Stop ai bitcoin e alle criptovalute in tutta Europa: il piano

Per l'UE, le criptovalute (specie i bitcoin) consumano troppa energia elettrica, e in caso di crisi sarà necessario fermarne la produzione

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

L’Unione Europea si trova a fronteggiare la peggiore crisi energetica della sua storia. Ciò si traduce anche nell’ipotesi di una decisione drastica, al fine di risparmiare il più possibile. Per questo gli organi comunitari stanno valutando di “spegnere” le filiere nazionali delle criptovalute. Una scelta tutt’altro che presa a cuor leggero, considerando i danni per il sistema. La Commissione Europea ha fatto sapere che il consumo di elettricità del denaro digitale è aumentato del 900% negli ultimi 5 anni. Una percentuale praticamente raddoppiata rispetto a due anni fa. Per produrre i bitcoin e le altre monete virtuali si consuma circa lo 0,4% dell’energia mondiale. Troppa in un periodo nero come quello che stiamo attraversando. E per questo i Paesi membri potrebbero decidere di fermare tutte le operazioni di mining.

Le misure dell’Europa contro la crisi energetica: cosa c’entrano i bitcoin

Qualora dovesse presentarsi la necessità di redistribuire la corrente tra i diversi sistemi elettrici, nello scenario in cui gli operatori dovessero ridurre le forniture, gli stati UE dovrebbero fermare la produzione di cryptoasset.

Alcune criptovalute come i bitcoin sono sempre state nel mirino degli ambientalisti per la loro poca sostenibilità, e da tempo l’Unione Europa pensa a misure per ridurne l’impatto energetico. Ad esempio come modifiche ai protocolli PoW (Proof of Work) o la messa al bando delle monete virtuali che li utilizzano, sprecando molta corrente.

La Commissione Europea sta pensando di creare delle etichette per le blockchain, per identificare in maniera veloce le catene da spegnere per prime in base ai consumi. Il bitcoin risulta proprio all’ultimo posto della scala, e sarebbe dunque la prima criptovaluta che si fermerebbe in caso di crisi.

Hanno invece voti alti altre monete come l’ethereum, che invece utilizzano meccanismi Proof of Stake, relativamente più efficienti. Se il bitcoin dovesse passare al PoS si risparmierebbe fino al 99% di energia.

I bitcoin sfruttano troppa energia elettrica: qual è il loro impatto ambientale

Anche nel resto del modo i governi locali hanno stabilito simili misure in casi di emergenza. L’ammontare di energia necessario per la produzione di moneta virtuale, infatti, è spesso visto come uno spreco, a fronte di esigenze reali e tangibili. Anche quando deriva da fonti rinnovabili o verdi. L’elettricità, anche quella prodotta da fonti non fossili, è comunque una risorsa limitata.

Nel Sud della Cina, ad esempio, la produzione è stata fermata per rifornire di elettricità le fabbriche di dispositivi e componenti elettronici e per le fonderie di alluminio. Nell’area l’energia è prodotta principalmente da impianti idroelettrici. Il blocco dei bitcoin nel Paese è stato visto come un modo per promuovere la criptovaluta di Stato di Pechino.

Le raccomandazioni dell’organo esecutivo dell’Unione Europea anticipano nuove misure che saranno prese nei prossimi anni. Entro il 2025, infatti, l’UE dovrebbe sviluppare una relazione sull’impatto climatico delle nuove tecnologie e delle criptovalute. Il rapporto indicherà le iniziative che i singoli Paesi dovranno intraprendere per mitigare gli effetti delle monete virtuali sull’ambiente. A proposito di criptovalute: meglio stare attenti agli investimenti e soprattutto alle truffe. Gli asset virtuali sono estremamente volatili e c’è il rischio di perdere i propri risparmi.