Assegno di inclusione a rischio se i figli non vanno a scuola

Se i minori non frequentano la scuola, il beneficio può essere sospeso o revocato. Scopri come l'obbligo scolastico dei figli minorenni influisce sull’assegno di inclusione

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 6 Giugno 2025 07:00

I doveri genitoriali influiscono sul mantenimento del diritto all’assegno di inclusione – AdI? La risposta è positiva, spiegano il Ministero del Lavoro e quello dell’Istruzione, con un decreto attuativo di quanto previsto al DL 48/2023, recante misure urgenti per l’accesso al mondo dell’occupazione, poi convertito in legge.

Se il minore non frequenta la scuola dell’obbligo e tale circostanza viene scoperta dall’operatore dei servizi sociali che segue il nucleo familiare per la redazione del Patto di inclusione sociale, scatta la revoca del beneficio dell’AdI.

Vediamo allora più da vicino questi aggiornamenti ministeriali di sicuro interesse per i percettori dell’assegno di inclusione, introdotto dal decreto Lavoro del 2023 e riconosciuto dal primo gennaio dello scorso anno agli aventi diritto.

La disposizione di legge sull’obbligo di frequenza scolastica come condizione per l’assegno di inclusione

L’assegno di inclusione è una misura di sostegno economico e di integrazione sociale e professionale, condizionata alla presenza di una serie di requisiti economici, patrimoniali e di cittadinanza. Si pensi ad es. al rilievo dell’ISEE. Sostitutivo del reddito di cittadinanza e destinato ai nuclei familiari con almeno un minore, una persona con disabilità, un over 60 o soggetti in condizioni di svantaggio, il contributo è versato a condizione di aderire a un percorso personalizzato di attivazione lavorativa, dettagliato nel citato Patto di inclusione di cui si occuperà l’operatore sociale.

Per quanto qui specificamente interessa, il decreto 48/2023 – al suo art. 2 comma 3-bis – spiega che:

non ha altresì diritto all’assegno di inclusione il nucleo familiare per i cui componenti minorenni non sia documentato l’adempimento dell’obbligo di istruzione nell’ambito del Patto per l’inclusione.

Ecco quindi uno specifico requisito che, se non rispettato, fa venire meno il diritto al beneficio in oggetto. D’altronde, per come è stato disciplinato dal legislatore, il Patto per l’inclusione è un progetto di cambiamento che prevede specifici impegni da parte della famiglia e conseguenti supporti da parte dei servizi territoriali.

Tra questi obblighi c’è anche quello di garantire che i figli minorenni vadano a scuola e che, quindi, contribuiscano in qualche modo a migliorare la condizione sociale e lavorativa del nucleo familiare in cui si trovano. La volontà del legislatore è – infatti – anche quella di combattere con forza il problema della dispersione scolastica.

I compiti dell’operatore dei servizi sociali e le possibili conseguenze per il nucleo familiare

In apertura abbiamo detto che sarà compito dell’operatore sociale scoprire se in famiglia c’è almeno un minore che non va a scuola. In che modo può scoprirlo? Ebbene, incrociando le informazioni messe a disposizione dalle varie amministrazioni locali coinvolte e contenute nelle banche dati utilizzate dai servizi territoriali.

Più nel dettaglio, usando la piattaforma digitale per la gestione dei Patti per l’inclusione sociale (GePI), al momento della redazione di questo accordo l’addetto si affiderà a una specifica funzionalità web per la consultazione dei dati su titoli di studio e frequenza scolastica, così come inclusi nell’Anagrafe Nazionale dell’Istruzione. Se dal controllo non emergerà una situazione in regola, il decreto ministeriale spiega che l’operatore:

  • potrà richiedere ai genitori – o a chi esercita la responsabilità genitoriale – di presentare, entro dieci giorni, la documentazione che dimostra l’adempimento dell’obbligo d’istruzione, ossia la regolare iscrizione e frequenza scolastica;
  • in mancanza di prova nel termine appena citato, inserirà nel Patto di inclusione l’impegno dei genitori a garantire che il figlio minore (o figli minori) riprenda, entro una settimana dalla firma del Patto, la regolare frequenza della scuola.

Se i genitori non rispetteranno quest’ultima scadenza, scatterà la sospensione dell’assegno d’inclusione a partire dal mese successivo. La nuova erogazione del beneficio sarà possibile solo a condizione della regolare ripresa della frequenza scolastica.

Persistendo, invece, la violazione dell’obbligo di istruzione – senza giustificato motivo – il diritto all’assegno cesserà definitivamente. Si tratta – quindi – di novità molto importanti e che seguono gli aggiornamenti di inizio anno.

Un esempio pratico

Per capire meglio, immaginiamo una famiglia composta da due genitori disoccupati e due figli minorenni, beneficiaria dell’assegno di inclusione. Durante la redazione del Patto per l’inclusione sociale, l’operatore dei servizi scopre – tramite i dati scolastici – che uno dei due figli, 15enne, ha abbandonato la scuola da alcune settimane.

Ai genitori viene così chiesto di dimostrare l’avvenuta iscrizione e frequenza. Non riuscendoci, viene inserito nel Patto l’obbligo di far riprendere al figlio la scuola entro una settimana. Se questo non accade nei tempi previsti, l’assegno viene sospeso già dal mese successivo. La famiglia potrà tornare a riceverlo solo dopo che il minore avrà ripreso regolarmente le lezioni, recandosi giornalmente a scuola. Se invece la situazione resta irregolare, il beneficio sarà tolto in modo permanente.

Verifiche mensili, interventi di supporto alla famiglia, durata dell’obbligo di istruzione

E attenzione: non basta essere in regola al momento della redazione del Patto, perché l’impegno assunto dai genitori e la regolare frequenza scolastica dei minori saranno controllati periodicamente tramite la condivisione delle informazioni con le banche dati a disposizione dei Comuni. Perciò l’assegno di inclusione – versato mensilmente – potrebbe essere perso anche in seguito e dopo verifiche con esito positivo.

Inoltre, nell’ambito del Patto per l’inclusione – rimarca il decreto attuativo – potranno essere attivati servizi, interventi e misure per l’intero nucleo familiare, mirati a sostenere – se necessario – il recupero della competenza genitoriale degli adulti e ad assicurare il diritto all’istruzione del figlio minorenne.

Perciò il decreto ministeriale che mette in pratica, sul punto, il dettato di cui al DL 48/2023, non soltanto vincola le famiglie al rispetto degli obblighi di legge, ma ribadisce che l’istruzione è un valore imprescindibile per l’inclusione sociale e la possibilità di assicurarsi in futuro un reddito da lavoro.

Ricordiamo anche che, in Italia, l’obbligo di istruzione dura almeno dieci anni e include la scuola primaria (elementari), secondaria di primo grado (medie) e almeno due anni di scuola superiore o formazione professionale (liceo/istituto tecnico).

Infine per ulteriori dettagli in merito a questo specifico obbligo per i beneficiari dell’assegno di inclusione, si rinvia al testo completo del decreto ministeriale, disponibile, in questa pagina.