Pensioni, gli aumenti non sono per tutti: ecco le 6 fasce

L'aumento delle pensioni riguarda solo quelle minime, mentre le nuove fasce rischiano di far perdere somme consistenti a milioni di italiani

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Redazione

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Tra le varie misure della manovra di bilancio annunciate con orgoglio dai partiti che compongono il Governo c’è l’innalzamento delle pensioni minime. Siamo ben lontani dai 1.000 euro promessi qua da Silvio Berlusconi e poi anche da Giorgia Meloni durante la campagna elettorale. E i tanto attesi aumenti e la rivalutazione delle pensioni rischiano di deludere una gran parte degli italiani, che avranno assegni mensili molto più bassi del previsto e di quello che era stato deciso in precedenza dall’Esecutivo guidato da Mario Draghi. Vediamo dunque cosa cambia nel 2023 sul lato delle pensioni, chi ci guadagna e chi ci perde.

Di quanto aumentano le pensioni minime con la nuova manovra Meloni

Nel documento approvato dal Consiglio dei Ministri, che ora deve ottenere l’approvazione di Bruxelles e del Parlamento, e che quindi non è detto che passi nella forma attuale, viene effettuato il ricalcolo delle pensioni. L’adeguamento si basa sui dati Istat e Inps sull’inflazione, fissata al 7,3%. Per potenziare il potere di acquisto dei pensionati, ci si aspetterebbe un aumento di questa percentuale su tutti i trattamenti. Tuttavia, come spesso è accaduto in passato, il totale sarà elargito solo a una platea ristretta di pensionati.

Per le pensioni minime si parla addirittura di un aumento del 120%. Gli importi minimi cresceranno dunque dell’8,76%. Oggi sono fissate a 524 euro, ma con l’innalzamento si arriverà a 571,40 euro al mese, ovvero a 7.428,20 euro in un anno, considerando anche la tredicesime mensilità. Purtroppo le buone notizie si fermano all’aumento delle pensioni minime, di cui vi avevamo già parlato qua. Per molti italiani non ci saranno benefici dalla nuova indicizzazione delle pensioni.

Gli scaglioni Draghi per le pensioni: come funziona oggi l’adeguamento

Attualmente il meccanismo di indicizzazione delle pensioni adottato dal governo Draghi comprende tre scaglioni, come spiegato qua, creati nel 1996 con Prodi a Palazzo Chigi. Prevede quanto segue.

  • Rivalutazione piena (al 100% dell’inflazione) per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo.
  • Rivalutazione al 90% dell’inflazione per le pensioni tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo.
  • Rivalutazione al 75% dell’inflazione per le pensioni superiori a 5 volte il trattamento minimo.

Le nuove fasce per l’indicizzazione delle pensioni del governo Meloni

La nuova manovra scritta dalla compagine guidata da Giorgia Meloni prevede invece l’adeguamento biennale con ben 6 fasce. A parte la prima, che rimane uguale a quella attuale, le altre sono state pensate al ribasso, con percentuali di adeguamento decisamente basse.

  • Rivalutazione piena (al 100% dell’inflazione) per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo (2.102 euro lordi), con un aumento degli assegni del 7,3%.
  • Rivalutazione all’80% dell’inflazione per le pensioni fino a 5 volte il trattamento minimo (2.627 euro lordi), con un aumento degli assegni del 5,84%.
  • Rivalutazione al 55% dell’inflazione per le pensioni fino a 6 volte il trattamento minimo (3.152 euro lordi), con un aumento degli assegni del 4,01%.
  • Rivalutazione al 50% dell’inflazione per le pensioni fino a 8 volte il trattamento minimo (4.203 euro lordi), con un aumento degli assegni del 3,65%.
  • Rivalutazione al 40% dell’inflazione per le pensioni fino a 10 volte il trattamento minimo (5.254 euro lordi), con un aumento degli assegni del 2,92%.
  • Rivalutazione al 35% dell’inflazione per le pensioni oltre le 10 volte il trattamento minimo (oltre i 5.254 euro lordi), con un aumento degli assegni del 2,55%.

Chiunque prenda più di 1.700 euro netti di pensione, dunque, avrà assegni che subiranno un aumento inconsistente, che si tradurrà effettivamente in una perdita secca rispetto a quanto sarebbe avvenuto con gli scaglioni di Draghi. Che, facendo i dovuti calcoli, ammonterà a cifre che vanno da oltre 500 euro fino a circa 2.600 euro all’anno per chi percepisce 10 volte il trattamento minimo.

C’è chi esulta per questo risultato, spiegando che dopotutto 2.600 euro in meno all’anno su un lordo di quasi 70 mila euro sono poca cosa, ma contro questa visione si scagliano i sindacati. Che sottolineano che gli anziani sono usati come “bancomat” (lo ha detto Ivan Pedretti, segretario di Spi-Cgil) per finanziare la manovra, con ben 4,3 milioni di pensionati che avranno una pensione relativamente più bassa e non adeguata al costo della vita. Tutto per la scelta del Governo di risparmiare 2,1 miliardi di euro sul capitolo pensioni, invece di aumentare, ad esempio, le tasse sugli extra profitti delle aziende, come consigliato dalle varie sigle sindacali.