenza, non abbia degli obblighi come sostituto d’imposta nei confronti dei clienti che dovessero decidere di trasferire le proprie criptovalute verso un wallet gestito da un’altra azienda o presso uno di sua proprietà ma gestito presso un diverso exchange.

L’appartenenza del wallet al cliente dovrebbe essere dimostrata attraverso una dichiarazione registrata in audio-video conferenza o una dichiarazione su carta firmata, nel quale il cliente interessato si prende l’onere di dichiarare di essere il proprietario del self custodial wallet o del wallet detenuto presso un diverso exchange.

Nel caso in cui i trasferimenti non dovessero contenere degli elementi certi e documentabili con una dichiarazione, verrebbero sostanzialmente considerati come una cessione a titolo oneroso presso terzi acquisendo rilevanza ai fini fiscali.

Quando scatta la tassazione per le crypto

Discorso diverso, invece, si configurerebbe nel caso in cui il cliente dovesse revocare l’opzione per il regime del risparmio amministrato: qualora si dovesse verificare questa situazione l’azienda ritiene che si venga a configurare una plusvalenza o una minusvalenza.

L’azienda dovrebbe, quindi, agire come sostituto d’imposta nei confronti del cliente almeno fino alla fine dell’anno nel quale è stata effettuata l’operazione.

Quando si dovesse venire a verificare il quarto caso – ossia nel momento in cui dovessero essere ricevute delle criptovalute provenienti da altri wallet – l’azienda ritiene di doversi muovere:

In qualità di sostituto d’imposta, non ci sono profili impositivi, dovendo l’istante verificare soltanto l’effettivo valore fiscale di carico (costo) delle cripto valute ricevute. Pertanto, in assenza dell’eventuale certificazione rilasciata da altro intermediario che attesti il valore delle criptovalute trasferite, sarà il cliente che dovrà, mediante una dichiarazione registrata in audio videoconferenza, una dichiarazione cartacea firmata o qualsiasi altra documentazione inerente, attestarne il relativo costo.

Soffermandosi, infine, sulla determinazione della plusvalenza generata dalle attività nelle criptovalute, l’azienda sostiene che le eventuali movimentazioni in scarico delle varie criptovalute debbano essere calcolate prendendo come parametro il costo medio, non prendendo in considerazione il valore di vendita.

Cosa dice la legge sulle criptovalute

Per fornire la sua risposta l’Agenzia delle Entrate ha preso spunto dall’articolo 1, commi da 126 a 227 della Legge n. 197/2022 (ossia la Legge di Bilancio 2023), attraverso la quale il legislatore ha introdotto alcune modifiche sulla tassazione delle criptovalute. Si è poi appoggiata, inoltre, sui chiarimenti che sono stati forniti attraverso la circolare n. 30/E che la stessa AdE ha diramato il 27 ottobre 2023.

Basandosi su questi riferimenti normativi, l’istante, per quanto riguarda le prime due richieste, non è tenuta a determinata la plusvalenza nel momento in cui il cliente trasferisce i titoli solo e soltanto se quest’ultimo è in grado di dimostrare che il trasferimento avviene verso un self custodial wallet di sua proprietà o gestito presso un altro exchange. Non è sufficiente una semplice dichiarazione resa dal cliente, che deve fornire apposita documentazione.

Se, invece, il cliente dovesse revocare l’opzione del regime amministrato con passaggio al regime dichiarativo, l’azienda è tenuta ad agire in qualità di sostituto d’imposta fino al 31 dicembre dell’anno in cui è stata effettuata la revoca. Dovrà, inoltre, comunicare al cliente i valori di carico delle criptovalute che sono sono contenute all’interno del suo wallet. Nel caso in cui risultino in essere delle minusvalenze residue da compensare, è necessario indicare quando le stesse siano state realizzate.

Come si calcola la plusvalenza in questi casi

L’Agenzia delle Entrate, inoltre, ha sottolineato che le suddette minusvalenze possono essere utilizzare per ridurre i redditi realizzati con le operazioni effettuate con le criptovalute detenute in altri rapporti per i quali il cliente abbia esercitato l’opzione per l’amministrato. O che, lo stesso cliente, dovesse indicare all’interno della propria dichiarazione dei redditi.

Le minusvalenze possono essere compensate con le successive plusvalenze realizzate nel corso dello stesso periodo d’imposta.

Per quanto riguarda, invece, il deposito di criptovalute che arrivino da altri wallet intestati allo stesso cliente, quest’ultimo dovrà consegnare la documentazione: non è sufficiente una semplice dichiarazione sostitutiva da parte del contribuente.

Nel caso in cui la suddetta documentazione non dovesse essere consegnata, si assume come costo un valore pari a zero. Come documentazione si intendono, per esempio, le contabili bancarie attraverso le quali sono state acquistate le criptovalute o qualsiasi altra attestazione rilasciata dagli intermediari.

Per quanto riguarda, invece, la determinazione del costo di acquisto delle criptovalute, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che debba essere preso in considerazione il prezzo medio ponderato di ogni categoria omogenea di attività finanziaria. Questa soluzione permette all’intermediario di utilizzare un solo valore per poter determinare eventuali plusvalenze/minusvalenze e gli altri redditi.