Ucraina con le spalle al muro: senza missili occidentali, la Russia vincerà la guerra

I russi stanno spazzando via le posizioni ucraine con le cosiddette "glide bombs", le "bombe plananti". Zelensky chiede a gran voce sistemi Patriot, altrimenti entro l'estate l'esercito nemico sfonderà il fronte

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Senza gli aiuti militari occidentali, l’Ucraina perderà la guerra. Ad ammetterlo è lo stesso Zelensky, che lancia un appello quasi disperato agli Usa che nel frattempo tengono i fondi per Kiev bloccati al Congresso, chiedendo ai Paesi europei di sobbarcarsi lo sforzo materiale del supporto militare al Paese invaso. “Se i russi continuano a colpire l’Ucraina ogni giorno come hanno fatto nell’ultimo mese, noi rimarremo senza missili e i nostri alleati lo sanno“, afferma il presidente ucraino in un discorso in tv.

Gli attacchi da parte di Mosca alle infrastrutture energetiche hanno fiaccato la già stanca difesa antiaerea, colpendo con sempre più forza e insistenza città e cittadine ucraine. L’esercito non è più in grado di proteggere i civili da missili e bombe che piovono dal cielo, a meno che l’Occidente non fornisca almeno 25 Patriot per la difesa aerea. Servono aiuti militari sotto qualunque forma, anche di prestito poi da ripagare con gli interessi. Servono anche munizioni e soldati, prima che la Russia decida di scatenare l’offensiva finale. E non mancherebbe molto.

Come sta andando la guerra in Ucraina: sta davvero vincendo la Russia?

Da settimane la Russia scaglia i suoi raid a lungo raggio sulle regioni al di là del fronte del Donbass, fino all’agognata Odessa che chiuderebbe l’accesso ucraino al Mar Nero, con una costanza terrificante. I droni forniti dall’Iran sciamano nel Donetsk e nei villaggi nel mirino del Cremlino, e il loro quotidiano rombo nell’aria sembra quello di un gruppo di motociclisti che sgasano tutti insieme. Le strade, gli edifici, i servizi, le scuole, gli ospedali: tutto è distrutto, ci si combatte negli scheletri infrastrutturali e tra le macerie. I bombardamenti contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia minacciano di lasciare in ginocchio il Paese invaso e fanno salire ulteriormente i livelli di allarme. La prima linea difensiva ucraina rischia di crollare anche per la mobilitazione di altri 300mila soldati che, secondo Volodymyr Zelensky, il Cremlino sta apparecchiando dietro la nebbia della guerra.

L’offensiva finale russa è prevista per inizio giugno, come riferito dal capo dell’intelligence militare ucraina (Gur), Kyrylo Budanov, in un’intervista esclusiva all’emittente tedesca Ard. Una corsa contro il tempo e la sconfitta che spinge Kiev a chiedere disperatamente non solo armi e munizioni dall’estero, ma anche uomini. Non si tratta di un “sì” a truppe straniere inviate in blocco agitando la loro bandiera nazionale, ma di un appello rivolto a combattenti volontari di altri Paesi. Che la Nato non possa o voglia intervenire direttamente in Ucraina è ovvio e ormai confermato dai fatti, nonostante i proclami (mal compresi) del presidente francese Macron. “Oggi non posso dire pubblicamente ‘eserciti di tutto il mondo, venite in Ucraina e combattete’, perché la Russia ne approfitterebbe ed è rischioso per noi. Ma se ci sono iniziative da altri Stati, allora siamo sinceri: abbiamo alcune formazioni di volontari pensate per persone con altra cittadinanza vengono e combattono per l’Ucraina”. Zelensky sembra sciogliere nella disperazione la sua proverbiale intransigenza nei confronti di un negoziato con la Russia, certificato con tanto di decreto presidenziale che impedisce di intavolare trattative finché Vladimir Putin resterà al potere. Il leader ucraino lancia dunque ogni tipo di appello all’Occidente, compreso quello per un vertice per la pace, che si terrà in Svizzera e che auspica la partecipazione di 80-100 Paesi da tutto il mondo. L’obiettivo è quantomeno ambizioso: “Costringere la Russia a una pace giusta”, afferma Zelensky.

I russi non saranno costretti alla pace dalla diplomazia, come non lo sono dalle armi sul terreno. Putin ha ribadito più di una volta la volontà di Mosca di parlare della questione ucraina, ma soltanto se al tavolo si siederanno gli americani. Gli altri non sono considerati loro “pari”, men che meno i “ribelli” ucraini. L’allargamento della Nato si è spinto troppo oltre la tollerabilità strategica russa, con l’Alleanza Atlantica che ora progetta la sua più grande base europea a Costanza, in Romania, proprio di fronte alle coste russe sul Mar Nero. Dal tenore dei suoi ultimi discorsi e appelli, sembra che Zelensky consideri ormai “perso” l’Est del Paese occupato dai russi. Nel tentativo di resistere a oltranza, il presidente ucraino ha firmato una legge che abbassa l’età minima per essere arruolato da 27 a 25 anni, come avevamo anticipato mesi fa. I soldati ucraini sono arrivati a utilizzare munizioni e bombe russe inesplose e sparano soltanto se strettamente necessario. In media Kiev scaglia 2mila proiettili al giorni, contro gli oltre 10mila di Mosca. Ma il nemico è troppo più forte dal punto di vista industriale e demografico e, nonostante abbia costruito una sua linea difensiva praticamente impenetrabile, la Russia sa che il ferro va battuto finché è caldo.

Le “bombe plananti” russe stanno spezzando la resistenza ucraina

Le chiamano “glide bombs”, cioè “bombe plananti”, perché vengono teleguidate verso gli obiettivi da colpire. L’arma più temibile ed efficace dei russi è questa in questa fase del conflitto e minaccia di spezzare l’ormai flebile resistenza ucraina sulla riva sinistra del fiume Dnepr. Sono ormai diversi mesi che Mosca utilizza massicciamente queste bombe tradizionali, anche vecchie e obsolete, modificate con alette che le rendono precise e letali. E a un costo molto basso, per giunta. Soltanto da gennaio 2024 ne sono state lanciate oltre 3.500, un numero 16 volte superiore a quello dell’intero 2023. E stanno spazzando via le difese e le posizioni ucraine, come ammesso dallo stesso ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ai microfoni del Financial Times. “Non è possibile bloccare le bombe plananti russe e non ci si può nascondere da loro. L’unico modo per proteggersi è abbattere il bombardiere che le trasporta”. Da qui le accorate richieste ucraine di sistemi di difesa aerea avanzati come i Patriot. La tattica russa mira a sopraffare le difese antiaeree ucraine, combinando il lancio a tappeto di glide bombs a quello di missili da crociera e droni. Per di più, le bombe teleguidate vengono sganciate da aerei da guerra russi che volano a decine di chilometri dal fronte, dunque lontani dalla contraerea nemica.

Se da un lato la Russia riadatta con successo vecchie bombe – e presto arriverà a lanciare anche la temibile Fab3000, una bomba da tre tonnellate dagli effetti devastanti – dall’altro l’Ucraina non riesce più a tenere il passo di questo aggiornamento, che pure ha compiuto in questi due anni di guerra. Come riportato dall’International Institute for Strategic Studies, fino a prima dell’invasione russa del 22 febbraio 2022, la difesa aerea di Kiev si basava su sistemi a lungo e medio raggio sviluppati in epoca sovietica, soprattutto S-300 e 9K37-M1 Buk. Sistemi che, anche negli ultimi mesi, hanno registrato importanti successi abbattendo aerei di preallarme russo Beriev A-50 Mainstay e diversi jet da combattimento. Ma che ora non riescono più a proteggere contemporaneamente cieli, truppe di terra, centri abitati e infrastrutture strategiche. Per affrontare queste sfide, il governo Zelensky ha importo un “aggiornamento forzato” delle forze anti-aeree nazionali. Accanto ai sistemi sovietici già in dotazione e a quelli donati da Paesi europei come la Slovacchia, gli Usa hanno rafforzato Kiev con un progetto denominato “FrankenSam” (dove l’acronimo “Sam” sta per “surface-to-air missile”), per poter lanciare i missili aria-aria americani come il Raytheon RIM-7 Sea Sparrow dal lanciatore Buk. Gli S-300 ucraini, per la maggior parte, sono stati poi sostituiti dagli M902 PAC-3 statunitensi. Queste batterie sono diventate obiettivi di alto valore per Mosca, che ha provveduto a distruggere di recente tre lanciatori di trasporto Patriot.

Al di là degli aspetti meramente tecnici, l’Ucraina sembra davvero con le spalle al muro. Gli aerei da combattimento F-16 di fabbricazione statunitense, promessi dagli alleati, potrebbero anche aiutare Kiev a respingere i bombardieri russi ma, secondo il ministro Kuleba, è improbabile che vengano consegnati prima della metà dell’estate. Troppo tardi, secondo i calcoli dell’intelligence: la Russia attaccherà prima e lo farà con tutta la forza. In quest’ottica l’utilizzo delle bombe plananti appare strumentale per Mosca, che così vuole aprire falle nelle fortificazioni difensive che l’Ucraina si sta affrettando a costruire per impedire l’avanzata russa. Avanzata che ha in Kharkiv uno dei prossimi obiettivi. Nell’ultima settimana di marzo, la seconda città più grande dell’Ucraina è stata infatti colpita da due bombe plananti “multiuso” con una gittata fino a 90 chilometri. Un cambiamento bellico significativo: è stata infatti la prima volta dall’inizio del conflitto che Kharkiv veniva colpita da bombe aeree invece che da missili e droni. Uno scenario drammatico che unisce le trincee e la guerra di logoramento in stile Prima Guerra Mondiale alle più avanzate tecnologie militari. Orrore sommato ad altro orrore.

La speranza ucraina viaggia sul mare: la guerra navale per la Crimea

C’è tuttavia una speranza per l’Ucraina di sovvertire almeno parzialmente gli esiti della guerra: la battaglia nel Mar Nero. Sulle acque che bagnano la Crimea occupata dai russi, infatti, le forze di Mosca versano in grande difficoltà. Al punto che Putin ha deciso di silurare l’ammiraglio Viktor Sokolov, a causa degli attacchi subiti da navi militari e infrastrutture portuali russe, nominando il suo vice Sergei Pinchuk come nuovo comandante della Flotta del Mar Nero. I droni marini di Kiev sono infatti riusciti ad affondare o a rendere inutilizzabili unità nemiche, sopra tutte la grande nave da sbarco Cezar Kunikov.

Per evitare che la supremazia russa venga definitivamente scalfita nel Mar Nero, il Cremlino ha deviato la rotta delle proprie imbarcazioni dalle acque di Odessa, dove Mosca non può quindi più agire per disturbare i flussi commerciali del cosiddetto “corridoio del grano”. Il mare rivierasco della Crimea è diventato troppo pericoloso, per cui le navi russe gettano l’ancora lontano dalla penisola contesa, riparandosi in altri porti della Federazione sul versante orientale del Mar Nero. Suggerendo, tra l’altro, di voler riservare il medesimo trattamento del Donbass anche alle repubbliche separatiste filorusse della Georgia, come l’Abkhazia, dove senza curarsi dell’opinione del legittimo governo di Tbilisi è stata avviata la costruzione di una base navale a Ochamchire. Da qui la Russia potrebbe inoltre colpire con rapidità e forza obiettivi in Ucraina, utilizzando missili Kalibr.