A partire da oggi, primo aprile, cesseranno le disposizioni straordinarie riguardanti lo smart working. Una scelta determinata dal rifiuto dell’emendamento al cosiddetto Milleproroghe, che avrebbe prolungato il diritto al lavoro da casa per i genitori con figli di età inferiore ai 14 anni e per lavoratori fragili oltre la scadenza del 31 marzo, termine delle misure di emergenza.
Di conseguenza, sarà indispensabile stipulare un accordo con l’azienda, come prescritto dalla legge 81 del 2017. Tuttavia, la maggior parte delle aziende, tranne le grandi realtà come Luxottica e IntesaSanpaolo, mostra riluttanza nel concedere accordi interni ai propri dipendenti.
Come stipulare l’accordo tra azienda e lavoratore
L’accordo individuale per lo smart working deve includere una serie di elementi:
- La durata, che può essere definita a termine o a tempo indeterminato.
- Le modalità di alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali.
- I luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali.
- Gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, inclusi i poteri direttivi del datore di lavoro e le possibili sanzioni disciplinari nel rispetto delle normative contrattuali.
- Le modalità di utilizzo degli strumenti di lavoro.
- I tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative per garantire la disconnessione.
- Le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, nel rispetto delle leggi sulla protezione dei dati personali e sullo Statuto dei Lavoratori.
- Eventuale attività formativa necessaria per il lavoro agile.
- Le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Una volta siglato l’accordo, i datori di lavoro del settore privato devono notificare all’Ufficio del Ministero del Lavoro l’inizio del periodo di smart working entro 5 giorni lavorativi. Per i dirigenti nel settore pubblico, la scadenza è fissata entro il 20 del mese successivo. I datori che trasgrediscono queste regole potrebbero essere soggetti a sanzioni da 100 a 500 euro per ogni dipendente coinvolto. Inoltre, i titolari sono tenuti a conservare la documentazione relativa all’accordo con i lavoratori in smart working per almeno 5 anni.
Riguardo al luogo di lavoro, potrebbe essere inclusa nell’accordo individuale la possibilità di svolgere lo smart working all’estero, sebbene questa circostanza non sia ancora chiara. I dubbi infatti risiedono più che altro nella difficoltà di gestire dall’estero profili fiscali, contributivi e assicurativi.
L’Agenzia delle Entrate, attraverso una circolare, sembra aver ammesso la possibilità di svolgere lavoro agile all’estero, prestando attenzione alle questioni legate all’Irpef. D’altro canto, l’Inps ha fornito alcuni chiarimenti sull’Accordo Quadro Multilaterale per disciplinare gli aspetti legati alla legislazione sulla sicurezza sociale nei casi di telelavoro transfrontaliero.
Benefici dello smart working e dati
I dati recenti rivelano un crescente apprezzamento per la modalità di lavoro smart. Dopo un leggero rallentamento nei due anni successivi alla pandemia, nel 2023 il lavoro smart è tornato in crescita. Secondo l’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, nel 2023 i lavoratori da remoto sono stati 3,585 milioni. Anche se costituiscono una minoranza rispetto ai più di 26 milioni di lavoratori in Italia (dati Inps del 2022), il numero di smart worker è aumentato del 541% rispetto al periodo pre-Covid, quando questa modalità di lavoro era poco o per nulla diffusa nel nostro Paese. Le stime indicano ulteriori aumenti: nel 2024 potrebbero raggiungere quota 3,65 milioni.
L’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano ha sottolineato come i “modelli di smart working maturi” portino a prestazioni migliori e un impatto positivo sul benessere delle persone. Tuttavia, l’iniziativa individuale rischia di creare disuguaglianze e criticità. Anche il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha emesso una direttiva per garantire lo smart working per lavoratori fragili del settore pubblico, ma senza definire veri diritti per i dipendenti.