Ernesto Rossi, l’analisi contro il capitalismo inquinato

Dalla strenua difesa delle proprie posizioni antifasciste all'analisi delle storture del capitalismo italiano: ecco il pensiero di Ernesto Rossi

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato nel 1897 e deceduto nel 1967, Ernesto Rossi è stato un ben noto politico, giornalista ed economista. Celebre l’analisi condotta ne I Padroni del vapore, incentrata sulla politica economica di alcuni ambienti industriali prima e durante il fascismo.

Profondo antifascismo

Nel corso della sua carriera, Ernesto Rossi si è ampiamente distinto per il proprio antifascismo. Come detto, in relazione a questo periodo storico, ha analizzato nel dettaglio tanto la politica economica quanto l’atteggiamento di alcuni settori dell’industria italiana. Ha poi confrontato la condizione pre e durante il fascismo, al quale ha riservato dure critiche.

Nel 1955 Angelo Costa, presidente di Confindustria, gli offrì la chance di un fruttuoso dibattito. Ernesto Rossi accettò l’invito, al fine di diffondere al pubblico italiano votante un’analisi dettagliata della condizione dell’industria italiana. In questa circostanza ha avuto modo di svelare in toto i dettami del suo pensiero liberista. Questo si contraddistingueva per una marcata avversione nei confronti di alcuni assetti monopolistici, parte di quei meccanismi di potere volti a “inquinare il capitalismo”, consolidando i regimi autoritari.

Capitalismo inquinato

Ernesto Rossi parlava di capitalismo inquinato in riferimento alle forme statalizzate, assunte in Italia. Grande apprezzamento invece per le forme di capitalismo americano. Ciò perché negli Stati Uniti d’America si dava ampio spazio alla situazione concorrenziale. Il sistema viene indirizzato verso l’indipendenza dal potere politico.

Altro aspetto profondamente criticato è poi il sindacato monopolistico, insieme con tutti gli assetti di potere che risultano essere in mano alle leghe sindacali. Ciò perché viene lasciata un’ampia porta aperta all’invasivo ruolo di controllo operato dallo Stato. Il tutto a scapito della libera formazione dei prezzi sul mercato.

Nell’evidenziare le storture del capitalismo italiano, definito inquinato per l’appunto, Ernesto Rossi venne esaltato da Eugenio Scalfari. Sottolineò, infatti, come la sua visione coincidesse in numerosi punti con quella dei liberali di sinistra. Lo si legge nella prefazione di Capitalismo inquinato.

Per svariate ragioni, il capitalismo italiano è nato grazie al sostegno garantito da gruppi bancari, industriali e politici. Ciò ha portato a una generale assenza di concorrenza, ma soprattutto alla mancanza di regole di controllo.

In questo clima, Ernesto Rossi rivolge un appello al presidente di Confindustria, Costa, spiegandogli come non fosse preoccupato dal fatto che gli industriali guadagnassero troppo, bensì che rubassero troppo.

Il bersaglio delle sue critiche è da un lato il regime capitalista elitario, che mira a garantire la proprietà privata di pochi su quella che è una vastità di strumenti materiali di produzione. Dall’altro, invece, egli si è rivolto al monopolio statale di tutti i mezzi produttivi, così come alla burocrazia di ogni aspetto della vita economica.

Stando al suo pensiero, dunque, la reale molla del sistema dev’essere ricercata in un vero e proprio dinamismo economico. Ciò al fine di consentire l’aumento di mezzi materiali, così da soddisfare i bisogni del pubblico cui ci si rivolge. Come spiegato in un altro testo, Abolire la miseria, non è il fedele servitore statale a essere un eroe, bensì l’imprenditore, che scopre sempre nuove chance di guadagno, dove neanche esisteva la tutela della legge.