Brexit: tetto minimo di 38.700 sterline per lavorare in Inghilterra

Il primo ministro inglese Rishi Sunak ha introdotto regole severissime per lavorare nel Regno Unito. Il visto verrà dato solo a chi raggiunge determinati standard lavorativi

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Londra, la vivace capitale britannica, da sempre attrattiva per numerosi lavoratori provenienti da tutto il mondo, sta diventando un luogo sempre più difficile da raggiungere e da chiamare casa. Dallo scorso 1 aprile, è entrata in vigore una normativa che prevede una stretta tutti coloro che vogliano vivere e lavorare nel Regno Unito.

Il Paese ha infatti recentemente introdotto regole più severe sui visti lavorativi per stranieri, con conseguenze significative per i non britannici senza permesso di lavoro. Queste misure colpiranno duramente i lavoratori dall’estero, compresi molti giovani europei, inclusi gli italiani, che precedentemente potevano lavorare nel Regno Unito senza particolari restrizioni.

C’è un tetto minimo di salario richiesto

A partire da aprile, il salario minimo richiesto per ottenere un visto per la prima esperienza lavorativa nel Regno Unito è aumentato del 40%, passando da circa 33.000 euro (26.200 sterline) a circa 45.000 euro (38.700 sterline) all’anno. Ciò rende praticamente impossibile ottenere un visto di lavoro per coloro che non raggiungono questa cifra. Questa soglia più alta si applica a molte professioni, comprese quelle tradizionalmente considerate non qualificate, come camerieri, cuochi e commessi. Ciò rende difficile per molti stranieri qualificati ottenere un visto di lavoro nel Paese.

Inoltre, le nuove regole sul visto non si applicano a coloro che hanno già ottenuto un visto prima del 4 aprile 2024. Coloro che cercano di portare con sé la loro famiglia nel Regno Unito devono ora soddisfare requisiti più rigorosi, inclusi salari minimi più alti e risparmi significativi.

I datori di lavoro che sponsorizzano i visti dei lavoratori devono ora coprire il costo del visto, che ammonta a circa 1.500 sterline e include il pagamento della copertura sanitaria pubblica per il lavoratore.

Perché sono state adottate queste misure

Queste misure, parte di un pacchetto più ampio di leggi anti-immigrazione voluto dal governo Sunak, hanno l’obiettivo di ridurre i flussi migratori e selezionare con maggiore attenzione i professionisti che possono entrare nel Paese. C’è da dire che queste politiche hanno anche conseguenze negative, soprattutto per settori come l’istruzione superiore, che dipendono fortemente dagli studenti stranieri per sostenere le entrate.

Ad esempio, giovani baristi e camerieri italiani, spagnoli, francesi e polacchi, che costituiscono un elemento vitale per il settore, rischiano di essere particolarmente colpiti da queste restrizioni.

Le restrizioni sull’immigrazione stanno già influenzando negativamente anche il numero di studenti stranieri che scelgono di studiare nel Regno Unito. Infatti, le immatricolazioni degli studenti indiani sono diminuite del 34%, principalmente a causa delle recenti restrizioni sui visti per i familiari. Per ottenere il permesso di soggiorno per i familiari, sarà necessario avere un salario di almeno 29.000 sterline, con un ulteriore aumento previsto entro l’inizio del 2025.

Abolito il regime fiscale non-dom

Ma non è solo la normativa sui visti a rendere complicato il panorama lavorativo a Londra. Il governo britannico ha anche abolito il regime fiscale “non-dom”, che permetteva ai residenti nel Regno Unito di essere tassati solo sui redditi e sui capital gains di fonte britannica. Questa abolizione potrebbe ridurre ulteriormente l’attrattiva del Regno Unito per gli espatriati e i professionisti provenienti da altri Paesi, che ora dovranno affrontare una tassazione più pesante.