A tre anni dallo scoppio della pandemia la scienza continua a indagare sugli effetti a lungo termine del Covid. È noto infatti che alcuni sintomi possono persistere o insorgere nuovamente anche a mesi di distanza dall’avvenuta guarigione e negativizzazione. A preoccupare gli esperti è la potenziale capacità del virus di colpire qualsiasi organo. Tra i disturbi post infezione vi sono quelli neurologici, polmonari e cardiologici, ma anche gastrointestinali. Due studi, uno statunitense e uno italiano, hanno evidenziato proprio come a distanza di mesi i guariti possano sviluppare problemi all’intestino.
Lo studio statunitense sui disturbi gastrointestinali post Covid
Secondo uno studio della Washington University School of Medicine di St. Louis e del Veterans Affairs St. Louis Health Care System, pubblicato su Nature Communications, chi ha contratto il Covid ha una maggiore possibilità (36%) di sviluppare a lungo termine problematiche gastrointestinali rispetto a chi non è mai stato infettato. La ricerca ha preso in considerazione le cartelle cliniche di 14 milioni di persone. Gli scienziati hanno confrontato i dati con due gruppi di controllo di persone non contagiate.
Qui abbiamo parlato del legame tra Covid e diabete.
Negli Usa milioni di casi di problemi gastrointestinali
Stando ai risultati dello studio statunitense, il Covid ha contribuito a oltre 6 milioni di nuovi casi di disturbi gastrointestinali. Nel dettaglio, negli Usa sono aumentati del:
- 35% i rischi di reflusso gastroesofageo;
- 62% le probabilità di ulcere gastriche;
- 36% i rischi di mal di stomaco;
- 46% i rischi di pancreatite acuta;
- 47% i rischi di infiammazione gastrica;
- 54% i rischi di sindrome dell’intestino irritabile.
Tra i problemi intestinali emersi post guarigione vi sono stati anche stitichezza, diarrea, dolore addominale, gonfiore, vomito e insufficienza epatica.
A confermare che “l’intestino funge da serbatoio per il virus” è stato Ziyad Al-Aly, epidemiologo clinico della Washington University. L’esperto, ricordando che “i problemi gastrointestinali sono stati tra i primi segnalati dalla comunità di pazienti Covid”, ha spiegato che “il virus può essere distruttivo anche tra coloro che vengono considerati sani”, ossia asintomatici, “o che hanno avuto infezioni lievi”.
Qui lo studio sulla stanchezza legata alla sindrome del Long Covid.
La ricerca italiana sui disturbi gastrointestinali nei guariti
Anche una ricerca condotta dall’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna e diretta dal professor Giovanni Barbara, denominata Gi-covid19, è giunta alla conclusione che il Covid è capace di colpire l’intestino nei mesi successivi alla guarigione, persino a distanza di un anno.
Lo studio ha incluso oltre 2mila pazienti ricoverati con Covid in 36 centri di 12 nazioni europee. I risultati definitivi, pubblicati su The American Journal of Gastroenterology, erano poi stati presentati al Congresso Internazionale Ibs Days 2022, davanti ai maggiori esperti mondiali sull’argomento. Stando a quanto emerso i sintomi gastrointestinali, come nausea e diarrea, si verificavano più frequentemente (59,7%) rispetto al gruppo di controllo (43,2%). A un mese dal ricovero, i pazienti guariti continuavano ad avere nausea.
A un anno dall’ospedalizzazione, era emerso poi che il 3,2% delle persone infettate aveva sviluppato sintomi digestivi persistenti, non presenti prima della malattia e compatibili con la diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile. Considerando che in Italia si sono infettate oltre 25 milioni di persone, i dati suggeriscono che nei prossimi anni ci potrebbero essere oltre 750mila pazienti da curare per patologie gastroenterologiche.
Qui il report Usa sulle origini del Covid.