Banche occidentali in Russia, versati 800 milioni al Cremlino: 4 volte i livelli pre-guerra

Le sanzioni occidentali hanno chiuso l'accesso ai mercati internazionali alle banche russe. I clienti russi si sono così rivolti alle banche occidentali, che hanno visto lievitare il loro giro d'affari. Ma ci sono anche altri motivi

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Le grandi banche occidentali che hanno deciso di rimanere in Russia dopo lo scoppio del conflitto con l’Ucraina hanno pagato al Cremlino più di 800 milioni di euro di tasse nel 2023. Una cifra pari a 4 volte i livelli antecedenti allo scoppio del conflitto.

800 milioni dalle banche occidentali in Russia

Tradita dunque la promessa degli istituti di credito di ridurre al minimo l’esposizione in Russia dopo il 24 febbraio 2022, giorno in cui si mossero i carri armati con la Z.

La rivelazione arriva da un’inchiesta del Financial Times. Il quotidiano economico ha svelato che le 7 principali banche europee per attività in Russia hanno registrato, in totale, un profitto di oltre 3 miliardi di euro nel 2023. Si tratta di Raiffeisen Bank International, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, Otp, Unicredit e Intesa Sanpaolo.

I profitti sono stati in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese. Ma non solo: i profitti sono arrivati anche dai più alti tassi di interesse e per il fatto che, in seguito alle sanzioni occidentali contro le banche russe, importanti rivali hanno perduto l’accesso ai sistemi di pagamento internazionali. Non avendo alternative, i clienti russi si sono visti costretti a rivolgersi alle banche occidentali per effettuare le operazioni.

Se nel 2021 gli istituti di credito avevano pagato all’erario russo un totale di 200 milioni di euro, con l’aumento della redditività le tasse sono lievitate a quota 800 milioni. Alle 7 big sopracitate si aggiungono anche le statunitensi Citigroup e JPMorgan, fra le altre.

Le tasse versate dalle banche occidentali equivalgono allo 0,4% delle entrate del bilancio russo non energetico del 2024. Dopo i fatti del febbraio 2022 numerose aziende occidentali hanno deciso di lasciare la Russia o di sospendere le attività. Per il quotidiano della City la moltiplicazione delle tasse pagate dalle banche occidentali rappresenta uno degli esempi di come le società straniere aiutino, nei fatti, la Russia a mantenere una certa stabilità finanziaria nonostante le dure sanzioni occidentali.

Le italiane

Nella classifica di chi ha versato di più, l’italiana Unicredit guadagna il secondo posto fra le banche europee con 154 milioni di euro versati nel 2023 al fisco di Mosca a fronte di 658 milioni di euro di profitti. Unicredit nel 2021 aveva pagato 44 milioni di euro di tasse su 209 milioni di profitti.

E l’altra banca italiana in elenco, Intesa Sanpaolo, si piazza a un passo dal podio con 27 milioni di euro di tasse pagate alla Russia nel 2023 su 138 milioni di euro di profitti. Nel 2021, prima della guerra Russia-Ucraina, Intesa Sanpaolo aveva pagato 2 milioni di euro di tasse su 7 milioni di profitti.

Il caso Ariston

Intanto è scontro Italia-Russia sul caso Ariston: Putin ha dato ordine di nazionalizzare lo stabilimento Ariston di Vsevolozhsk, a 20 chilometri a est di San Pietroburgo. Nello specifico, il Cremlino ha nazionalizzato Ariston Thermo Rus, società appartenente al Gruppo Ariston, affidandola a un’impresa del gruppo Gazprom e suscitando le proteste del governo italiano. Medesimo destino è toccato alla filiale russa della tedesca Bosch.