La svolta della Russia sull’Europa: la rivelazione di Kissinger spiazza tutti

L'ex Segretario di Stato americano traccia la linea di un negoziato, ma con un'impostazione inedita. Ecco gli scenari del dopoguerra ucraino secondo il Premio Nobel per la Pace 1973

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Al di là dei leader e degli attori istituzionali coinvolti direttamente nel vortice di orrore e conseguenze provocato dal conflitto in Ucraina, c’è chi riesce a gettare lo sguardo oltre l’immediatezza del presente cercando di delineare con distacco e lucidità il futuro. È il caso di Henry Kissinger, ex Segretario di Stato americano durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford.

Il Premio Nobel per la Pace 1973, che oggi ha 99 anni, sostiene di essere stato frainteso nelle sue dichiarazioni rilasciate al Forum di Davos: “Non ho mai consigliato a Zelensky di cedere territori e la sua sovranità alla in cambio della pace”. Ma al contempo offre uno scenario inedito sul destino di Mosca all’interno di un orizzonte europeo dopo la guerra (al G7 è stato raggiunto l’accordo su Russia e Ucraina: ecco il piano).

Cosa ha detto Henry Kissinger su Russia e Putin

Quella di Kissinger è una vera e propria lezione di geopolitica, dalla chiosa più o meno condivisibile, ma sicuramente razionale. Forse fin troppo, a giudizio di molti. Il protagonista di gran parte della politica estera americana del Novecento è convinto che la fine della guerra in Ucraina “debba essere contemplata non solo attraverso i mezzi militari, ma anche attraverso la strada della politica. Non si può continuare a combattere senza un vero obiettivo condiviso da più Paesi”. Il discorso dell’ex funzionario si concentra sulla questione del 7% del territorio ucraino occupato dai russi, il quale “potrà essere oggetto di altri negoziati futuri come ipotizzato dallo stesso Zelensky”.

E fin qui nulla di clamoroso. Kissinger ha poi però parlato di Vladimir Putin (qui abbiamo parlato della sua nuova arma segreta con cui vuole vincere la guerra): “Rispettavo la sua intelligenza, era un attento calcolatore dal punto di vista di una società che lui interpretava come sotto assedio da parte del resto del mondo. L’ho trovato un intelligente analista della situazione internazionale dal punto di vista russo: che rimarrà tale e che dovrà essere considerato quando la guerra finirà”. Il messaggio inedito e chiarissimo è questo: per l’ex Segretario di Stato il canale con la Russia non va sacrificato, ma al contrario è l’invasione dell’Ucraina che va sconfitta. L’Occidente non deve condannare la Russia “come Stato e come entità storica”, in quanto “la questione del rapporto fra Russia ed Europa andrà presa molto seriamente”.

La Russia e l’Europa secondo Kissinger

Kissinger si spinge ancora oltre nel suo ragionamento. Secondo lui, la Russia “deve essere integrata nel tessuto europeo nel quale è cresciuta e si è evoluta per 500 anni”. Gli sforzi diplomatici delle parti in causa dovrebbero collaborare al raggiungimento di questo obiettivo, tornando “al corso storico per cui la Russia è parte del sistema europeo”. E in tale contesto Mosca “deve svolgere un ruolo importante”.

Una teoria decisamente impopolare, considerato soprattutto l’orrore provocato dal conflitto per milioni di persone. Kissinger rincara tuttavia la dose, dichiarando che l’Occidente “è stato poco sensibile ad offrire l’ingresso nella Nato all’Ucraina, perché questo significava che tutta l’area tra il Muro di Berlino e il confine russo sarebbe stata riempita dalla Nato, inclusi i territori da cui nella storia sono state lanciate aggressioni contro la Russia”. C’è da dire che questa tesi si fonda su pilastri geopolitici innegabili, come la necessità russa di tenere lontani quelli che considera possibili nemici garantendosi un “estero vicino” che funga da cuscinetto (ne abbiamo parlato qui).

Gli scenari di Kissinger sul dopoguerra

Il diplomatico di lunghissimo corso ragiona poi sulla prospettiva del dopoguerra ucraino e, dall’alto della sua esperienza, sente di consigliare “una Russia europea piuttosto che asiatica”. In quest’ottica, è da evitare un’escalation militare in Crimea, dove lo scontro diretto può addirittura degenerare nella minaccia nucleare. Un “qualcosa cui Russia e Stati Uniti, in 80 anni, non hanno mai fatto ricorso tra loro, nonostante diverse sconfitte militari sul campo. Ora dobbiamo evitare azioni belliche che possano ingigantire sempre di più il conflitto”, conclude.