Ucraina, la Russia ha perso oltre 50mila soldati ma non si ferma: l’obiettivo ora è Kharkiv

In due anni di guerra, Mosca ha perso più uomini di quanti ne ammette. Intanto produce il triplo delle munizioni di Usa e Ue e dall'Estremo Oriente Russo arrivano truppe fresche. E punta a Kharkiv

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Sul piano militare la Russia conserva una posizione di evidente vantaggio sull’Ucraina ed è intenzionata a espanderlo. Anche l’esercito invasore è però preda di difficoltà non di poco conto, seppur inferiori a quelle delle forze nemiche. Secondo la Bbc e il gruppo di media indipendenti Mediazona, dall’invasione su larga scala il bilancio dei soldati russi morti in Ucraina ha superato quota 50mila.

Tra malcontento sempre più diffuso e proteste popolari, il Cremlino cerca di mantenere alta la pressione sul Paese invaso minimizzando le perdite umane e materiali. Da qui anche la decisione di richiamare un gran numero di truppe stanziate nell’Estremo Oriente Russo, incluse molte unità della Flotta del Pacifico per spezzare l’efficace serie di attacchi ucraini nel Mar Nero. La Crimea è troppo importante per Mosca, come anche il prossimo obiettivo dell’offensiva: Kharkiv (Kharkov per i russi), che per morte e devastazione rischia di diventare “la Aleppo d’Ucraina”. Un obiettivo tattico centrale per raggiungere l’obiettivo strategico: non la completa conquista territoriale, ma la neutralità del Paese.

Le perdite russe nella guerra d’Ucraina

Il bilancio delle perdite russe nel secondo anno di guerra è stato superiore di quasi il 25% rispetto al primo. Da febbraio 2023 a febbraio 2024, sono morti più di 27.300 soldati russi. “Il bilancio complessivo è otto volte superiore all’ammissione ufficiale del Cremlino. È probabile che il numero sia molto più alto”, afferma la Bbc parlando di “strategia del tritacarne”, cioè il modo in cui Mosca invia ondate di soldati ad avanzare senza sosta per cercare di logorare le forze ucraine ed esporre le loro posizioni all’artiglieria russa. Si noti che si parla di morti effettivi, e non di perdite generiche che includono anche feriti e prigionieri. Il calcolo, in questo caso, supererebbe le 450mila unità.

“Non un passo indietro”, si sarebbe tragicamente detto ai tempi di Stalin. La stragrande maggioranza della “carne da cannone” inviata al fronte ucraino è formata da minoranze etniche, rastrellate nei territori e nelle repubbliche periferiche della Federazione. A morire non vanno i ragazzi di Mosca, San Pietroburgo o Arcangelo. Per il rinnovo delle truppe e per esibire la superiorità demografica, Vladimir Putin ha firmato un decreto per il trasferimento di circa 2mila soldati dall’Estremo Oriente Russo in Ucraina. A questi si aggiungeranno altri 400 militari dell’11esima Armata, attualmente di stanza nella città di Khabarovsk, al confine tra Russia e Cina. Il tutto mentre l’Occidente continua a organizzare vertici di pace – il prossimo in Svizzera – senza Mosca.

Secondo la Nato, inoltre, i russi producono il triplo munizioni di Usa e Ue messi insieme. Attualmente almeno il 30% del Pil russo è investito nella Difesa, “le fabbriche producono 24 ore su 24 e in alcuni casi sono state nazionalizzate le catene del valore sono state ottimizzate ed evadono le sanzioni facilmente”, spiega James Appathurai, vice assistente del Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica per l’Innovazione, l’Ibrido e il Cyber.

Panico e bombe: la tattica russa per prendere Kharkiv

La guerra è una questione di tempo, ma soprattutto di spazio. La posizione di Kharkiv dice già molto della sua importanza: nel quadrante nord-orientale, rappresenta la seconda città più grande dell’Ucraina e un bottone strategico per chiudere la cerniera del fronte, per ora bloccato sulla riva sinistra del fiume Oskol (od Oskil), alla frontiera del Donetsk. La Russia sta avanzando sul fronte Est, sfruttando la estreme difficoltà di Kiev in termini di difesa aerea e di soldati e munizioni. Già a gennaio l’intelligence ucraina aveva lanciato l’allarme per i rinnovati piani di Mosca per la presa della città: non più attraverso incursioni di reparti dal Donbass (distante circa 130 chilometri), ma anche tramite offensive dal confine russo (distante 50 chilometri). Ciò che è certo è che Mosca ha intensificato i bombardamenti su Kharkiv nelle ultime settimane, scatenando piogge di missili.

L’obiettivo russo è costringere i residenti locali a evacuare il centro abitato. Secondo Bloomberg, con le forze di terra ancora troppo lontane, la Russia ha puntato a distruggere centrali e infrastrutture energetiche per rendere inabitabile Kharkiv. La guerra ibrida del Cremlino prevede però anche un grande intervento di propaganda e disinformazione, volto a convincere le autorità ucraine a disporre lo sgombero dei civili dalla città, onde evitare che possa essere accerchiata prima dalle forze nemiche. Invasione raccontata come imminente, ma nella realtà ben lontana dal verificarsi.

Ciò che invece è tristemente vero è che Kharkiv rischia di diventare “una nuova Mariupol” o “una seconda Aleppo”, con riferimento alla città siriana divenuta il simbolo della devastazione e della morte provocate dalla guerra e, nello specifico, dalle forze governative russe e siriane dieci anni fa. Il presidente Volodymyr Zelensky continua a chiedere a gran voce all’Occidente nuovi sistemi di difesa aerea, l’unica speranza per difendersi dagli attacchi russi a lungo raggio ed evitare lo scenario peggiore per Kharkiv e per altre città ucraine. Il sindaco della città, Igor Terekhov, afferma che Putin ha cambiato tattica per cercare di terrorizzare i suoi 1,3 milioni di abitanti, colpendo le aree residenziali e provocando lunghi blackout. Per questo per il primo cittadino il pacchetto di aiuti da 60 miliardi di dollari, ancora ostaggio del Congresso Usa, è “di fondamentale importanza per noi”. Kharkiv appare oggi più che mai come un punto debole da colpire. Secondo fonti di intelligence occidentali, Mosca avrebbe inoltre ammassato 200mila uomini ai suoi confini. Il che basta a far capire che la Russia è ben lontana dal voler sedersi al tavolo dei negoziati, che pure vuole discutere con gli americani, ma quando avrà raggiunto il massimo vantaggio possibile sul terreno.

I territori non bastano, per la Russia è cruciale la neutralità dell’Ucraina

Per la Russia l’Ucraina deve essere assolutamente neutrale. Il minimo accettabile per un armistizio sarebbe un ritorno all’accordo di Istanbul dell’aprile 2022, con in più il riconoscimento del controllo russo sui territori conquistati. L’intesa prevedeva per l’appunto uno status neutrale per l’Ucraina, e cioè la fine di ogni discorso sull’adesione alla Nato e limiti stretti alle dimensioni delle sue Forze armate. Lo ha confermato in un’intervista al Corriere della Sera anche il direttore del Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola superiore di Economia di Mosca, Dmitrij Suslov, uno dei più ascoltati consiglieri di politica estera del Cremlino. Mosca considera queste precondizioni “irrinunciabili per un armistizio. Per questo le chance di una tregua nel futuro prevedibile sono molto basse. Per noi l’Ucraina dev’essere neutrale in tutto e per tutto. Tenere in piedi l’attuale livello di cooperazione tra Kiev e gli occidentali dopo una tregua sarebbe una sconfitta strategica per la Russia”. Secondo Suslov, l’Ucraina dovrebbe considerare la propria posizione: “La situazione non è destinata a cambiare neppure nel medio periodo. Il quadro generale interno è disastroso per Kiev: demograficamente, economicamente, socialmente e anche politicamente. La popolarità di Zelensky è in drastico calo, c’è crescente sfiducia e instabilità”.

Quello riproposto dall’entourage di Putin è però un progetto di accordo che Russia e Ucraina hanno già discusso nei primi giorni del conflitto. Accordo che, sostiene il Cremlino, deve tenere conto anche delle “nuove realtà”. Tradotto: deve tenere conto delle difficoltà militari ucraine e del vantaggio tattico russo. Nonché dello status delle regioni occupate e annesse unilateralmente dalla Federazione, in particolare Kherson e Zaporizhzhia. “Nuove entità federali sono state incluse nella nostra Costituzione”, ha sentenziato a tal proposito il portavoce Dmitry Peskov. Un dossier sul quale Mosca non accetta neanche di discutere, considerando i territori occupati ormai “russificati”.

L’Ucraina, dal canto suo, ha rifiutato categoricamente la possibilità di negoziare con la Russia in questa fase del conflitto, soprattutto senza garanzie che Mosca si ritirerà dalle zone occupate che attualmente comprendono un quinto del Paese. Senza dimenticare che Zelensky ha fatto approvare un decreto che impedisce qualunque trattativa col Cremlino finché sarà guidato da Putin. Senza contare che, sul fronte interno ucraino, accettare i negoziati con Putin sarebbero una mossa profondamente impopolare e un duro colpo per il morale nazionale dopo oltre due anni di guerra e decine di migliaia di morti.

Quale sarà il futuro dell’Ucraina dopo la guerra? Lo scenario

La situazione non cambierebbe neanche con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca: “Spingerebbe probabilmente per un piano simile a quello di Joe Biden. Quando Putin ha detto di preferire Biden a Trump, perché l’attuale presidente è più prevedibile, non era una battuta”. Il Cremlino punta insomma alla caduta di Kiev e a un regime fantoccio, ripristinando la situazione precedente alla rivolta di Euromaidan e al conflitto scoppiato nel Donbass nel 2014. Il piano russo si articola in una “spallata psicologica”, provocando “il crollo del governo” e dunque “il reset” del Paese invaso. In questo scenario, “i piccoli movimenti al fronte” non contano molto. “Pensate alla Prima Guerra mondiale: la Germania non ha perso al fronte”, evidenzia il funzionario di un servizio d’intelligence alleato, coperto dall’anonimato. Mosca adotta la strategia della guerra di logoramento per fiaccare il morale degli ucraini, ridurre la disponibilità di mezzi fino al collasso interno. In aggiunta vuole spingere verso l’Europa “10 milioni di profughi”, in modo da “destabilizzare le istituzioni Ue e poi gestire meglio quel che resta dell’Ucraina”. Poi si aprirebbe il capitolo gestione del Paese.

Secondo il funzionario, il dopoguerra ucraino “potrebbe essere assimilato al vecchio Patto di Varsavia: poche truppe russe sul terreno e porzioni di società ucraina che si prestano a gestire il Paese”. Il risultato, per Mosca, sarebbe quello di ottenere “una seconda Bielorussia” e chiudere l’anello difensivo della profondità strategica fino al Mar Nero. Con il rafforzamento del comparto industriale della Difesa, la Russia può ora contare su “6 milioni di pezzi di artiglieria” tra produzione interna (4,5 milioni) e forniture provenienti dalla Corea del Nord. Al contrario dell’Occidente. La Francia è stata la prima tra i Paesi europei a sottolineare l’esigenza di muoversi verso “un’economia di guerra”, con Emmanuel Macron ha ad esempio inaugurato oggi una nuova fabbrica di esplosivi per munizioni a Bergerac. Nella speranza che nel 2025 si inizino a vedere i primi risultati, anche in termini di aumento di forniture a Kiev.

Sullo sfondo c’è però il grande piano russo, che si arricchisce di un dettaglio finora in gran parte ignorato. Il Cremlino aspira a trattare direttamente (e solo) con gli Usa, tagliando fuori Europa e Ucraina, con l’idea di mettere sul piatto “una nuova struttura di sicurezza continentale”. La Cina, manco a dirlo, sostiene il piano russo.